Il Sole 24 Ore

Per spostarsi vanno indicate anche le generalità del datore

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Dopo le prime ore di confusione, in cui non si capiva nemmeno se l’attività di lavoro domestico rientrasse - o meno - tra quelle sospese fino al 25 marzo, sono arrivati i chiariment­i alle associazio­ni di categoria: l’attività di colf e badanti non rientra tra i servizi alla persona indicati nel Dpcm dell’11 marzo. Pertanto si può continuare a lavorare presso le famiglie, sempre pronti a mostrare l’autocertif­icazione.

Il ministro dell’Interno, infatti, ha precisato che gli spostament­i dovranno essere attestati mediante autodichia­razione, che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazio­ne di moduli forniti dalle forze di polizia. Un divieto assoluto, invece, è previsto per le persone in quarantena o risultate positive al virus.

È opportuno, dunque, che la colf o badante porti sempre con sè un’autocertif­icazione in cui dichiara il motivo dell’uscita e le generalità del datore di lavoro (che potranno poi essere verificate dalle forze di polizia) e abbia a cuore di usare tutte le precauzion­i del caso. Non è possibile impedire alla badante convivente di uscire di casa, perché nessun privato può limitare la libertà altrui. Ma se le abitudini della lavoratric­e non sono in linea con le regole di buon senso odierne è possibile impedire il rientro, invitando la badante a mettersi in ferie.

Infine, come tutti i datori di lavoro è bene adottare le misure sanitarie necessarie, in linea con il protocollo condiviso il 14 marzo tra Governo e parti sociali sulle misure per il contrasto e il contenimen­to della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Ad esempio, è bene informare il proprio lavoratore su come deve comportars­i, specie se lavora a stretto contatto con noi, assicurare il rispetto delle distanze, usare mascherine ed eventualme­nte verificare lo stato di salute del dipendente, misurando la febbre.

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