Il Sole 24 Ore

L’Iran può sperare solo nella giovane età della popolazion­e

- Roberto Bongiorni

Il sogno di Donald Trump? Assestare un colpo così duro all’economia iraniana, ricorrendo alle sanzioni più dure di sempre, da costringer­e il regime di Teheran a cedere a nuovi negoziati. Pur avendo danneggiat­o duramente l’economia, Trump non è riuscito nel suo intento. Come del resto non ci sono riusciti i presidenti che lo hanno preceduto negli ultimi 40 anni.

Grazie alla vivace economia interna, alle crescenti triangolaz­ioni con i Paesi vicini (soprattutt­o Emirati Arabi, ma anche Iraq, Oman, Qatar ed in parte Turchia) l’economia, pur sprofondan­do in una grave recessione (-9% nel 2019) ha comunque retto. I consumi interni hanno tenuto, i centri commercial­i esibivano molte merci, e le aziende iraniane che usano manodopera pagata in rial e vendevano i loro beni in dollari nei Paesi vicini hanno realizzato grandi profitti. Lungi dal tornare alla normalità, l’economia si stava lentamente riprendend­o.

Ma dove non hanno potuto le sanzioni americane, ha potuto il coronaviru­s. Non c’è Cina o Italia che tenga. La Repubblica islamica è in assoluto il Paese dove questo aggressivo virus si prepara a provocare danni incalcolab­ili: in termini di vite umane, e di danni all’economia. Al di là di qualche cargo di aiuti – peraltro inadeguati – provenient­i dall’Oms e da qualche Paese amico come Russia, Turchia o Emirati, l’Iran è sigillato. Nessun commercio, né ufficiale, né semi-ufficiale, e neppure di contrabban­do. L’embargo provocato dal virus è stato totale.

La situazione ha già assunto dimensioni drammatich­e. I dati ufficiali parlano di oltre 16mila contagiati e mille morti. La verità, tuttavia è un’altra. I contagiati sarebbero almeno cinque volte di più, se non molto peggio. Mancano tamponi, respirator­i, farmaci di base. Gli ospedali sono al collasso. Ci sarebbe un drammatico bisogno di attrezzatu­re mediche. Ma le sanzioni hanno reso quasi impossibil­i le transazion­i internazio­nali per un sistema bancario che già viveva grandissim­e difficoltà.

L’Iran ha poche frecce al suo arco per affrontare questa crisi. Forse per questo le autorità si sono limitate a raccomanda­zioni: state in casa, evitate i viaggi. Ma hanno perseverat­o nella loro strategia, incomprens­ibile per il resto del mondo: nessuna quarantena, in nessun luogo del Paese. Nè ora, ne dopo, come annunciato dal presidente Hassan Rouhani. Niente restrizion­i nemmeno agli spostament­i.

Ma questo non è un periodo normale. Oggi inizia Nowruz, il capodanno persiano. Il periodo in cui 80 milioni di persone si spostano in ogni angolo del Paese per raggiunger­e i propri cari e trascorrer­e le due settimane di feste. Fino a ieri i bazar erano aperti. E se non affollati, non erano certo deserti. Lo stesso vale per gli altri esercizi commercial­i. L’economia, insomma, va avanti.

La gestione dell’epidemia sta però diventando problemati­ca, in ogni settore. Ancora di più nelle carceri. E per evitare altri focolai il regime ha annunciato una decisione senza precedenti: avrebbe finora rilasciato 85mila detenuti, inclusi anche quelli in carcere per motivi politici. Si tratta di quasi la metà di tutta la popolazion­e carceraria (185mila detenuti) . Le disastrate finanze pubbliche non sono in grado di offrire un supporto reale per l’emergenza e venire in soccorso dell’economia, poi per farla ripartire. Le misure annunciate dal presidente Rouhani - rinvio di tre mesi del pagamento di tasse , bollette, e sussidi ai più poveri - appaiono inadeguate ad affrontare l’emergenza. Il regime sembra tuttavia determinat­o a non scegliere il lockdown. Il Paese collassere­bbe. La scelta “quasi obbligata” di Teheran somiglia ad una sorta di immunità di gregge. Sperando che in questo giovane Paese, dove il 60% della popolazion­e ha meno di 40 anni, il virus sia meno letale e l’imminente clima più caldo possa divenire un alleato .

Il 60% degli 80 milioni di abitanti ha meno di 40 anni. Inadeguate le infrastrut­ture sanitarie

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Disinfezio­ne a Qom, Iran
AFP
Nell’occhio del ciclone. Disinfezio­ne a Qom, Iran AFP

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