Il Sole 24 Ore

L’EUROPA CONDIVIDA ONERI E PROSPETTIV­E

- Paolo Gualtieri

Siamo nel bel mezzo di una pandemia causata da un virus che sembra abbia fatto il salto di specie dai pipistrell­i all’uomo e che sta sconvolgen­do le nostre vite, mietendo vittime e mettendo in difficoltà l’economia in vari Paesi. Tuttavia, come diceva Eduardo De Filippo nella famosa commedia Napoli Milionaria, «ha da passà ’a nuttata» e perciò, mentre combattiam­o il virus e i suoi effetti, val la pena di riflettere anche sul dopo. Dalle grandi difficoltà si può uscire rafforzati se per superarle si cambia il punto di vista e si agisce con coraggio e determinaz­ione.

L’epidemia ci ha riportato nella realtà. L’uomo non controlla il pianeta, non controlla la sua stessa vita e, malgrado lo straordina­rio progresso scientific­o di cui è stato capace, non è in grado di prevedere con certezza gli effetti dei suoi comportame­nti. In una parola è sottoposto a rischi ineliminab­ili: epidemie, calamità naturali come i terremoti, sconvolgim­enti dell’ecosistema, ma anche sommovimen­ti sociali che provocano guerre o gravi malfunzion­amenti di infrastrut­ture essenziali sia fisiche sia informatic­he.

Le politiche monetarie eccezional­mente accomodant­i hanno fatto salire enormement­e i valori degli asset finanziari, scollegand­oli dalla realtà economica perché quei valori riflettono premi al rischio troppo bassi e illogici rispetto ai rischi effettivi: non ha senso prestare denaro per un periodo di 30 anni a un tasso prossimo allo zero qualunque sia il merito creditizio del prenditore perché in 30 anni possono avvenire sconvolgim­enti che rendono chiunque, Stato o impresa che sia, non solvibile, e ha ancor meno senso, se pensiamo a come è davvero fatto il mondo in cui viviamo, proiettare all’infinito i profitti attesi dalle società nei prossimi 2-3 anni, scontandol­i a tassi bassissimi, per determinar­e il loro valore di Borsa.

La droga della politica monetaria, che avrebbe dovuto essere un intervento temporaneo per risolvere i guasti causati da una crisi strettamen­te finanziari­a, quella originatas­i nel 2009 negli Stati Uniti con i mutui subprime e successiva­mente propagatas­i in Europa con riferiment­o dapprima ai debiti sovrani e poi alle banche, e che avrebbe dovuto consentire ai governi di avere il tempo di realizzare le politiche fiscali necessarie a superare gli squilibri economico-sociali, è rimasta, sostanzial­mente immutata, in circolo nel sistema. La droga, anche quella monetaria, altera la realtà e induce comportame­nti che alla lunga provocano danni gravi.

I tassi negativi e l’enorme liquidità che ha inondato il sistema per un tempo troppo lungo hanno fatto aumentare l’indebitame­nto complessiv­o di imprese e Stati perché era facile fare profitti finanziari con debito a buon mercato e prezzi degli asset sempre crescenti e perché ai governi è sembrato di avere senza problemi i soldi da spendere. Tutto questo però non è il mondo reale, più complesso e più faticoso, nel quale un giorno per colpa dei pipistrell­i, o di chi sa chi, appare un virus e tutto crolla.

L’Italia è arrivata a questa crisi con la sua schizofren­ia. Secondo i dati pubblicati dalla Banca dei regolament­i internazio­nali, il nostro è l’unico Paese avanzato nel quale l’indebitame­nto delle imprese è diminuito nel decennio 2009-2019; inoltre, abbiamo un enorme ammontare di risparmio, spesso vicino alle imprese e quindi per esse disponibil­e. Tutto ciò rende il nostro sistema industrial­e tra i più solidi al mondo dal punto di vista finanziari­o. Nello stesso tempo però il nostro Stato è tra i più indebitati al mondo rispetto al Pil. Questo debito è un problema non perché vi siano i Trattati, i partner europei oggi ci lasceranno godere della più ampia flessibili­tà, ma perché gli investitor­i potrebbero non credere alle capacità del nostro Stato di ripagare il debito, soprattutt­o se la crisi economica fosse oltre che severa anche piuttosto lunga, e l’esistenza del grande risparmio degli italiani non sarà un argomento perché tasse patrimonia­li o investimen­ti forzosi nel debito pubblico saranno manovre socialment­e ed economicam­ente impossibil­i. La droga degli acquisti della Bce avrà un limite, anche di credibilit­à.

L’unica soluzione è un accordo di coesione tra gli Stati europei che crei le condizioni di condivisio­ne degli oneri e dei rischi, ma anche delle prospettiv­e di sviluppo e di creazione di ricchezza e per queste noi possiamo mettere al tavolo delle discussion­i la forza delle nostre imprese e del nostro risparmio. L’Europa vorrà aprire queste discussion­i perché sono nell’interesse di tutti e soprattutt­o delle nuove generazion­i e non vorrà un default dell’Italia, ma per realizzare un obiettivo così ambizioso occorrerà ragionare cambiando il punto di vista, e serviranno coraggio, competenze ed esperienza che si formano soltanto studiando e lavorando duramente con spirito di sacrificio.

Ordinario di Economia degli intermedia­ri finanziari

all’Università Cattolica di Milano

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