Voto a distanza: pressing Pd-Lega L’ipotesi commissione speciale
Frena il M5S, Fico perplesso Oggi è convocata la Capigruppo del Senato Allo studio l’accorpamento dei decreti coronavirus con gli emendamenti
E se la quarantena, o la malattia, costringerà a casa un numero di parlamentari tale da non poter permettere neanche il voto “contingentato”, in proporzione ai gruppi, con la presenza della metà più uno dei componenti? Proprio nel giorno in cui il Parlamento spagnolo si riunisce in modalità “leggera” - con soli 5 presenti e ben 259 votanti con l’e-voting - il pressing per permettere il voto a distanza cresce. «L’alternativa - è l’allarme del deputato del Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti - è lo svuotamento di fatto del Parlamento con la reiterazione dei decreti legge». In attesa di poter cambiare i Regolamenti, Ceccanti suggerisce che «nulla vieta in questa fase straordinaria che una circolare di ciascun presidente delle Camere, previo parere unanime della Giunta per il Regolamento, istituisca una commissione speciale per l’esame dei decreti legge in corso di conversione che operi in sede redigente in videoconferenza seguita poi dal voto a distanza dell’Aula sugli articoli e sul testo finale».
Favorevoli alla possibilità del voto a distanza sono soprattutto il Pd e la Lega. Maggiori perplessità, invece, dal M5s. «Il Parlamento è nelle condizioni di fare il suo mestiere, vedo i parlamentari che si riuniscono on line, poi prenderemo le decisioni fisicamente con le dovute cautele», ha detto il ministro pentastellato per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. Cautela è stata espressa nei giorni scorsi dallo stesso presidente della Camera Roberto Fico, ma le sue sono perplessità più di ordine pratico che ideologico. «Ben venga il dibattito, prenderemo le decisioni strada facendo – si fa sapere dalla presidenza di Montecitorio – Per ora andiamo avanti con il lavoro delle commissioni e con la presenza ridotta in Aula». Contro il voto a distanza ci sono per altro anche questioni di opportunità politica, come sottolinea l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi: «Il Parlamento si deve riunire, il coronavirus c’è anche per le infermiere di Bergamo, per i trasportatori campani, per le cassiere fiorentine, per i medici in tutta Italia. Loro lavorano, noi no?».
Intanto l’ultimo decreto approvato dal Cdm prevede le riunioni telematiche per le Giunte e i Consigli comunali e provinciali. Oltre a prevedere lo slittamento di sei mesi del termine per l’indizione del referendum confermativo sul taglia del numero dei parlamentari (per lo slittamento delle regionali, che si terranno a questo punto in autunno, si interverrà nei prossimi giorni tramite un altro decreto).
C’è poi la questione della gestione dei provvedimenti in Parlamento, in primis i decreti legge, che sarà oggi affrontata dalla Conferenza dei capigruppo del Senato, chiamata ad aggiornare il calendario dei lavori. E, soprattutto, a fissare le modalità di svolgimento del dibattito sulle comunicazioni alle Camere del premier, Giuseppe Conte, previste per mercoledì 25 marzo, in vista del prossimo Consiglio europeo. Numerose le opzioni sul tavolo, a Palazzo Madama come a Montecitorio, che si scontrano però con diverse scuole di pensiero tra le forze politiche, comprese quelle della maggioranza: dalla riattivazione di una commissione speciale unica per ogni ramo del Parlamento, come è avvenuto all’inizio delle ultime due legislature, alle deroghe ai regolamenti per consentire l’esame congiunto di due o tre Commissioni in sede legislativa e deliberante anche dei decreti legge.
L’unico punto fermo, o quasi, oltre alla volontà di non chiudere per nessun motivo il Parlamento, al momento è rappresentato dall’accorpamento, ormai sostanzialmente scontato, nelle prossime settimane in un unico provvedimento, facendo leva su due probabili maxi-emendamenti, dei tre decreti fin qui varati dal Governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus: il primo (n.9/2020), messo a punto all’inizio di marzo, seguito poi da quello per contenere la ricaduta dell’epidemia sull’attività giudiziaria (n. 11/2020) e dall’ultimo provvedimento urgente, quello denominato “Cura Italia”.
Il tutto dovrà avvenire con un iter rapido senza dover ricorrere alla reiterazione obbligata dei Dl. Di qui l’idea di istituire una commissione parlamentare speciale in ogni Camera, rappresentativa del “peso” dei singoli gruppi, sulla falsariga di quella formata all’inizio della legislatura in attesa della nomina dei presidenti dei “parlamentini”, sulla base dell’articolo 22 del regolamento di Montecitorio e dell’articolo 24 di quello del Senato, che prevede anche, all’articolo 35, la possibilità di assegnare a questi organismi singoli provvedimenti in sede deliberante. E a suggerire la concessione della “deliberante” è anche il vicepresidente della commissione Bilancio del Senato, Dario Stefano, (Pd), che propone «una deroga in via del tutto eccezionale» al regolamento di Palazzo Madama per concludere l’iter dei decreti-Covid 19. In questo caso l’esame del testo dovrebbe essere affidato solo a due commissioni: la Bilancio e l’Affari costituzionali o la Lavoro.