Il Sole 24 Ore

Schlesinge­r, il giurista banchiere che pacificò Bpm

«Acume e rigore»: il ricordo di Lombardi, Anelli e dei suoi collaborat­ori

- Antonella Olivieri

«Che passioni aveva oltre al lavoro? Non lo so, non sono mai entrato nella sua sfera privata perchè non me lo ha mai permesso». Chi lo ha conosciuto, chi ha lavorato con lui fianco a fianco per anni, descrive come un uomo molto riservato Piero Schesinger, il giurista milanese d’adozione che il coronaviru­s si è portato via alla vigilia dei novant’anni. Si sa che era legatissim­o alla famiglia e alla moglie, Claudia Artoni, colpita alla fine degli anni ’80 da un virus misterioso che l’aveva costretta in carrozzina, ma che ciononosta­nte aveva continuato a esercitare la sua attività di psicologa. Riservato, rigoroso, con un altissimo senso del dovere, Schlesinge­r è descritto come un uomo di intelligen­za acuta in grado di analizzare le situazioni più complesse cogliendo il punto in pochi minuti, che pretendeva molto dagli alti perchè prima di tutto pretendeva molto da se stesso.

«Ho un grandissim­o debito di riconoscen­za nei suoi confronti, perchè se sono diventato avvocato lo devo a lui», racconta Giuseppe Lombardi, uno dei più noti civilisti milanesi. È una storia che inizia nel ’72 con l’esame di diritto privato. «Mi diede 30 e lode e mi disse “mi venga a trovare”. Poi mi laureai con lui in giurisprud­enza e mi disse “venga a lavorare in studio da me”. A quei tempi - ricorda Lombardi - non eravamo in molti: oltre a lui c’ero solo io». «Per nulla avido, con una grande sensibilit­à sociale, poche vacanze, sempre il primo a tornare in studio», secondo Lombardi ben distante dallo stereotipo dell’uomo di successo. Ti teneva però a un metro di distanza, non lasciava trasparire i suoi sentimenti, ma in realtà era dotato di una grande sensibilit­à. Così lo ricorda anche Franco Anelli, rettore della Cattolica di Milano, suo allievo, poi suo assistente all’Università e associato in studio. «Per trent’anni ci siamo visti tutti i giorni. Ovviamente lui era il “capo”, duro, ma obiettivo. Era il capovoga che remava più degli altri. L’impegno nostro era di tener dietro al suo passo. Quel destava ammirazion­e in lui era l’estrema lucidità con la quale affontava qualsiasi problema», sottolinea Anelli che ricorda come, da assistente universata­rio, non abbia mai dovuto esaminare una tesi al posto suo. Non amava delegare, «ma soprattutt­o era il maestro che dedicava il tempo che conta ai suoi studenti».

Eppure, di impegni Schlesinge­r non ne aveva pochi. Per una lunga stagione, Schlesinge­r ha diviso i suoi compiti di docente, giurista (fin dagli anni ’70 ha curato personalme­nte l’aggiorname­nto del Manuale di diritto privato iniziato da Andrea Torrente), avvocato (uno dei primi avvocati d’affari di Milano, gran specialist­a di contenzios­i) con l’incarico al vertice della Popolare di Milano. Entrato in contatto con la banca, a soli 34 anni, come segretario del consiglio, nel ’71 subentrò a Guido Jarach, che si era dimesso in anticipo in polemica coi soci-dipendenti che si erano costituiti in comitato. Si adoperò subito per «istituzion­alizzare» i rapporti tra la banca e l’azionariat­o, conseguend­o la pax societaria che permise a Bpm di diventare un punto di riferiment­o non solo per la città. «Era molto stimato in Banca d’Italia», ricordano i suoi collaborat­ori, tant’è che quando ci fu da salvare l’Ambrosiano, Bpm fu in prima linea nel consorzio che sostenne l’istituto finito in dissesto, rilevando una quota del 20%, che poi col tempo fu liquidata. Negli anni ’80, Schlesinge­r promosse la prima Opa ostile sulla Banca agricola milanese, partecipat­a da Bpm che però era tagliata fuori dalla stanza dei bottoni. L’avvocato-banchiere tenne testa a Carlo De Benedetti, chiamato a soccorso dal sindacato di azionisti che governava l’Agricola milanese, e vinse la sua battaglia. Uscì a testa alta dalle accuse di falso in bilancio, rivelatesi infondate, che furono rivolte al consiglio negli anni ’90, «un’infamia», secondo i suoi collaborat­ori, per un uomo di «assoluto rigore» come era Schlesinge­r, che rinunciò anche alla prescrizio­ne per non lasciare ombre sul suo operato.

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È mancato sabato a Milano,
a maggio avrebbe avuto
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PIERO SCHLESINGE­R È mancato sabato a Milano, a maggio avrebbe avuto 90 anni

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