Ai domiciliari con il braccialetto chi deve scontare da sei a 18 mesi
Fuori dal carcere e agli arresti domiciliari chi ha non più di 18 mesi di pena da scontare. Con differenza tra chi ha non più di 6 mesi e chi invece ha da 6 mesi e 1 giorno a 18 mesi (solo per questi ultimi la modalità di controllo prevista è quella del braccialetto elettronico). Per un totale di detenuti interessati vicino a 4.000. È questa la soluzione, modulata sulla “svuotacarceri” del 2010, la legge n. 199, messa a punto dal ministero della Giustizia per affrontare l’emergenza sanitaria negli istituti carcerari.
Una strada in qualche modo obbligata anche per abbassare il livello di tensione che nei giorni scorsi ha dato luogo a numerose e drammatiche rivolte. L’intervento, che si accompagna a stanziamenti per l’edilizia penitenziaria finalizzati al ripristino degli istituti più danneggiati, intende valorizzare uno strumento di esecuzione della pena con uno strumento che già l’ordinamento riconosce come normale in caso di pena contenuta.
Cruciale, però sarà la disponibilità dei braccialetti elettronici, oggi segnalata dal ministero dell’Interno in circa 2.500, per non allungare i tempi di attivazione della misura. È chiaro che se dovessero passare settimane prima di poter fare decollare l’intervento, l’efficacia si ridurrebbe in maniera significativa.
Così,l’esecuzione delle pene detentive non superiori a 18 mesi presso il domicilio prevista dal decreto legge si distingue, dalla detenzione domiciliare “ordinaria” sia per la minor durata della pena da eseguire, sia per la diversità della procedura, sia per la diversità dei presupposti necessari per l’accesso all’istituto.
In particolare, la procedura prevista (che rimane, salvo un intervento di semplificazione, quella della legge 199/10), stabilisce che la misura sia applicata dal magistrato di sorveglianza oltre che su istanza dell’interessato, per iniziativa della direzione dell’istituto penitenziario oppure del pubblico ministero.
Peraltro, nel primo caso, che presuppone che il condannato sia già detenuto in carcere, allo scopo di non appesantire i carichi di lavoro, in questo momento di estrema complicazione, dell’amministrazione penitenziaria, si è previsto che la direzione dell’istituto non deve trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione (come previsto dalla legge n. 199 del 2010), ma che deve solo indicare il luogo esterno di detenzione (abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza), dopo averne verificato l’idoneità.
Tra le esclusioni, i condannati per i delitti indicati dall’articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario, tra i quali da ultimo quelli per corruzione e concussione; i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; i detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare; i detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.