Troppe Pmi a secco di liquidità Il rischio di default raddoppia
Secondo modefinance, agenzia di rating fintech, per il 65% delle imprese italiane le probabilità di insolvenza potrebbero addirittura triplicare in caso di scenario molto avverso
Sotto stress.
Questione di tempo ormai: settimane o addirittura giorni, ma il coronavirus si abbatterà anche sul mondo produttivo italiano, la cui ossatura è composta da Piccole e medie imprese che risiedono soprattutto nel Nord del Paese, l’area al momento più colpita dalla diffusione dell’epidemia e quindi più soggetta al rallentamento economico. Gli episodi di fallimento saranno purtroppo inevitabili e le probabilità di chiudere i battenti portando i libri i tribunale potrebbero raddoppiare, se non addirittura triplicare nei prossimi 12 mesi a causa della crisi incombente.
A rilevarlo è uno «stress test» condotto da modefinance la prima Agenzia di Rating Fintech, che ha analizzato un campione rappresentativo di 187mila Pmi italiane con un fatturato compreso trai 2 e i 50 milio nidi euro, ipotizzando due scenari diversi rispetto a quello di base: nel caso mediamente negativo si stima un fatturato in calo mediamente del 4% nell’arco temporale di un anno, mentre in quello più grave la contrazione dei ricavi arriva almeno fino al 10% per tutte le aziende, più o meno colpite dall’attuale situazione o anche in grado di attivare misure di contenimento come lo smart working.
I problemi maggiori non sono ovviamente a carico delle imprese più affidabili, le prime della classe con rating «Tripla A» che sono in grado di superare con disinvoltura anche l’ipotesi più penalizzante, ma per quelle intermedie (rating da «Tripla B» a« B ») che rappresentano la grande maggioranza, circa il 65%, delle Pmi italiane. Per queste le probabilità di default salirebbero a causa dell’effetto Covid-19 dall’attuale 0,98% al 2,14% e addirittura al 3,29% nel caso dello scenario maggiormente avverso. Quest’ultimo valore – nota modefinance - supererebbe di gran lunga anche le probabilità di fallimento assegnate oggi ad aziende con merito di credito decisamente basso e pari alla «Tripla C» (2,38% al momento).
Peggio ancora andrebbe naturalmente per le aziende che occupano l’ultimo gradino del merito creditizio (rating «D», lo 0,34% del campione), per le quali le probabilità passerebbero da circa il 30% a quasi il 100%, per un default quindi quasi certo. Più in generale l’epidemia Covid-19 trasformerebbe di fatto la gran parte delle Pmi italiane società con merito di credito equilibrato automaticamente in junk, «spazzatura»: «un tema rilevante per l’economia – avverte Valentino Pediroda, A.d. di modefinance - perché diventano molte di più in termini assoluti le aziende a rischio fallimento, e al tempo stesso cruciale per le banche nel momento in cui si ritrovano in portafoglio un debito che da solvibile entra in area non performing».
L’Italia, pur arrivando con qualche settimana di anticipo alla resa dei conti essendo stata colpita in maniera rilevante dalla diffusione del virus per prima nel mondo occidentale, non è però l’unico Paese che si troverà nell’immediato futuro di fronte a fenomeni simili. Uno studio appena diffuso da S&P Global Ratings avverte infatti che l’improvviso e inatteso blocco economico dovuto al coronavirus «si tradurrà in un aumento dei fallimenti, con un tasso di default che fra le imprese non finanziarie destinato probabilmente entro i prossimi 12 mesi a salire oltre il 10% negli Stati Uniti e ad avvicinare questo livello anche in Europa». Nonostante i numeri in apparenza differenti, la dinamica indicata dall’agenzia di rating internazionale appare dal punto di vista qualitativo sostanzialmente simile a quella riscontrabile nel nostro Paese. Le differenze nei potenziali tassi di default sono infatti riferibili all’utilizzo di parametri diversi nella conduzione delle analisi: il modello previsionale For-ST (Forecasting-StressTest targato modefinance, per esempio, è alimentato da informazioni sia storiche, sia statistiche, e utilizza algoritmi di Intelligenza Artificiale per identificare gruppi di aziende (cluster) con caratteristiche comuni significative e simulare l’andamento della società e fino a 5 anni in base a diversi possibili scenari. Nel caso specifico Covid-19, partendo dall’assunto che, come primo effetto sulle imprese, l’emergenza si tradurrà in una contrazione dei ricavi delle vendite, è possibile agire sulla variabile fatturato per verificare l’impatto sull’andamento della società e sulla sua probabilità di default. In tal modo si ottengono informazioni rilevanti per l’impresa stessa, ma anche per le banche che seguono con attenzione l’evoluzione del suo merito creditizio. Cruciale, sotto questo aspetto, per l’efficacia dell’analisi stessa, ma anche per la gestione della successiva fase di difficoltà dell’impresa, è l’apporto delle nuove tecnologie. «In un momento di estrema difficoltà - sottolinea Pediroda -si mostra ancora più efficace l’unione delle forze tra soggetti tradizionali e Fintech: con la presa di coscienza del problema che stiamo vivendo, e la messa a disposizione di strumenti altamente evoluti, la complementarietà di tutti i soggetti in campo è diventata palese, e sarà ciò che permetterà di superare la crisi».