Lunedì nero per Borse, oro e petrolio Ecco tutti gli aiuti decisi dal Governo
Wall Street affonda a -13% Petrolio ai minimi dal 2016 L’oro sotto i 1.500 dollari Conte: con il Cura Italia una manovra poderosa L’Europa ci deve seguire
Edizione chiusa in redazione alle 22
Inizio di settimana ancora pesante peri mercati finanziari. In Europa la Borsa peggiore è stata Madrid (-7,9%) per la rapida diffusione dell’epidemia in Spagna. Milano ha perso il 6,1% dopo essere arrivata finoa-11,3%.Crolla WallStreet (-13%). In forte calo anche il petrolio, ai minimi dal 2016, e i metalli preziosi, oro in testa. Approvato il decreto da 25 miliardi per rilanciare l’economia, di cui 10 per il lavoro. Il premier Conte: «L’Europa ci segua».
L’«all in» della Fed, che domenica a sorpresa ha annunciato un taglio dei tassi e un piano di acquisto di titoli da 700 miliardi di dollari al mese, non è servito a placare la febbre da Coronavirus sui mercati. Anche ieri è stata una giornata all’insegna del “panic selling” in Borsa con gli indici che in Europa sono arrivati in media a perdere oltre il 10% in mattinata salvo poi ridurre il passivo nel finale di giornata. Il saldo al termine degli scambi è comunque pesantissimo: -6,10% Piazza Affari, -5,75% Parigi, -5,31% Francoforte, -7,88% Madrid. Il primato negativo della piazza spagnola è correlato all’emergenza sanitaria in atto nel Paese, il secondo più colpito dopo l’Italia, che ha annunciato un piano di quarantena dopo l’impennata di casi e un focolaio importante nella capitale Madrid. Ma è in tutta Europa che l’emergenza sta prendendo piede costringendo i governi a mettere in atto misure restrittive per contenere il contagio. Così come negli Stati Uniti dove gli investitori iniziano a prezzare il rischio di una recessione pesante per via del blocco delle attività e l’inevitabile shock alla catena di fornitura. Nonostante la mossa a sorpresa della Fed anche ieri è stata una giornata pesantissima a Wall Street dove in apertura sono scattate le sospensioni per eccesso di ribasso e dove gli indici in serata sono arrivati a perdere oltre il 10 per cento per poi tracollare in chiusura a -13% (peggior performance dal 1987) dopo l'allarme lanciato dal presidente Trump sulla durata della pandemia.
Impennata dello spread
Nonostante la mossa a sorpresa della Fed e le rassicurazioni di vari esponenti della Bce, che in questi giorni si sono succeduti a correggere la disastrosa retorica della presidente Lagarde, anche ieri il mercato dei titoli di Stato è stato oggetto di forti speculazioni. In particolare sui BTp italiani che hanno fatto registrare l’ennesima impennata di rendimenti e spread. Ad essere colpito è stato anche il debito a brevissima scadenza come i BoT a 3 mesi. Fino a venerdì scorso i titoli di questa scadenza erano gli unici ad avere rendimenti negativi: ieri hanno chiuso gli scambi in territorio positivo allo 0,28 per cento. Ciò significa che anche le operazioni di rifinanziamento a breve e brevissima scadenza comporteranno un esborso da parte del Tesoro a differenza di quanto avvenuto in questi anni. Ovviamente sotto pressione sono finiti anche i titoli a lunga scadenza. Nonostante diversi broker abbiano segnalato l’attivismo della Bce sui mercati secondari anche ieri il decennale italiano ha sofferto chiudendo gli scambi al 2,19% riportandosi sui massimi da luglio 2019 con lo spread sul Bund tedesco che si è riportato a quota 265 punti. Lo status di Paese ultraindebitato e più colpito dall’epidemia fa dell’Italia un bersaglio ideale della speculazione. Specialmente dopo le parole di Christine Lagarde di giovedì scorso («Non è nostro compito chiudere gli spread») che, nonostante le successive precisazioni, sono riuscite a risvegliare un fantasma che il “whatever it takes” di Mario Draghi era riuscito a scacciare: quello della dissoluzione dell’euro. Certo i numeri non sono quelli da incubo della crisi dello spread, ma le dinamiche sono le stesse. Ad esempio un certo effetto contagio su altri Paesi dell’Europeriferia che, seppur in misura meno violenta dell’Italia, sono finiti sotto pressione. Il caso più eclatante è quello della Spagna che ieri ha fatto registrare un’impennata del tasso decennale balzato a quota 1,2% (era allo 0,22% tre settimane fa).
Nessun rifugio dai Bund
Gli spread dei Paesi periferici (ma anche quello della Francia) sono saliti nonostante anche i tassi degli stessi Bund siano risaliti. A differenza di quanto avvenuto nelle scorse settimane, quando il contesto di avversione al rischio aveva spinto gli investitori a cercare riparo nei titoli tedeschi, ora anche questi come altri beni rifugio non sembrano garantire alcuna protezione. La violenza del crollo di queste settimane (il più fulmineo mercato orso di tutti i tempi) ha provocato perdite tanto pesanti da costringere gli investitori a liquidare le uniche classi di investimento che nelle ultime settimane erano andate bene per coprire le perdite. Il bene più prezioso è la tanto bistrattata liquidità che, ora come ora, è l’unica classe di investimento in grado di garantire un minimo di protezione. Gli ultimi dati sui flussi di capitale raccontano in maniera emblematica questo fenomeno: tra il 5 il 12 marzo - segnala Epfr Global - i fondi monetari hanno fatto registrare una raccolta record da 135 miliardi di dollari netti.