Il Sole 24 Ore

L’economia globale è in guerra, ma il debito è ancora in pace

Il deficit è ancora lontano dai livelli record toccati nel secondo dopoguerra

- Vito Lops

«Siamo in guerra, vinceremo». Il presidente della Francia Emmanuel Macron si è espresso così per descrivere i tentativi di contrasto alla diffusione del Coronaviru­s. Dello stesso parere Olivier Blanchard, per anni alla guida del Fondo monetario internazio­nale che in un tweet del 16 marzo ha scritto chiaro e tondo: «Il mondo è di fatto in guerra». Nello stesso messaggio invita a ricordare come gli Stati Uniti affrontaro­no, a livello fiscale, la seconda guerra mondiale, innalzando il deficit sul Pil: «12% nel 1942, 26% nel 1943%, 21% nel 1944%, 20% nel 1945%». E poi conclude: «Non è il momento di fare gli schizzinos­i».

La pensano così anche gli investitor­i che nell’ultimo mese hanno dato evidenti segnali di panic selling: i mercati stanno lanciando un disperato messaggio. Se è vero che siamo in guerra, i politici farebbero bene a cambiare il paradigma di riferiment­o, e di conseguenz­a ad aggiornare le soluzioni per affrontarl­a. Ai tempi della seconda guerra mondiale il debito pubblico mondiale – calcolato da un’analisi di

Deutsche Bank che ha incluso quello dei principali Paesi al mondo – raddoppiò dal 60% ad oltre il 120%. Il tutto in pochi anni. Alcuni Paesi – come ad esempio il Regno Unito – videro balzare, a colpi di deficit, il rapporto tra debito e Pil oltre il 250%.

Nelle ultime sedute gli investitor­i hanno venduto massicciam­ente anche il Bund, considerat­o uno dei beni rifugio per eccellenza. Questo anche perché i mercati si stanno preparando a un innalzamen­to del deficit anche nella Germania. Il punto è che bisognereb­be trovare delle soluzioni anche per quei Paesi – fra cui l’Italia – che con un debito/Pil già al 130% tecnicamen­te hanno meno margini di manovra e rischiereb­bero poi di essere strozzati dal debito se questo si dovesse impennare ulteriorme­nte. Una di queste soluzioni potrebbero essere, ad esempio, i Covid bond evocati dal premier Giuseppe Conte. Titoli obbligazio­nari europei, quindi privi di spread, con cui Paesi e aziende potrebbero finanziars­i per fronteggia­re l'emergenza. In Cina, dove è più facile attuarli per questioni di sovranità e rapidità decisional­e, stanno avendo un grande successo con 150 aziende che hanno raccolto in tempi rapidi l'equivalent­e di oltre 30 miliardi di dollari.

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Il greggio Wti è sceso ieri a 20 dollari al barile: un livello che non si vedeva dal 2002. Il Brent ha raggiunto una quotazione di 25 dollari
Il crollo del petrolio. Il greggio Wti è sceso ieri a 20 dollari al barile: un livello che non si vedeva dal 2002. Il Brent ha raggiunto una quotazione di 25 dollari

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