Sui rischi il datore applica le leggi speciali
Le misure da seguire non danno margini di discrezionalità
L’emergenza da Covid-19 ha dimensioni sovranazionali e sta interessando la quasi totalità del nostro territorio nazionale. Questa emergenza sanitaria ha richiesto l’individuazione e l’applicazione di misure precauzionali e programmi di profilassi, elaborati in sede nazionale ed europea. Si tratta, in altri termini, di un’emergenza di rischio sanitario particolarmente diffusivo e connesso all’insorgenza di una patologia che unisce trasversalmente tutti i soggetti che operano e interagiscono nelle comunità. Per tali motivi, il tipo di emergenza ha fatto sì che intervenissero direttamente i Governi e le istituzioni sanitarie, scientifiche e di ricerca. In altre parole, si sta affrontando un’emergenza di ordine pubblico che richiede leggi speciali le quali, secondo un principio generale dell’ordinamento, derogano alle leggi precedenti.
In particolare, è stato sollevato in dottrina e nei media il dubbio se i datori di lavoro debbano effettuare un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi o se, al contrario, debbano limitarsi a dare attuazione, nelle proprie imprese, a tutte le misure stabilite dalle norme speciali. Per sciogliere il dubbio è necessario stabilire prioritariamente quale sia la natura dell’obbligo di valutazione dei rischi regolamentato dagli articoli 17, 28 e 29 del decreto legislativo 81/2008. Semplificando, possiamo dire che tale obbligo consiste in un’attività non delegabile da parte dei datori, da svolgersi con la collaborazione professionale dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione, la quale comprende sia l’individuazione di tutti i rischi professionali per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti da attività, attrezzature e ambienti di lavoro, sia la determinazione delle misure di prevenzione e protezione necessarie per neutralizzare o limitare i rischi. Come si vede, si tratta di attività caretterizzate da una completa autonomia decisionale, valutativa, gestionale e organizzativa da parte dei datori. Infatti, è proprio a causa di tale autonomia decisionale che, poi, inevitabilmente, il datore di lavoro e i suoi collaboratori gerarchici dovranno rispondere anche penalmente, in caso di danni da lavoro.
Al contrario, nel caso dell’emergenza coronavirus, in forza delle norme speciali obbligatorie, di ordine pubblico sorrette da sanzione penale, emanate da Governi e Regioni, l’autonomia decisionale dei datori viene meno e questi non hanno altra alternativa che dare attuazione agli obblighi dettati da tali norme speciali, che derogano all’ordinario obbligo generale di valutazione dei rischi del decreto 81/2008. Gli obblighi del decreto 81 non vengono abrogati, ma rimangono in vigore per l’ordinarietà.
In conclusione, i datori, rispetto al coronavirus, dovranno dimostare di aver attuato tutte le misure di prevenzione e protezione specifiche, dettate dalle norme speciali emergenziali e non dovranno, al contrario, dimostrare di aver effettuato un aggiornamento della valutazione dei rischi con interventi di autonomia gestionale eventualmente anche difformi da quelli previsti dalle norme speciali.
Infine, va sottolineato che gli obblighi di ordine pubblico rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 650 del Codice penale (Innoservanza dei provvedimenti dell’autorità) secondo cui, “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato (337, 338, 389, 509), con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.