«I positivi sono il triplo, più tamponi in Regioni con meno contagi»
Si a test su tutti i medici Dopo il Veneto si muovono anche Emilia e Toscana
«I positivi al Coronavirus sono molti di più di quelli censiti, perché c’è una larga fetta di asintomatici che non viene censita perché si fanno tamponi solo a chi ha i sintomi: in gran parte si tratta di individui sotto i 50 anni, sani, che però sono un rischio perché sono contagiosi. Per questo nelle Regioni dove non ci sono già tanti casi e un’emergenza in corso come quella a cui assistiamo in Lombardia che ha altre priorità bisogna fare più tamponi possibili, soprattutto alle categorie a rischio come medici e infermieri forze dell’ordine o chi lavora nei supermercati, per evitare che con la diffusione del contagio nel baratro ci finisca tutta l’Italia ».
Sergio Romagnani è professore emerito di Immunologia dell’Università di Firenze e parla dopo aver letto lo studio sui 3mila abitanti di Vo’ Euganeo realizzato da Andrea Crisanti, direttore dell'unità di Microbiologia e Virologia dell’azienda ospedaliera di Padova: «È stato un mio discepolo. Questo studio per quanto limitato è illuminante e conferma anche altre ricerche che dicono la stessa cosa e cioè che gli asintomatici positivi al virus sono il 50-75%». Un numero grande che quindi fa stimare che i positivi reali «siano molto di più, almeno il triplo» rispetto a quelli censiti, assicura Romagnani. Che cita lo studio su Vo’ Euganeo dove dopo i tamponi a tutta la cittadinanza da qualche giorno i contagi sono a zero: «Su 58 pazienti infettati - avverte Romagnani - è risultato che 25 avevano i sintomi, mentre 33 erano asintomatici, persone cioè sane soprattutto giovani sotto i 50 anni. Averli individuati e isolati ha permesso di bloccare i contagi». Per l’immunologo fiorentino è dunque necessario fare ora come ha deciso il Veneto. E cioè spingere sul ricorso ai tamponi il più possibile cominciando dalle categorie più esposte «nelle Regioni dove ancora non ci sono molti casi, in modo da fare prevenzione e individuare tutti i possibili casi positivi, a partire soprattutto dai medici e dal personale sanitario: se qui ci sono degli infetti asintomatici il rischio di contagiare pazienti e anziani è molto alto ed è lì che ci sono le categorie più a rischio». Un modello quello veneto a cui cominciano a ispirarsi altre Regioni: l’Emilia-Romagna presenterà oggi un piano di potenziamento dei tamponi, in particolare agli operatori del servizio sanitario. Sulla stessa linea la Toscana che darà avvio a uno screening di massa e acquisterà 500mila test seriologici, ovvero del sangue, ha annunciato il governatore Enrico Rossi: «Tuteleremo prima medici, infermieri e sanitari. Gli altri test su richiesta dei medici di famiglia saranno fatti da delle unità speciali ogni 30mila abitanti».
I Ieri eri aanchen che il CC omitatoomita tot tecnico ec nico scientifico che consiglia il Governo «ha raccomandato l’estensione del test con tampone al personale sanitario asintomatico ma che abbia avuto contatti diretti con pazienti affetti da Covid-19, e dunque più esposto al rischio». Una mezza retromarcia rispetto alla linea adottata finora. Anche se ieri Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto Oms ha voluto chiarire non c’è nessun cambiamento di rotta dell’Oms: «Non sono raccomandati screening di massa, specie in epidemia con trasmissione sostenuta come in Italia. Resta fermo di fare test su tutti i casi sospetti e tutti i contatti dei casi sospetti».
Intanto la conferma sulla presenza di molti positivi non censiti arriva anche da due studi diffusi ieri: uno italiano a cura di Gimbe e l’altro pubblicato su Science. Secondo il primo «gravità e tasso di letalità del Covid19 sono ampiamente sovrastimati perché andrebbero proporzionati al reale numero dei contagiati da coronavirus», che in Italia sarebbero già «100.000, di cui 70.000 non identificati perché lievi o asintomatici». La gravità della malattia in Italia, afferma il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, è «solo in apparenza più severa di quella cinese». Lo studio condotto sulla coorte cinese e pubblicato su Jama riportava, infatti, un tasso di letalità del 2,3%, molto più basso di quello che si vede in Italia, che ha raggiunto il 7,7%. Il motivo principale, oltre a una più elevata età media della nostra popolazione, è «che in Italia i tamponi vengono effettuati prevalentemente sui soggetti sintomatici», il che significa che «vediamo solo la punta dell’iceberg».
Significativa anche la pubblicazione su Science di uno studio condotto da scienziati dell’Imperial College di Londra e coordinato da epidemiologi della Columbia University a New York. Studio che rivela che per ogni caso confermato di covid-19 ci possono essere molto plausibilmente altri 5-10 casi «che girano» non individuati. Questi sono in genere con sintomi più leggeri e sono di per sé meno contagiosi (la metà, il 50%, dei casi confermati), ma sono nel complesso responsabili addirittura di quasi l’80% di tutti i nuovi casi di infezione.