LIQUIDITÀ, I DETTAGLI DEL DECRETO ORA SARANNO DETERMINANTI
Il diavolo sta nei dettagli. Ciò giustifica la lunga gestazione del decreto del governo per definire i provvedimenti di intervento a sostegno delle famiglie e delle imprese colpite dall’emergenza sanitaria. I dettagli riguardano non tanto le somme stanziate, che probabilmente dovranno aumentare ancora, quanto piuttosto la rapidità di erogazione effettiva degli aiuti a chi ha subìto perdite, la natura di questi aiuti e la definizione attenta dei criteri per l’individuazione di chi dovrà riceverli e in che misura. L’impatto economico, oltre che sociale, dell’intervento dipenderà da questi dettagli che, di conseguenza, configurano la sostanza dell’intervento. Cerchiamo di fare un poco di chiarezza.
Il decreto del governo è complesso, ma dal punto di vista economico gli interventi si possono distinguere (a parte quelli di copertura connessi all’emergenza sanitaria) in due categorie: gli interventi di ristoro immediato delle perdite subite dai vari percettori di reddito e gli interventi diretti a far fronte a problemi di liquidità di imprese e famiglie. Appartengono alla prima categoria l’estensione della cassa integrazione in deroga e altri sussidi per autonomi e altre categorie. Sono invece interventi sulla liquidità quelli che rimandano i pagamenti di tasse, contributi, rate di mutuo e altre scadenze connesse ai crediti bancari. I provvedimenti di questa seconda categoria spostano i problemi di liquidità da famiglie e imprese allo Stato o alle banche, le quali a loro volta possono girare il problema a garanzie di Stato. Se il rinvio è breve, lo Stato può far fronte ai problemi temporanei di cassa, altrimenti dovrà approvvigionarsi sul mercato con emissioni anticipate, anche se non necessariamente addizionali, di titoli di Stato.
Il rinvio dei pagamenti non significa però che essi siano stati cancellati. E, forse, non basta intervenire dal lato della liquidità. Vi sono delle scelte più complesse da compiere e qui entrano in campo i dettagli. Non sappiamo ancora quanto lungo sarà il periodo di arresto dell’economia e quindi il danno economico effettivo in termini di perdita di produzione e di reddito, ma si porrà il problema di come evitare che questo determini una riduzione prolungata di capacità produttiva e quindi una recessione oltre il breve termine. Ciò significa che la decisione politica, e il messaggio conseguente deve essere chiaro, riguarda l’opportunità e la possibilità che lo Stato copra parte delle perdite subite dalle attività economiche per un fattore esogeno come quello determinato dal contagio. Non si tratta di un problema solo sociale, ma di minimizzare la durata dell’impatto di queste perdite sull’economia.
Se, per chiarire, immaginiamo per l’anno in corso una contrazione del Pil, rispetto al trend senza pandemia, vicina al 3%, ciò vuol dire che vi sarà una contrazione complessiva di redditi di oltre 50 miliardi. Una parte di questa contrazione si traduce in riduzione del gettito fiscale e contributivo che, se non accompagnata da riduzione della spesa pubblica, implica un ricorso a maggior deficit, seppur una tantum nella misura in cui vi sarà un rapido ritorno al trend precedente. Ma la parte restante del “buco” di reddito è bene che rimanga a carico dei “produttori” di reddito (redditi da lavoro, profitti, ecc.) o è bene mettere in campo un aiuto pubblico, cioè una immediata copertura da parte dello Stato, con sostegni “a fondo perduto” per essere chiari, di almeno una parte delle perdite?
Non stiamo parlando qui di interventi di stimolo complessivo all’economia, cioè di programmi di investimenti pubblici e altri interventi strutturali necessari alla crescita, sui quali è pur necessario ragionare, ma separatamente, anche in sede europea, per far fronte al previsto rallentamento dell’economia globale. Ci riferiamo qui a interventi diretti a compensare lo shock una tantum di breve periodo subìto da specifiche categorie di soggetti, perché esso non si rifletta negativamente nel prosieguo della loro attività.
Se questa è una descrizione, seppur sommaria, dello scenario da affrontare, è evidente che i due problemi essenziali sono: da dove reperire le risorse e come assegnarle rapidamente. Per ciò che riguarda il primo, dall’Europa ci possiamo aspettare solo che non vengano frapposti ostacoli all’indebitamento, e quindi la sostanziale sospensione temporanea delle regole del patto di stabilità. Ciò vuol dire che sarà necessario collocare sul mercato una emissione addizionale di titoli di Stato il cui ammontare si dovrà avvicinare probabilmente ai 50 miliardi. È in grado il mercato di assorbirla senza un impatto ingestibile sullo spread? Io penso che l’abbondanza di risparmio, sia in Italia sia nel mondo, lo consenta, ma solo se si sarà molto chiari sulla destinazione vincolata e sulla credibilità del carattere una tantum del maggior deficit che si chiede di sottoscrivere. Sono state avanzate molte proposte interessanti su come disegnare una emissione “straordinaria” di scopo e importante sarà anche la coerenza dell’azione di stabilizzazione dei mercati portata avanti dalla Bce.
Ma non meno importante, e di forse maggiore complessità tecnica, è il secondo problema: la definizione immediata dei criteri rigorosi di assegnazione degli aiuti, se questa sarà la scelta, e al tempo stesso dei canali che consentono la massima rapidità di erogazione effettiva. A questo fine, sono da preferire erogazioni automatiche da sottoporre poi a verifiche e conguagli. La fatturazione elettronica, ad esempio, consente stime di contrazione di fatturato e quindi delle perdite potenzialmente subite. Sarebbe un problema per chi fino a oggi è riuscito a evadere, ma credo che ce ne potremmo fare una ragione.
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