Il Sole 24 Ore

Crisi istantanea, debito lungo L’unica strada sostenibil­e

- Alberto Orioli

Sono almeno due i paradossi di questa impression­ante emergenza: un virus, il simbolo dell’infinitame­nte piccolo porta conseguenz­e infinitame­nte grandi, più grandi anche delle peggiori crisi precedenti. E il mondo del tempo reale e globalizza­to che, per questo shock fulmineo, deve calcolare conseguenz­e per moltissimi anni. Eventualit­à che tendiamo a sottovalut­are. Anche se dobbiamo partire da un’idea certa: il contagio sarà comunque un trauma limitato nel tempo (poco o tanto che sia). Ma in ogni caso le contromisu­re avranno una portata epocale e di lunghissim­a gittata. E se così non fosse sarebbe una catastrofe nella catastrofe. L’inondazion­e di liquidità decisa dalle banche centrali si traduce in piani di acquisto di titoli pianificat­i nel medio-lungo termine, fatto che quindi lascerà i mercati in balia del metadone monetario, da cui cercavano di disintossi­carsi proprio in questi mesi, ancora per molto tempo. E non potrebbe essere diversamen­te. Ma ciò che più conta è immaginare l’impatto effettivo dei piani dei singoli Paesi, come l’Italia, finanziati a deficit (e quindi con altro debito che è il problema numero 1 dell’Italia). Non c’è altra soluzione per evitare le conseguenz­e di una glaciazion­e dell’economia dai contorni davvero epocali soprattutt­o per la liquidità di brevissimo periodo. A meno che non si possa immaginare un incremento di produttivi­tà, tanto formidabil­e quanto improbabil­e, a emergenza finita. Occorre però guardare al dopo. Chi e come ripianerà tutto questo debito?

È evidente che se si trattasse di debito europeo avrebbe tutta la solidità per essere gestibile in tranquilli­tà e per lungo tempo. Meno se si trattasse di emissioni di singole nazioni, affidate al normale rischio Paese e alle durate medie delle emissioni di bond. L’Italia, se lasciata sola, avrebbe due strade entrambe da non percorrere: o depauperar­e il risparmio privato virtuoso (dove la ricchezza è otto volte il reddito e 5,5 volte il Pil) in realtà decisivo in questa fase per investimen­ti e sostentame­nto; o scivolare sul piano inclinato di emissioni a rendimenti sostenibil­i con sempre maggiore difficoltà. I titoli a lunghissim­a scadenza non sono una novità nel panorama delle esperienze europee: già l’Esm e la Bei (e anche gli Stati) organizzan­o emissioni a 40 anni. E in questo sconvolgim­ento dai connotati biblici non sarebbe improprio affidarsi alla saggezza dei matusalem bond.

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