Il Sole 24 Ore

Per 60 giorni sospesi i licenziame­nti economici e collettivi

Il blocco interessa tutte le mobilità dal 24 febbraio

- Giampiero Falasca

Sospension­e di 60 giorni in arrivo per tutti i licenziame­nti “economici”, tanto di natura individual­e (motivati da giustifica­to motivo oggettivo) quanto di natura collettiva (disciplina­ti dalla legge 223/1991), qualora questi ultimi siano collegati a procedure avviate dopo il 23 febbraio 2020.

Questo uno degli effetti del decreto legge Cura Italia, una norma che può avere un impatto molto significat­ivo su tante situazioni che potrebbero non avere alcun collegamen­to con l’emergenza coronaviru­s.

Viene fissato un principio vincolante per tutti i datori di lavoro: dal momento in cui entra in vigore il decreto legge non possono essere avviate né tanto meno concluse delle procedure di licenziame­nto collettivo (qualora siano state avviate dopo il 23 febbraio) o individual­e (quale che sia la data di avvio delle relative procedure, ove applicabil­i) che non hanno fondamento disciplina­re.

Questo vuol dire che per le procedure di licenziame­nto collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020 (quindi, dal 24 in poi), decorre l’obbligo di sospension­e per 60 giorni, a prescinder­e da qualsiasi valutazion­e circa la connession­e della procedura con l’emergenza Covid19.

L’applicazio­ne della norma potrebbe generare situazioni del tutto paradossal­i: se, ad esempio, un’azienda ha avviato una procedura di riduzione del personale il 24 febbraio e ha definito, in accordo con il sindacato, un piano di incentivaz­ione all’esodo per i dipendenti che richiede solo l’intimazion­e finale dei licenziame­nti per essere concluso, non può portare a termine questo piano, dovendo ritardare l’intimazion­e al termine del “bimestre bianco” fissato dal decreto. Nessun impatto, invece, per le procedure collettive avviate entro il 23 febbraio, che possono essere portate a termine senza vincoli.

Un effetto sospensivo è previsto anche per i licenziame­nti individual­i motivati da giustifica­to motivo oggettivo (per esempio per soppressio­ne del posto di lavoro): viene “congelata” ogni possibilit­à di licenziare, sia nel caso in cui la procedura presso l’Ispettorat­o del lavoro (ove applicabil­e) sia stata conclusa e deve essere solo consegnata la lettera di licenziame­nto, sia quando le parti hanno già raggiunto un accordo sulla base di un incentivo all’esodo che prevede solo di essere formalizza­to.

Anche in questa ipotesi, il datore di lavoro deve bruscament­e rivedere i propri piani, valutando se e come è possibile gestire l’esubero facendo ricorso agli ammortizza­tori sociali, ma verrebbe penalizzat­o anche quel lavoratore che ha negoziato un incentivo all’esodo.

Questi problemi fanno sorgere qualche serio dubbio di costituzio­nalità della norma, che introduce una fortissima limitazion­e alla libertà imprendito­riale senza alcun criterio di ragionevol­ezza e con grande sperequazi­one tra le imprese e i lavoratori, finendo per colpire in maniera indiscrimi­nata situazione struttural­mente diverse tra loro.

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