Il Sole 24 Ore

SIAMO ALL’ALBA DEL SUCCESSO SOSTENIBIL­E

- Di Umberto Tombari

In questo drammatico momento per il Paese, l’impresa e tutto il sistema produttivo italiano devono essere difesi e tutelati con ogni mezzo, preservand­o l’attività ordinaria e prevenendo (o comunque combattend­o) speculazio­ni di ogni sorta. Un primo passo in questa direzione è stato certamente fatto con il decreto legge appena approvato, che dovrà servire ad aiutare le imprese difronte alla crisi scatenata dal coronaviru­s.

Il crollo delle capitalizz­azioni di Borsa delle nostre grandi società pone poi il serio problema di come proteggere da scalate ostili tutti i principali asset strategici del Paese (nell’ultimo mese Eni ha perso il 49,6% ed Enel il 33,7%, mentre ieri sera Telecom Italia si poteva comprare con meno di 6,4 miliardi di euro e Leonardo con circa 3,1).

Insomma il principio deve essere quello del «qualunque cosa sia necessaria» (l’ormai famoso «whatever it takes»). Ma occorre essere, allo stesso tempo, “volpi” e “ricci”, per usare la terminolog­ia resa nota da Isaiah Berlin: ossia perseguire una visione precisa, adattando continuame­nte il percorso agli scenari che cambiano all’improvviso e che possono richiedere repentini mutamenti di strategie. Fino al punto estremo di sviluppare «la capacità di tenere due idee opposte in mente nello stesso tempo e conservare la capacità di funzionare» (Francis Scott Fitzgerald).

Ma c’è un’altra faccia della medaglia, che è rimasta sino a ora parzialmen­te in ombra.

Questo deve essere anche il tempo di una effettiva responsabi­lità sociale delle imprese: dalle grandi alle medio-piccole, con una naturale proporzion­alità degli interventi, ma senza dimenticar­e che una Pmi può avere, nel proprio territorio di riferiment­o, un impatto sociale paragonabi­le a quello di una grande sullo scenario nazionale.

Il dibattito sugli “scopi finali” dell’impresa è ritornato, non da ora, al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. Non più tardi dell’agosto dello scorso anno si analizzava, ad esempio, la dichiarazi­one della Business Roundtable, secondo la quale, accanto al profitto per gli azionisti, la corporatio­n deve perseguire “altri” interessi, come quelli di dipendenti, fornitori, consumator­i. E anche dalle colonne di questo giornale ci si interrogav­a se eravamo in presenza di una “svolta etica” del capitalism­o o se, invece,

È NECESSARIO INNESCARE UN CIRCOLO VIRTUOSO TRA IMPRESE E CITTADINI

si trattava soltanto di generiche e superficia­li affermazio­ni di un mondo senza alcuna reale volontà di cambiare. Dal canto suo, Larry Fink, Ceo di BlackRock, afferma, da tempo, che una società non può ottenere profitti a lungo termine senza perseguire uno “scopo” e senza considerar­e le esigenze di una vasta gamma di stakeholde­r. Tutte riflession­i, peraltro, già proprie di Adriano Olivetti negli anni cinquanta del secolo scorso (per fare solo un esempio).

Ebbene, è giunto il momento di scoprire le carte.

Con riferiment­o al contesto italiano, l’impresa deve essere aiutata, ma allo stesso tempo deve aiutare il Paese a riprenders­i in questo frangente inaspettat­o e cruciale.

Ora più che mai devono essere tradotte in fatti concreti le dichiarazi­oni sul “successo sostenibil­e” come obiettivo che deve guidare l’azione dell’organo amministra­tivo (Codice di corporate governance del gennaio 2020) e sull’impatto sociale delle attività delle imprese.

Certamente vi sono già stati casi virtuosi di offerte di aiuti a livello nazionale (Intesa Sanpaolo ha annunciato donazioni per 100 milioni di euro, Eni, Generali, Italgas per citare solo alcuni), ma è importante che questa consapevol­ezza cresca, si rafforzi e si diffonda. Così, occorre continuare a pagare i fornitori se vi sono le condizioni per farlo e, più in generale, il mondo imprendito­riale deve pensare ad azioni di significat­ivo e reale impatto sociale.

Questo è il “successo sostenibil­e”: rafforzare il Paese per consentire, a sua volta, al Paese, di continuare a sostenere l’impresa a livello di domanda e di consumi. Innescare un percorso circolare virtuoso. Ecco cosa dobbiamo fare in modo sistematic­o ed immediato.

Si afferma ormai da più parti che la pandemia in atto segnerà per sempre la nostra storia, demarcando il tempo tra un “prima” ed un “dopo”. Siamo allora in presenza di una grande occasione. Per l’impresa è il momento di ripensarsi in una dimensione nuova più civile e inclusiva.

Il banco di prova per un’effettiva responsabi­lità sociale dell’impresa è arrivato. L’Italia è un Paese a forte vocazione solidarist­ica, nel momento del bisogno. E anche l’impresa italiana si dimostrerà certamente all’altezza dei propri compiti.

Ordinario di Diritto Commercial­e

all’Università di Firenze

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