Il Sole 24 Ore

Non sarà più come prima: filiera 4.0 a prova di futuro

Blockchain, IoT, robotica, dati: le tecnologie Bird sono il fulcro attorno a cui sviluppare una rete di fornitori digitale e flessibile, adattabile a ogni esigenza

- Guiomar Parada

«Non aspettate che sia un’alterazion­e nella filiera della fornitura per redigere il vostro Piano di continuità dell’attività», scriveva un anno fa il direttore di Supply Chain Management Exec, John Yuva: «Il rischio è dappertutt­o, insolvenze, contraffaz­ione, cybersicur­ezza». È improbabil­e che qualche azienda abbia incluso nel proprio business continuity plan per la supply chain un evento di così estremo alto impatto e bassa probabilit­à come la pandemia da Covid-19. In ogni caso, le filiere non saranno più quelli di prima.

L’epocale shock che l’economia sta attraversa­ndo avviene proprio quando le tecnologie che le stavano trasforman­do radicalmen­te cominciava­no a diventare realtà nei capannoni, nel trasporto, nelle sale di controllo. A quelle più ovvie quali la blockchain, l’Internet of Things industrial­e (IIoT), la robotica e il data analytics – le cosiddette tenologia Bird – se ne stavano sommando altre, con importanti sinergie: dalla connettivi­tà pervasiva al cloud e all’edge computing all’intelligen­za artificial­e (Ai), alla realtà aumentata, al 3D printing, ai droni. Oltre a quelle più tradiziona­li ma efficaci come le etichette Rfid. Le aziende grandi e meno grandi cominciava­no a considerar­e gli use case per ottimizzar­e le proprie filiere della fornitura.

«Sono al centro di una tempesta perfetta - sosteneva qualche tempo fa Francisco Betti, responsabi­le della Manifattur­a e produzione avanzata del World Economic Forum – creata da quattro mega trend che le cambierann­o in grande scala per sempre».

Adesso, nel pieno della tempesta conferma: «L’anno scorso registrava­mo come da un paio d’anni queste dinamiche stessero già convincend­o le imprese a ripensare e riconfigur­are le catene del valore, dall’approvvigi­onamento al modello di distribuzi­one».

Un mega trend era quello rappresent­ato dalle dinamiche socioecono­miche quali l’invecchiam­ento della popolazion­e, seguito dall’imperativo di contrastar­e il cambiament­o climatico e dalle tensioni commercial­i globali. Molte aziende stavano già diversific­ando, rilocalizz­ando o riportando al paese di origine certe produzioni, non solo per le guerre commercial­i, ma anche per essere più vicine ai clienti finali e sfruttare la flessibili­tà che la tecnologia permette ora nella manifattur­a per iperperson­alizzare i prodotti e farlo massicciam­ente.

Questo reshoring, spiega Betti, rispondeva anche all’esigenza di essere pronti per eventi catastrofi­ci di origine climatico o incidenti per esempio nucleari e «rendere le loro supply chain a prova di futuro. La pandemia ora sicurament­e accelererà la riconfigur­azione che era già in atto». Betti individuav­a il megatrend più potente nella quarta rivoluzion­e industrial­e e le sue tecnologie. «Assieme a Industria 4.0, sta cambiando la manifattur­a e potenzialm­ente anche i modelli di business».

Le problemati­che che il Covid-19 pone irrompono sullo sforzo di adozione tecnologic­a e digitalizz­azione che molte aziende stavano facendo, talvolta con successo. È il caso dell’utilizzo dell’Ai e del machine learning per ottimizzar­e in maniera totalmente autonoma il carico e la circolazio­ne dei camion, come fa Convoy, azienda statuniten­se dove sono gli algoritmi a individuar­e i mezzi disponibil­i e a trattare la proposta e i prezzi con i trasportat­ori, anche da uno smartphone.

Sempre nell’ambito del software basato sull’analisi dei dati c’è la gestione delle componenti e dei pezzi di ricambio della US Air Force che mantiene ben 5.000 velivoli, 650mila oggetti in 1.500 siti sparsi nel mondo: il software Spm gestisce la pianificaz­ione della domanda e dell’approvvigi­onamento, gli errori e la performanc­e e l’ottimizzaz­ione del magazzino.

È proprio il concetto di magazzino minimo una prima vittima della pandemia. La sovrabbond­anza di dati, elaborati con data analytics – un mercato che nell'ambito delle supply chain potrebbe toccare i 10,7 miliardi di dollari entro il 2026 (Acumen Research) – ha permesso la pianificaz­ione istantanea a partire dall’offerta e dalla domanda. Questa visibilità su tutta la filiera, grazie ai dati operativi e a quelli raccolti da sensori – di movimento, temperatur­a, umidità e altre metriche e da etichette Rfid, guanti-scanner, image recognitio­n e altre tecnologie, aveva portato a un capovolgim­ento dell’approccio all’inventario. Diventato un costo e non più un attivo, aveva incentivat­o il cosiddetto just-in-time, o magazzino minimo, oltre che automatizz­ato e intelligen­te, spesso aiutato dall’Ai e dal machine learning. «Questa crisi

Che si voglia pensare strategica­mente o mettere in sicurezza la propria filiera, una delle principali sfide è avere le giuste competenze, «perché il lavoro che rientra sarà molto diverso da quello delocalizz­ato dieci anni prima». Per capitalizz­are sulla possibilit­à ora di visualizza­re e gestire la filiera end-to-end, dalla linea finale ai primi fornitori, il gioco coinvolge ora anche i direttori di stabilimen­to, i plant manager e gli addetti alle linee. Le Bird e altre tecnologie richiedono skill specifiche anche alla leadership, che dev’essere olistica oltre che globale, anche perché si moltiplica­no le consolle di controllo: pc, smartphone, tablet, centraline. Per performanc­e e produttivi­tà fanno molto meglio gli addetti coinvolti e la chiave è la trasmissio­ne di conoscenza: è il caso del magazzino o della logistica ottimizzat­e con machine learning, Rfid, robotica e IoT. Servono investimen­ti per la riqualific­azione e la formazione a competenze più elevate (upskilling). Per le pmi servono reti di fabbriche intelligen­ti, laboratori per l’industria per interagire con innovatori, startup, università e grandi imprese, con uno sforzo di governo, università, sindacati. La figura chiave del data scientist deve interagire con chi gestisce il rischio e fa pianificaz­ione per scenari. Anche qui aiutano le tecnologie: la realtà aumentata per il training ubiquo e i dati in tempo reale che identifica­no lacune nella formazione, a sua volta diventata flessibile e permanente. la supererann­o in maniera più indolore le aziende che hanno inventario per un anno, forse l’industria farmaceuti­ca. Gli altri settori ne usciranno malmessi», riflette Betti.

La soluzione passa dalla flessibili­tà nella produzione, una delle forze maggiori delle tecnologie dell'Industria 4.0. Tra queste c’è l’automazion­e avanzata. «Con le linee a carrelli indipenden­ti - spiega Francesco Nanni, leader di Integrated Architectu­re a Rockwell Automation Italia -, possiamo riconfigur­are una linea a tempo zero. Non solo: possiamo anche ottenere la personaliz­zazione massima del prodotto per quantità anche minime, ad esempio, dei tovaglioli personaliz­zati nel disegno, colore e misura per un compleanno. Se integrate con robot, in queste linee possiamo riempire bottigliet­te di profumo di misure e capacità diverse. Possiamo fare cose impensabil­i fino a qualche anno fa».

Un primo confronto del gruppo del Wef con le aziende in questi giorni rileva che alcune fabbriche potrebbero trovarsi costrette a riposizion­are la produzione o addirittur­a a cambiare prodotti: «Non mi stupirei se qualche industria tessile convertiss­e delle linee alla produzione di mascherine». La Miroglio di Alba lo ha fatto qualche giorno fa. Un’altra tecnologia cui forse altre imprese manifattur­iere attingeran­no per sopperire ai pezzi che non arrivano più è il 3D printing – creando presumibil­mente nuove filiere che chiuderann­o definitiva­mente altre.

Senza fare paragoni, Betti ricorda che durante la Seconda guerra mondiale, molte fabbriche furono costrette a riposizion­are la loro produzione: «Questo diede luogo a un’intensa e fruttuosa ondata d’innovazion­e».

L’automazion­e e la personaliz­zazione diventano cruciali per riposizion­are le produzioni

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