L’incognità liquidità e i conti in affanno del decreto salva tutti
La lunga suspense sulla sospensione dei versamenti fiscali, chiusa con la norma in Gazzetta Ufficiale più di 24 ore dopo la scadenza, già parlava chiaro, e indicava in modo efficace l’affanno nei conti del decreto anticrisi, confermato dall’idea evocativa della “menzione” d’onore per chi ha scelto comunque di pagare le tasse. Un affanno che ha animato il complicato lavoro di costruzione della relazione tecnica, e che percorre tutte le tabelle delle sue 75 pagine. Il messaggio è inequivocabile: il decreto fa quel che può, mentre il Tesoro deve cercare la liquidità prossima ventura in mezzo allo smottamento dei mercati. E per i prossimi passi si spera nell’Europa.
Viaggiando tra i numeri si incontrano per esempio quelli per la Cassa integrazione universale e per gli altri ammortizzatori sociali. Lo sforzo è davvero importante perché 4,3 miliardi tra Cassa in deroga e Fondo per l’integrazione salariale non sono una cifra da poco. Ma tutti i calcoli sugli stanziamenti, puntualizza la relazione tecnica, si basano sull’ipotesi che la durata media nell’utilizzo dell’ammortizzatore sociale sia di un mese. Mentre nessuno può ragionevolmente immaginare che in un solo mese si possano archiviare le ricadute economiche di una crisi sanitaria destinata a cambiare radicalmente geografia e connotati dell’economia del Paese. Ma nell’Italia diventata improvvisamente zona rossa da Vipiteno a Capo Passero proprio mentre il decreto prendeva forma, la platea delle persone da assistere si è fatta sterminata. Impensabile allora fare ipotesi più realistiche.
Anzi. In più di un caso è stato impossibile anche trovare i soldi necessari a garantire l’aiuto di base a tutti i possibili destinatari individuati dall’analisi tecnica. Nasce così l’idea del click day per concorrere ai 600 euro di una tantum destinati ai lavoratori autonomi in genere, e le tante misure “a rubinetto” destinate a riguardare davvero solo i più rapidi fra i potenziali beneficiari. In una corsa che si colora da guerra fra poveri. Perché il rubinetto non è un inedito nella complicata politica economica italiana. Ma un conto è ipotizzare il numero chiuso quando si distribuisce un bonus fiscale per gli investimenti, altra storia è far scattare tagliole quando in gioco ci sono i permessi per assistere i famigliari disabili.
Per tessere questa coperta inevitabilmente stiracchiata il decreto chiama a raccolta anche gli spiccioli nascosti fra le mitologiche “pieghe del bilancio”, compresi 213 milioni all’anno che si liberano per gli interessi legati alle quote non utilizzate del fondo salva-banche costruito a fine 2017. Ma non basta. Il prologo delle prossime puntate arriva nel penultimo comma del provvedimento, che autorizza a utilizzare per l’emergenza «le risorse che si renderanno disponibili nell’ambito dei programmi comunitari 2014/2020». Perché anche i conti europei hanno le “pieghe”. Anzi, per ora hanno solo quelle.
Per la Cassa integrazione somme enormi ma bastano per l’utilizzo di un solo mese perché la platea è vasta
Click day e aiuti a rubinetto per la carenza di fondi rischiano di trasformarsi in una guerra fra poveri