L’INCOGNITA DELLA CASSA SUL PIANO DI RILANCIO ECONOMICO
Gualtieri dopo il vertice Ue: «Le spese extra potranno andare molto oltre»
Dopo un weekend vissuto nel segno di un’emergenza crescente, il decreto anticrisi approvato ieri in Consiglio dei ministri ha finito per utilizzare tutti i 25 miliardi di spazi fiscali aggiuntivi messi a disposizione dai 20 miliardi di debito in più autorizzati dal Parlamento. Anzi ha fatto fatica a rimanere nel budget. Al punto che l’impossibilità di sforare la dotazione straordinaria concordata con Bruxelles ha alimentato una discussione accesa a Palazzo Chigi, e ha imposto di limare la spesa in più di un capitolo rispetto alle richieste dei ministeri. Con la conseguenza che per il secondo provvedimento per il sostegno dell’economia, annunciato ancora ieri dal premier Conte e da costruire subito nelle prossime settimane secondo il calendario governativo, bisognerà individuare nuove fonti di finanziamento. Non semplici da trovare.
L’incrocio di questi fattori crea una situazione complicata, come mostrano in filigrana le stesse parole pronunciate ieri da Conte nella conferenza stampa senza domande svolta alla fine del Consiglio dei ministri. Perché il premier ha parlato di «manovra poderosa» ma ha avvertito immediatamente dopo che «non basta» e che per il sostegno necessario a un’economia messa in ginocchio dall’emergenza sanitaria servirà in fretta un secondo provvedimento a cui il governo lavorerà «da subito». In un quadro nel quale più di un segnale indica in prospettiva un’incognita di cassa nei conti dello Stato. Perché la lievitazione del primo decreto fino ad assorbire tutto il plafond impone di accelerare sulle emissioni di titoli di Stato straordinarie rispetto al programma originario per finanziare gli interventi di emergenza. E questo sforzo aggiuntivo prende forma mentre un’altra giornata nera sui mercati ha portato alle soglie del 2,2% il rendimento del Btp decennale, evitando di chiudere a livelli anche più elevati grazie alle classiche misure di contenimento messe in atto dagli investitori istituzionali.
Con un deficit che già oggi si attesta ufficialmente al 3,3% del Pil senza considerare l’effetto pesante che sarà prodotto sui saldi dalla caduta dell’attività economica in conseguenza del blocco da coronavirus, non è semplice ipotizzare a stretto giro una seconda tranche di disavanzo aggiuntivo per finanziare le inevitabili misure da mettere in campo, dagli indennizzi ai settori più colpiti fino al rilancio degli investimenti infrastrutturali. Nell’Eurogruppo di ieri, come riferisce in serata il ministro dell’Economia Gualtieri, è emersa l’indicazione che le cifre del deficit per finanziare gli interventi straordinari «potranno andare molto oltre» i livelli attuali. Ma per l’Italia questa libertà dalle regole fiscali, rafforzata anche dalla clausola di sospensione del Patto tornata ieri sui tavolo della riunione dei ministri finanziari europei, può essere complicata da seguire per le tensioni sui mercati che tornano a circondare il nostro maxi-debito. L’unico ombrello che può metterci al riparo dal rischio tempesta è quello europeo, a patto che si traduca in fretta in interventi concreti quella «piena consapevolezza che la risposta europea dovrà essere coordinata e significativa» condivisa dall’Eurogruppo di ieri secondo il racconto di Gualtieri.
Perché senza aiuto europeo la gestione dei conti italiana si fa complicata. La vicenda dello stop ai versamenti fiscali e contributivi denuncia il problema in maniera evidente. Pensata per evitare una caduta ulteriore di liquidità per imprese e contribuenti già colpiti dal blocco della loro attività, la sospensione è arrivata in contemporanea con la maxi-scadenza di ieri. E nel caos molti italiani non l’hanno potuta sfruttare perché i versamenti sono stati avviati la scorsa settimana. Ma questo effetto collaterale finisce per essere importanti per le casse pubbliche, per le quali ovviamente non si sospendono gli obblighi di pagare le pensioni oltre agli stipendi e alle forniture della Pa.
In questo contesto, non va sottovalutato il valore simbolico di una piccola norma presente nel decreto, quella che prevede la possibilità di una «menzione» d’onore sul sito del Mef per chi ha deciso di versare le tasse pur potendo sfruttare la sospensione: un ringraziamento per l’attaccamento allo Stato, ma anche una sorta di grido d’aiuto per evitare affanni di troppo alle casse pubbliche.
Il decreto di ieri assorbe tutto il deficit aggiuntivo già approvato, per il rilancio serviranno altre risorse