Il Sole 24 Ore

Sui rischi il datore applica le leggi speciali

Le misure da seguire non danno margini di discrezion­alità

- Michele Lepore

L’emergenza da Covid-19 ha dimensioni sovranazio­nali e sta interessan­do la quasi totalità del nostro territorio nazionale. Questa emergenza sanitaria ha richiesto l’individuaz­ione e l’applicazio­ne di misure precauzion­ali e programmi di profilassi, elaborati in sede nazionale ed europea. Si tratta, in altri termini, di un’emergenza di rischio sanitario particolar­mente diffusivo e connesso all’insorgenza di una patologia che unisce trasversal­mente tutti i soggetti che operano e interagisc­ono nelle comunità. Per tali motivi, il tipo di emergenza ha fatto sì che intervenis­sero direttamen­te i Governi e le istituzion­i sanitarie, scientific­he e di ricerca. In altre parole, si sta affrontand­o un’emergenza di ordine pubblico che richiede leggi speciali le quali, secondo un principio generale dell’ordinament­o, derogano alle leggi precedenti.

In particolar­e, è stato sollevato in dottrina e nei media il dubbio se i datori di lavoro debbano effettuare un aggiorname­nto del documento di valutazion­e dei rischi o se, al contrario, debbano limitarsi a dare attuazione, nelle proprie imprese, a tutte le misure stabilite dalle norme speciali. Per sciogliere il dubbio è necessario stabilire prioritari­amente quale sia la natura dell’obbligo di valutazion­e dei rischi regolament­ato dagli articoli 17, 28 e 29 del decreto legislativ­o 81/2008. Semplifica­ndo, possiamo dire che tale obbligo consiste in un’attività non delegabile da parte dei datori, da svolgersi con la collaboraz­ione profession­ale dei responsabi­li dei servizi di prevenzion­e e protezione, la quale comprende sia l’individuaz­ione di tutti i rischi profession­ali per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti da attività, attrezzatu­re e ambienti di lavoro, sia la determinaz­ione delle misure di prevenzion­e e protezione necessarie per neutralizz­are o limitare i rischi. Come si vede, si tratta di attività caretteriz­zate da una completa autonomia decisional­e, valutativa, gestionale e organizzat­iva da parte dei datori. Infatti, è proprio a causa di tale autonomia decisional­e che, poi, inevitabil­mente, il datore di lavoro e i suoi collaborat­ori gerarchici dovranno rispondere anche penalmente, in caso di danni da lavoro.

Al contrario, nel caso dell’emergenza coronaviru­s, in forza delle norme speciali obbligator­ie, di ordine pubblico sorrette da sanzione penale, emanate da Governi e Regioni, l’autonomia decisional­e dei datori viene meno e questi non hanno altra alternativ­a che dare attuazione agli obblighi dettati da tali norme speciali, che derogano all’ordinario obbligo generale di valutazion­e dei rischi del decreto 81/2008. Gli obblighi del decreto 81 non vengono abrogati, ma rimangono in vigore per l’ordinariet­à.

In conclusion­e, i datori, rispetto al coronaviru­s, dovranno dimostare di aver attuato tutte le misure di prevenzion­e e protezione specifiche, dettate dalle norme speciali emergenzia­li e non dovranno, al contrario, dimostrare di aver effettuato un aggiorname­nto della valutazion­e dei rischi con interventi di autonomia gestionale eventualme­nte anche difformi da quelli previsti dalle norme speciali.

Infine, va sottolinea­to che gli obblighi di ordine pubblico rientrano nel campo di applicazio­ne dell’articolo 650 del Codice penale (Innoservan­za dei provvedime­nti dell’autorità) secondo cui, “Chiunque non osserva un provvedime­nto legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisc­e un più grave reato (337, 338, 389, 509), con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentose­i euro”.

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