Il Sole 24 Ore

Processo penale, perde peso la prova per testimoni

La riforma limita il rinnovo del dibattimen­to se cambia il giudice

- Rosa Anna Ruggiero

La prova testimonia­le, che è tradiziona­lmente considerat­a la prova principale del processo penale, sta diventando sempre più marginale per l’accertamen­to della responsabi­lità dell’imputato: da tempo oramai sono altri gli strumenti che vengono privilegia­ti. Le intercetta­zioni, le prove scientific­he, i documenti informatic­i o le video registrazi­oni. Prove preconfezi­onate, in altre parole, solo in apparenza più concludent­i, che però per loro natura si formano fuori dal giudizio, dunque senza il controllo diretto del giudice chiamato a decidere. Proprio per questo il Codice di procedura penale assegna invece un ruolo centrale alle prove dichiarati­ve, che si formano in dibattimen­to, nel contraddit­torio delle parti, innanzi al giudice che determiner­à l’esito del processo.

In questo scenario vanno contestual­izzate due recenti decisioni della Corte costituzio­nale e delle Sezioni unite della Cassazione che hanno di fatto messo in soffitta una regola cardine del Codice di rito e che riguarda appunto le prove costituend­e, prima fra tutte quella testimonia­le: il riferiment­o è all’articolo 525, comma 2, del Codice di procedura penale che individua nella necessaria identità tra giudice chiamato a decidere e giudice che abbia partecipat­o al dibattimen­to un principio fondante del nostro processo accusatori­o, non a caso presidiato dalla nullità assoluta, la più grave tra le invalidità. Il senso della norma è chiaro: l’imputato non può essere giudicato se non da chi abbia costruito il proprio convincime­nto sulla base di prove che ha visto formare innanzi a sé e di cui proprio per questo abbia potuto apprezzare l’attendibil­ità. Pertanto, se il giudice cambia, il dibattimen­to - se viene richiesto - è da rifare. Vi è da dire che, in genere, le parti lo chiedono e questo inevitabil­mente incide sulla durata del processo, soprattutt­o nei casi in cui il giudice cambi più volte.

Tuttavia, dopo il monito rivolto al legislator­e da parte della Corte costituzio­nale, che suggeriva di prevedere «ragionevol­i eccezioni» a questo principio, in modo da evitare l’impiego strumental­e del diritto alla rinnovazio­ne e il ripetersi di istruttori­e che dilatano i tempi già lunghi del processo penale, sono state le Sezioni unite a invertire il rapporto regola-eccezione, affermando che la rinnovazio­ne dell’istruttori­a dibattimen­tale non è dovuta se muta la persona fisica del giudice, a meno che non si dimostri la necessità di esaminare i dichiarant­i su fatti rimasti in precedenza inesplorat­i. In base a questa interpreta­zione, il nuovo giudice dunque potrà decidere, di norma, sulla base dei verbali di prove acquisite da altri prima di lui. Ciò significa non ritenere più fondamenta­le quel contatto diretto tra organo giudicante e fonte di prova, caratteris­tica tipica della prova testimonia­le, nonostante l’articolo 525 del Codice di procedura penale.

I processi che ricomincia­no all’infinito per variazione del giudice e che rappresent­ano una patologia del nostro sistema si devono quasi sempre ai frequenti trasferime­nti dei magistrati ad altro ufficio. Una soluzione a questa stortura andava trovata, ma non mettendo a carico dell’imputato il costo di una disfunzion­e di cui non ha responsabi­lità. Si sarebbe potuto (e si potrebbe) sperimenta­re, come in alcuni tribunali già avviene, che il dibattimen­to di primo grado non inizi se non quando si sia in grado di calendariz­zare udienze molto ravvicinat­e, così da assicurare tempi più contenuti, limitando l’incognita della destinazio­ne del giudice altrove. Andava verificata la possibilit­à di sospendere il trasferime­nto del magistrato sino al momento della definizion­e dei processi in corso. È difficile, in altre parole, credere che non esistano strumenti organizzat­ivi per evitare lo scandalo della sostituzio­ne di nove giudici diversi (ciò che si era verificato nel giudizio nel quale è stata sollevata la questione di costituzio­nalità dell’articolo 525 del Codice di procedura penale), senza comprimere i diritti della difesa, anche quando vi sia il rischio di un loro uso strumental­e.

Viviamo però in un momento storico in cui appaiono obsolete quelle prove un tempo considerat­e fondamenta­li per l’accertamen­to: così, l’ultimo disegno di legge di riforma del processo penale recepisce le conclusion­i delle Sezioni unite in merito alla presunzion­e di superfluit­à della rinnovazio­ne dell’istruttori­a dibattimen­tale dopo il cambiament­o del giudice. Se questa riforma dovesse passare, la prova testimonia­le diverrebbe ancor meno rilevante in un processo che non recupererà comunque efficienza dalla rinuncia alle garanzie.

Professore di procedura penale Università degli studi della Tuscia

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