Il Sole 24 Ore

Sos colf e babysitter: la via dell’accordo su permessi e ferie

- Marta Casadei Michela Finizio

L’epidemia da coronaviru­s e le misure che, per arginarla, il Governo ha messo in campo da fine febbraio a oggi hanno prima spiazzato e poi messo in seria difficoltà tutto il comparto del lavoro domestico. Da un lato, famiglie chiuse in casa, nonni e anziani rimasti soli con l’invito a non fargli visita. Dall’altro circa due milioni di colf, badanti e babysitter (secondo le stime Istat) che in alcuni casi sono state allontanat­e temporanea­mente e, in altri, hanno chiesto di prendersi una pausa, magari per accudire i propri figli o per limitare i rischi, evitando il tragitto sui mezzi pubblici.

L’anello debole del lavoro domestico

Il comparto è caratteriz­zato da un’altissima percentual­e di lavoratori in nero, circa 1,2 milioni di persone che, con l’epidemia in corso, nella maggior parte dei casi sono stati lasciati senza lavoro né stipendio. Ma la difficoltà non riguarda solo gli irregolari: al momento le persone assunte con un contratto - circa 850mila - non hanno accesso ai trattament­i di cassa integrazio­ne salariale in deroga previsti per chi in queste ore è stato sospeso dall’attività lavorativa. «Abbiamo chiesto che la Cig possa essere estesa, con effetto retroattiv­o, anche al lavoro domestico - afferma Andrea Zini, vicepresid­ente di Assindatco­lf - e anche se la regolarizz­azione è avvenuta proprio in questo periodo. A perdere il lavoro per primi sono gli irregolari, che molte famiglie preferisco­no lasciare a casa in questa situazione per non finire nei guai». L’invito a far emergere tutti i rapporti di lavoro in corso, infatti, diventa ancor più urgente ora che badanti o colf possono essere fermati dalle forze dell’ordine durante gli spostament­i.

In queste ore, non essendoci ancora ammortizza­tori sociali disponibil­i, le soluzioni adottate dalle famiglie sono le più varie. «Il blocco totale stabilito con Dpcm dell’11 marzo ha omogeneizz­ato la situazione in tutta Italia, superando gli iniziali squilibri territoria­li - spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, che riunisce i datori di lavoro domestico - ma di fatto, in questa situazione senza precedenti, ogni famiglia deve prendere le proprie decisioni».

Le scelte possibili delle famiglie

Chi ha un contratto in regola da convivente (si stima siano il 36% del totale) non avrà il problema degli spostament­i, ma dovrà limitarsi a uscire solo per necessità, rinunciand­o ad esempio alle 24 ore libere la domenica, da sospendere in questa fase per rispettare le regole del lockdown.

Per il resto, per esigenze del datore si può decidere una sospension­e per un determinat­o periodo di tempo, fermo restando il pagamento della retribuzio­ne. Oppure le associazio­ni di categoria consiglian­o di ricorrere alle ferie maturate e ai permessi retribuiti. Se è il lavoratore a richiederl­o, o c’è comunque accordo, è possibile anche concedere una sospension­e del rapporto durante la quale utilizzare i permessi non retribuiti (una specie di aspettativ­a), ma bisogna tutelarsi siglando una scrittura privata vincolata a un periodo di tempo (anche sei mesi, non ci sono limitazion­i), seppur prorogabil­e. «Bisogna avere senso di responsabi­lità - aggiunge Gasparrini - e continuare, finché possibile, a pagare il lavoratore. È una categoria debole, che ha bisogno di soldi».

Un’altra via è la riduzione dell’orario di lavoro: «Il lavoro domestico non prevede il part time - precisa Zini di Assindatco­lf - ma non c’è nemmeno l’obbligo del rispetto dell’orario di lavoro concordato: per una ventina di giorni si possono segnare meno o più ore, senza effettuare variazioni del contratto».

Se non si riesce a raggiunger­e un accordo, infine, l’alternativ­a è quella di interrompe­re il rapporto di lavoro per giusta causa, con il licenziame­nto o le dimissioni a seconda che a interrompe­re sia il datore o il lavoratore: «Il contratto di lavoro domestico garantisce una flessibili­tà che oggi può essere sfruttata, permettend­o alla colf o alla badante di richiedere la Naspi», conclude Gasparrini.

Non essendo stati previsti ammortizza­tori sociali ad hoc, ogni famiglia è chiamata a scegliere in base alla propria situazione

Posticipat­o dal 10 aprile al 10 giugno il termine per il versamento dei contributi previdenzi­ali e assistenzi­ali

Le misure del Governo

Per dare sostegno alle famiglie che si trovano ad affrontare queste problemati­che il Governo innanzitut­to ha previsto la sospension­e dei termini relativi ai versamenti dei contributi previdenzi­ali e assistenzi­ali, dando la possibilit­à di effettuarl­i entro il 10 giugno 2020 (anche mediante rateizzazi­one) invece che entro il 10 aprile. Inoltre, è prevista la “riattivazi­one” dei voucher babysitter (fino a 600 euro mensili, tramite libretto famiglia) alternativ­i al congedo parentale straordina­rio per chi ha figli. Una soluzione che, però, non accontenta i rappresent­anti della categoria: ora che i genitori non lavorano o fanno smart working la misura rischia di essere inefficace. Diversa è la necessità di cura degli anziani (anche nelle case di riposo, chiuse alle visite). Per questo il Governo sta lavorando per dare alle pubbliche amministra­zioni la possibilit­à di fornire prestazion­i individual­i domiciliar­i: servizi comunali di assistenza potenziati, insomma, che potrebbero essere erogati in emergenza, anche in deroga alle precedenti clausole contrattua­li degli appalti in essere.

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