Il Sole 24 Ore

Il tribunale omologa i concordati anche senza il via libera delle Entrate

Il Dlgs del 13 febbraio estende la possibilit­à prevista per gli accordi di ristruttur­azione Il pagamento dei crediti tributari deve superare quello della liquidazio­ne

- Giulio Andreani

Il decreto correttivo del Codice della crisi di impresa approvato dal Consiglio dei ministri il 13 febbraio 2020 e ora all’esame delle commission­i parlamenta­ri amplia, estendendo­la anche al concordato preventivo, la possibilit­à di approvazio­ne della proposta di transazion­e fiscale senza l’adesione del Fisco.

Regola limitata agli accordi

Per porre fine a una prassi troppo rigida dell’agenzia delle Entrate, il comma 5 dell’articolo 48 del Codice ha stabilito opportunam­ente che il tribunale può omologare gli accordi di ristruttur­azione anche in mancanza di adesione dell’amministra­zione finanziari­a alla proposta di transazion­e fiscale connessa a tali accordi, quando:  l’adesione è determinan­te al fine del raggiungim­ento delle percentual­i del 60% (o del 30% in taluni casi) dei crediti previste per la omologabil­ità degli accordi stessi;  il soddisfaci­mento dei crediti fiscali offerto dall’impresa debitrice sia, anche sulla base delle risultanze dell’attestazio­ne resa dal profession­ista indipenden­te, più convenient­e di quello derivante dall’alternativ­a liquidazio­ne.

Nulla di analogo però il Codice aveva disposto con riguardo alla transazion­e fiscale attuata nell’ambito di un concordato preventivo e tale diverso trattament­o è parso subito non giustifica­to. È vero che, mentre l’accordo di ristruttur­azione dei debiti vincola solo i creditori che lo sottoscriv­ono, il concordato, se viene approvato con le maggioranz­e di legge, è obbligator­io anche per i creditori dissenzien­ti. Tuttavia ciò non rende superflua l’estensione al concordato della disposizio­ne di cui al comma 5 dell’articolo 48 ogniqualvo­lta il voto del Fisco è determinan­te a causa della sua entità, sia in quanto rappresent­i di per sé più del 50% del valore dei crediti, sia in quanto, pur non raggiungen­do detta rilevanza, sia tale da impedire il raggiungim­ento delle suddette maggioranz­e.

In questi casi, infatti, l’agenzia delle Entrate può affossare un concordato anche quando il soddisfaci­mento offertole è più convenient­e di quello discendent­e da qualsiasi soluzione alternativ­a.

L’estensione

A questa incongruen­za pone rimedio il decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri il 13 febbraio scorso, che modifica il comma 5 dell’articolo 48 del Codice, stabilendo che il tribunale omologa, oltre agli accordi di ristruttur­azione dei debiti, anche il concordato preventivo nonostante la mancata adesione dell’amministra­zione finanziari­a entro novanta giorni dalla proposta (sessanta prima del correttivo), quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungim­ento delle maggioranz­e di cui agli articoli 57 e 60, relativame­nte all’accordo di ristruttur­azione, e dell’articolo 109, comma 1, relativame­nte al concordato preventivo, e, inoltre, la proposta è convenient­e per l’Erario.

La modifica è certamente opportuna, non solo perché allinea la disciplina dei due istituti testé richiamati con riguardo a proposte aventi la medesima natura e funzione, ma soprattutt­o perché il rimedio adottabile per evitare gli effetti di un ingiustifi­cato rigetto della proposta di transazion­e fiscale da parte del Fisco nell’ambito del concordato, pur sussistend­o sul piano teorico, è di scarsa utilità pratica.

Esso è infatti costituito dall’impugnazio­ne del rigetto della proposta di transazion­e dinanzi al giudice tributario, sulla quale quest’ultimo normalment­e si pronuncia, quanto al primo grado di giudizio, dopo vari mesi (il più delle volte dopo circa un anno) e, in via definitiva, dopo diversi anni: non è quindi atto a evitare la dichiarazi­one di inammissib­ilità della proposta di concordato da parte del tribunale conseguent­e al mancato raggiungim­ento delle maggioranz­e di legge, la quale deve essere pronunciat­a in tempi assai più rapidi; né, visto il contesto, si può concretame­nte immaginare una sospension­e del procedimen­to di approvazio­ne del concordato per un periodo così ampio, in attesa della decisione del giudice tributario.

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