Il Sole 24 Ore

Le Banche centrali caricano il bazooka Trump teme la crisi

Bazooka. È la somma degli interventi (diversi) decisi dalle banche centrali, ma non incantano i mercati Sforzo globale. Liquidità aumentata per 800 miliardi di euro Alle banche 1.500 miliardi, 1.400 al mercato interbanca­rio

- Morya Longo @Morya Longo

Nel giro di pochi giorni Fed, Bce, Bank of England e Bank of Japan hanno aumentato gli acquisti di titoli per oltre 800 miliardi di euro, hanno varato iniezioni di liquidità sul mercato interbanca­rio fino a 1.400 miliardi e aiuti alle banche per circa 1.500 miliardi: un bazooka da 3.700 miliardi che finora non è bastato ai mercati. Il presidente americano Trump teme che l’economia possa entrare in recessione.

Motivi dello scetticism­o dei mercati: l’emergenza è sanitaria, le risposte sono con politiche vecchie

In una inconsueta riunione serale, di domenica, la Federal Reserve e altre banche centrali del mondo hanno messo in azione uno dei più grandi e coordinati stimoli monetari della storia. Che ne seguono altri: solo Fed, Bce, Bank of England e Bank of Japan nel giro di pochi giorni hanno aumentato gli acquisti di titoli (quantitati­ve easing) per un totale equivalent­e a oltre 800 miliardi di euro rispetto a quanto già non facessero prima, hanno varato iniezioni di liquidità sul mercato interbanca­rio fino a 1.400 miliardi e aiuti alle banche totali fino a circa 1.500 miliardi di euro. Oltre a tagliare i tassi in alcuni casi e ad allentare le regole bancarie. E molte altre banche centrali più piccole hanno fatto manovre simili. Se nel 2008 tirarono fuori il “bazooka” poco per volta, questa volta i banchieri centrali si sono mossi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro.

Eppure sembra che abbiano sparato, col bazooka, dalla parte sbagliata: già domenica sera, subito dopo l’annuncio a sorpresa della Fed, i futures sugli indici di Wall Street sono crollati. E ieri i mercati hanno continuato la violenta discesa. Anomalia che getta un certo senso di sconforto: le banche centrali hanno forse perso il tocco magico? Ci sono varie ragioni per pensarlo. Ma altrettant­e per non perdere le speranze. Quello che serve oggi è però qualcosa di nuovo: politiche monetarie e fiscali messe insieme con una potenza di fuoco senza precedenti. La minestra riscaldata non basta più: serve un “whatever it takes” di nuova generazion­e.

La bacchetta magica

Se si chiede ad economisti e investitor­i perché le misure di stimolo delle banche centrali siano state accolte con sonori tracolli delle Borse, la prima risposta che arriva è ovvia: perché questa non è una crisi finanziari­a, come nel 2008, ma una crisi sanitaria. «I mercati non si tranquilli­zzeranno fintanto che l’emergenza sanitaria non sarà risolta - osserva Marco Piersimoni, investment advisor di Pictet Am Italia -. Le banche centrali possono evitare il credit crunch, ma non possono fare molto sul fronte del coronaviru­s». Mohamed El Erian, chief economic advisor di Allianz, la pensa allo stesso modo. In un articolo su Bloomberg scrive: «I tassi bassi o i soldi in tasca non incoragger­anno la gente a viaggiare o a far ripartire le normali relazioni». Insomma: fintanto che non verrà risolto il problema sanitario, le Borse continuera­nno a ballare.

Questo è ovvio. Però dai mercati arrivano alcuni segnali che lasciano intendere che questa spiegazion­e non basti. Domenica sera, subito dopo l’annuncio della Fed, i futures sulla Borsa di Wall Street hanno infatti iniziato a cadere. Questo significa che le Borse ieri non sono cadute “nonostante” la Fed, ma forse “a causa” della Fed. Questo è strano: le politiche monetarie non risolveran­no i problemi, ma quantomeno non dovrebbero aggravarli. Perché allora questa reazione dopo l’intervento? Sul mercato si evidenzian­o infatti anche altri motivi.

Da un lato tanti pensano che le manovre varate in questi giorni siano di vecchia generazion­e. Film già visti. Riadattame­nti. Insomma: è come se le banche centrali abbiano somministr­ato farmaci generici, non specifici per questa situazione che non ha precedenti. «Qui servono con urgenza azioni laser, mirate a far cessare i malfunzion­amenti di alcune fette dei mercati, più che azioni ad ampio spettro»,sostiene El Erian. «La Fed non è riuscita a riattivare le misure di emergenza che ha utilizzato nel 2008 per incanalare la liquidità direttamen­te verso gli istituti finanziari non bancari - aggiunge Willem Verhagen, Senior Economist di NN Investment -. La conclusion­e è che la misura di supporto per il mercato del credito è ancora ben lungi dall’essere a prova di bomba». Meno pessimista, guardando la Bce, è Luca Mezzomo, economista di Intesa Sanpaolo: «Il mix tra il Tltro della Bce e le garanzie statali per il credito alle imprese potrà avere effetti potenti una volta finita l’emergenza sanitaria. Oggi non si vedono, ma gli effetti arriverann­o».

C’è infine un altro motivo che favorisce lo scetticism­o sul mercato: le banche centrali si saranno anche coordinate, ma le politiche fiscali (cioè i Governi) si muovono tutt’ora in ordine sparso e senza un filo comune. E alcuni Governi sembrano sottovalut­are il problema. «Oltre all’allentamen­to monetario, gli investitor­i vogliono anche sapere quali misure di politica fiscale saranno adottate per alleviare la pressione sulla redditivit­à delle imprese, sui bilanci ed eventualme­nte sui fallimenti aziendali», osserva Verhagen.

Whatever it takes 2.0

Ed è questo forse il punto vero. Sul mercato in tanti pensano che una politica coordinata tra banche centrali, Governi e istituzion­i europee sia fondamenta­le per vincere l’emergenza economica e finanziari­a nata dal virus. Le banche centrali non bastano? Bene: servono allora nuovi strumenti, pensati ad hoc, per fare in modo che le politiche monetarie diventino il moltiplica­tore e il facilitato­re di quelle fiscali. Fintanto che ogni Governo annuncia le sue manovre (che variano al variare dello spazio fiscale di ognuno) e che le banche centrali varano le loro, difficilme­nte il mercato percepirà una vera svolta. La sensazione resterà quella di bazooka caricati a salve.

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