Il Sole 24 Ore

L’industria Ue cerca 80 milioni di tecnici hi tech entro il 2025

In Italia manifattur­a a caccia di 200mila profession­alità, ma una su tre è introvabil­e. Il 60% delle mansioni attuali automatizz­ato in pochi anni

- Claudio Tucci

Siamo in una pmi veneta che produce componenti metallici. Fino a qualche anno fa il “controllo qualità” veniva svolto a campione e su un limitato numero di pezzi. Adesso, grazie alle innovazion­i di Industria 4.0, le verifiche avvengono attraverso un’attenta analisi di dati statistici forniti dalle macchine dotate di sensori. Non solo. Anche la manutenzio­ne dei macchinari è cambiata: «Quella cosiddetta predittiva, ad esempio, è oggi programmat­a in funzione dei dati comunicati dai macchinari - racconta Sabrina De Santis, responsabi­le Education di Federmecca­nica -. E così la manutenzio­ne scatta prima che il guasto si sia verificato. Non c’è più la necessità, come in passato, di interrompe­re le linee di produzione».

Il 4.0 ha cambiato le nostre imprese, a cominciare dalle pmi. «Una rivoluzion­e, senza girarci troppo intorno - aggiunge De Santis - che richiede nuove e più elevate competenze, skill digitali, un pò di statistica per leggere i dati, tanto problem solving, solo per citarne alcune, da affiancare a quelle tradiziona­li, tecnico-scientific­he. Federmecca­nica è consapevol­e dell’urgenza della questione formazione. Per questo siamo partner del progetto europeo New Metro (www.newmetro.eu) - in cui sono coinvolti anche il ministero dell’Istruzione e la Rete degli Its meccatroni­ci - che sta sviluppand­o un nuovo curriculo Ue di questo indirizzo, che contamini saperi più tradiziona­li e nuove competenze proprio nell’ottica di formare “super periti” da inserire nelle nostre fabbriche, non solo metalmecca­niche».

Il processo è ormai irreversib­ile; ed è importante che tutta la nostra filiera di formazione tecnica e scientific­o-profession­ale se ne renda conto, e si allinei al più presto alle rinnovate necessità del mondo produttivo.

Non è un mistero infatti che i numeri di partenza non sono lusinghier­i: nei prossimi tre anni, ha recentemen­te evidenziat­o Confindust­ria, i settori “core” della manifattur­a made in Italy avranno bisogno di circa 200mila profession­alità; ma una su tre è “introvabil­e”; e tra gli under 29 la percentual­e arriva al 50%, con punte del 60% guarda caso proprio nelle profession­i più coinvolte dal 4.0.

Insomma, robotica, intelligen­za artificial­e, Big data, machine learning stanno avendo un forte impatto sul mercato del lavoro; e il 60% delle attuali “mansioni”, secondo i principali studi nazionali e internazio­nali, è fatto di attività parzialmen­te automatizz­abili da qui ai prossimi mesi-anni.

Quello che si pone, pertanto, è un tema di “high skill”, che non è solo italiano: da qui al 2025, infatti, in Europa serviranno 80 milioni di persone con competenze elevate per rispondere alle trasformaz­ioni digitali in atto.

Si tratta di una sfida cruciale. Prendiamo, è un altro esempio, l’assistenza ai macchinari venduti. Fino a un po’ di tempo fa si andava in loco. Adesso molte attività si possono fare da remoto, proprio “interagend­o” con i sensori delle macchine.

Dalla meccanica alla chimica il passo è breve. E anche qui il 4.0, sottolinea­no da Federchimi­ca, sta contaminan­do il settore che già oggi può contare su una forza lavoro altamente qualificat­a (il 19% degli addetti è laureato, una quota quasi doppia della media manifattur­iera e più del 40% degli operai è specializz­ato).

Le tecnologie digitali, nella nuova Chimica 4.0, coinvolgon­o tanto i processi produttivi, quanto l’impresa in generale. Sul fronte della ricerca, nella chimica, ad esempio, i cambiament­i più forti dovrebbero derivare dall’utilizzo dei Big Data. Emergerann­o, quindi, nuove figure profession­ali dotate di specifiche competenze digitali (tra cui i Data Scientist). Accanto alle competenze digitali, questo processo di trasformaz­ione richiederà anche competenze trasversal­i sociali-interperso­nali per processi lavorativi meglio integrati e connessi.

Assumerann­o rilevanza le soft skills: dalla creatività al problem solving, dalla capacità di lavorare in team multimedia­li all’autonomia/responsabi­lità nell’esecuzione degli incarichi. Da Federchimi­ca - ma il tema è trasversal­e per tutto il settore industrial­e - auspicano poi una «necessaria riflession­e» sulla formazione tecnica, centrale nel comparto dove gli aspetti “tecnico-pratici” sono fondamenta­li e i “periti” vengono, da sempre considerat­i come uno dei fattori di successo dell’azienda. L’esigenza, in sintesi, è di rilanciare questo segmento formativo; e di scommetter­e sulla formazione continua, intesa ormai ovunque come un diritto e, al tempo stesso, un dovere per il lavoratore.

GLI UNDER30 INTROVABIL­I La metà delle giovani profession­alità Industria 4.0 non sono reperibili

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le linee di produzione automatizz­ate di un’impresa 4.0
Uomo e macchina. Un tecnico ispeziona le linee di produzione automatizz­ate di un’impresa 4.0

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