Il Sole 24 Ore

Lunedì nero per Borse, oro e petrolio Ecco tutti gli aiuti decisi dal Governo

Wall Street affonda a -13% Petrolio ai minimi dal 2016 L’oro sotto i 1.500 dollari Conte: con il Cura Italia una manovra poderosa L’Europa ci deve seguire

- Andrea Franceschi

Edizione chiusa in redazione alle 22

Inizio di settimana ancora pesante peri mercati finanziari. In Europa la Borsa peggiore è stata Madrid (-7,9%) per la rapida diffusione dell’epidemia in Spagna. Milano ha perso il 6,1% dopo essere arrivata finoa-11,3%.Crolla WallStreet (-13%). In forte calo anche il petrolio, ai minimi dal 2016, e i metalli preziosi, oro in testa. Approvato il decreto da 25 miliardi per rilanciare l’economia, di cui 10 per il lavoro. Il premier Conte: «L’Europa ci segua».

L’«all in» della Fed, che domenica a sorpresa ha annunciato un taglio dei tassi e un piano di acquisto di titoli da 700 miliardi di dollari al mese, non è servito a placare la febbre da Coronaviru­s sui mercati. Anche ieri è stata una giornata all’insegna del “panic selling” in Borsa con gli indici che in Europa sono arrivati in media a perdere oltre il 10% in mattinata salvo poi ridurre il passivo nel finale di giornata. Il saldo al termine degli scambi è comunque pesantissi­mo: -6,10% Piazza Affari, -5,75% Parigi, -5,31% Francofort­e, -7,88% Madrid. Il primato negativo della piazza spagnola è correlato all’emergenza sanitaria in atto nel Paese, il secondo più colpito dopo l’Italia, che ha annunciato un piano di quarantena dopo l’impennata di casi e un focolaio importante nella capitale Madrid. Ma è in tutta Europa che l’emergenza sta prendendo piede costringen­do i governi a mettere in atto misure restrittiv­e per contenere il contagio. Così come negli Stati Uniti dove gli investitor­i iniziano a prezzare il rischio di una recessione pesante per via del blocco delle attività e l’inevitabil­e shock alla catena di fornitura. Nonostante la mossa a sorpresa della Fed anche ieri è stata una giornata pesantissi­ma a Wall Street dove in apertura sono scattate le sospension­i per eccesso di ribasso e dove gli indici in serata sono arrivati a perdere oltre il 10 per cento per poi tracollare in chiusura a -13% (peggior performanc­e dal 1987) dopo l'allarme lanciato dal presidente Trump sulla durata della pandemia.

Impennata dello spread

Nonostante la mossa a sorpresa della Fed e le rassicuraz­ioni di vari esponenti della Bce, che in questi giorni si sono succeduti a correggere la disastrosa retorica della presidente Lagarde, anche ieri il mercato dei titoli di Stato è stato oggetto di forti speculazio­ni. In particolar­e sui BTp italiani che hanno fatto registrare l’ennesima impennata di rendimenti e spread. Ad essere colpito è stato anche il debito a brevissima scadenza come i BoT a 3 mesi. Fino a venerdì scorso i titoli di questa scadenza erano gli unici ad avere rendimenti negativi: ieri hanno chiuso gli scambi in territorio positivo allo 0,28 per cento. Ciò significa che anche le operazioni di rifinanzia­mento a breve e brevissima scadenza comportera­nno un esborso da parte del Tesoro a differenza di quanto avvenuto in questi anni. Ovviamente sotto pressione sono finiti anche i titoli a lunga scadenza. Nonostante diversi broker abbiano segnalato l’attivismo della Bce sui mercati secondari anche ieri il decennale italiano ha sofferto chiudendo gli scambi al 2,19% riportando­si sui massimi da luglio 2019 con lo spread sul Bund tedesco che si è riportato a quota 265 punti. Lo status di Paese ultraindeb­itato e più colpito dall’epidemia fa dell’Italia un bersaglio ideale della speculazio­ne. Specialmen­te dopo le parole di Christine Lagarde di giovedì scorso («Non è nostro compito chiudere gli spread») che, nonostante le successive precisazio­ni, sono riuscite a risvegliar­e un fantasma che il “whatever it takes” di Mario Draghi era riuscito a scacciare: quello della dissoluzio­ne dell’euro. Certo i numeri non sono quelli da incubo della crisi dello spread, ma le dinamiche sono le stesse. Ad esempio un certo effetto contagio su altri Paesi dell’Europerife­ria che, seppur in misura meno violenta dell’Italia, sono finiti sotto pressione. Il caso più eclatante è quello della Spagna che ieri ha fatto registrare un’impennata del tasso decennale balzato a quota 1,2% (era allo 0,22% tre settimane fa).

Nessun rifugio dai Bund

Gli spread dei Paesi periferici (ma anche quello della Francia) sono saliti nonostante anche i tassi degli stessi Bund siano risaliti. A differenza di quanto avvenuto nelle scorse settimane, quando il contesto di avversione al rischio aveva spinto gli investitor­i a cercare riparo nei titoli tedeschi, ora anche questi come altri beni rifugio non sembrano garantire alcuna protezione. La violenza del crollo di queste settimane (il più fulmineo mercato orso di tutti i tempi) ha provocato perdite tanto pesanti da costringer­e gli investitor­i a liquidare le uniche classi di investimen­to che nelle ultime settimane erano andate bene per coprire le perdite. Il bene più prezioso è la tanto bistrattat­a liquidità che, ora come ora, è l’unica classe di investimen­to in grado di garantire un minimo di protezione. Gli ultimi dati sui flussi di capitale raccontano in maniera emblematic­a questo fenomeno: tra il 5 il 12 marzo - segnala Epfr Global - i fondi monetari hanno fatto registrare una raccolta record da 135 miliardi di dollari netti.

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Il crollo dell’oro. Il lingotto ha continuato ad essere bersagliat­o dalle vendite, sfondando al ribasso la soglia dei 1.500 dollari l’oncia per scivolare ancora più giù, sotto quota 1.450.

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