LE CONSEGUENZE DEL VIRUS PER LA RETE
Pochi giorni di crisi da coronavirus hanno cambiato il rapporto della gente con la tecnologia: smart working, elearning, ecommerce, un buon film in streaming, guardarsi in faccia e non perdere i contatti pur restando in casa. Con uno spartiacque: quelli che hanno la fibra fino a casa (FTTH) possono fare tutte queste cose, tutti contemporaneamente per tutto il tempo che serve. Gli altri devono gestire limiti e problemi, non hanno connessioni altrettanto affidabili in tutte le condizioni. Soprattutto hanno poca banda in upload. Sembrava uno scenario futuribile ma con la prima pandemia dell’era tecnologica è diventato l’attualità. Passerà con la crisi? Difficile dirlo ma, potendosela permettere, chi non vorrà ancora avere una connessione in fibra? Il problema è – e sarà – avere la disponibilità di una connessione FTTH. Se non la porta un operatore il suo costo è insopportabile per una famiglia normale.
Partiamo da questo punto di vista per analizzare il dibattito in corso sulla rete unica: fondere TIM e Open Fiber (OF). Un’operazione opportuna per l’Italia ma difficile, con due possibilità in sostanza: TIM acquisisce OF o viceversa.
Una premessa: qualunque delle due operazioni si scelga, finisce la breve stagione della concorrenza infrastrutturale sulla rete fissa che ha fatto ripartire il settore. Ma come finisce cambia nelle due alternative.
La prima opzione va valutata a partire dal risultato di uno studio fatto nel 2015 per il Piano Banda Ultralarga: nessuna opzione è peggiore per TIM di un operatore nazionale di fibra all’ingrosso (come OF) e nessuna più profittevole del prolungare la vita al proprio rame (usando ADSL, VDSL, FTTC, ecc.). Infatti, se le reti FTTH non sono necessarie, come in Spagna, o imposte dallo Stato, come in Giappone, sono state sviluppate principalmente da operatori alternativi. Ma in regime di mercato, come da noi, è difficile perché il management risponde agli azionisti e se i risultati a breve termine sono più importanti delle comunità locali, i piani di investimento a dieci anni non sono sostenibili perché la fibra, a chi ha il rame, fa fare meno profitti. E il bilancio di TIM non aiuta. Inoltre, la multa da 116 milioni di euro comminata dall'Antitrust a TIM il 25 febbraio per comportamenti anticompetitivi contro OF è un precedente significativo. I dettagli del provvedimento, che sono pubblici, non sono di buon auspicio. Quindi, non c'è da stupirsi se TIM rallenterà la cablatura in fibra quanto più possibile. Inoltre, l’accordo di scorporo con KKR, che dovrebbe realizzarsi entro l'estate, include solo la rete passiva, una brutta notizia per gli operatori alternativi che grazie a OF fanno concorrenza a TIM. In questo caso, finita la concorrenza infrastrutturale, dovremmo ragionevolmente aspettarci un incremento dei prezzi. Se al posto di KKR ci fosse CDP, avremmo qualche garanzia in più. Non si può privatizzare male anche OF (perché di questo si tratta), dopo la fallimentare privatizzazione di Telecom Italia, sarebbe diabolico. Infine, ci sarebbero enormi problemi regolamentari. I soldi con cui OF cabla nelle aree bianche e grigie sono fondi europei. Dovremmo convincere la UE che, anche sotto controllo di TIM, OF resta un operatore all’ingrosso neutrale. Ma dovremmo convincerne anche tutti gli altri operatori. Non facile.
Molti di questi problemi non ci sarebbero se invece OF controllasse la rete scorporata di TIM. Scomparirebbero i problemi regolamentari. La rete, il sistema nervoso del Paese, tornerebbe italiana. La NetCo avrebbe una sola chiara missione: realizzare una rete neutrale a prova di futuro con azionisti italiani (Enel e CDP), abituati a investire con tempi di ritorno lunghi e interessati a modernizzare il Paese. Se il progetto si realizzasse scorporando da TIM la parte di servizi invece della rete, sarebbe anche più veloce, con maggiore salvaguardia dell’occupazione e gli investimenti non si fermerebbero. Questa opzione avrebbe anche un altro vantaggio. Per il 5G e l’edge computing serve tanta fibra, che costa molto se non viene condivisa. La NetCo potrebbe sviluppare sia una rete mobile 5G sia una rete edge capillare e condivisa tra tutti gli operatori, come qualcuno sta già pensando sia in Italia sia all'estero. È importante perché il problema degli investimenti nel 5G è già grave e, se venisse esclusa Huawei come fornitore, facendo lievitare i costi, peggiorerà.
Purtroppo, l’opzione più dibattuta è la prima, la più difficile e ricca di incognite. Ma sono bastati i pochi giorni dall’inizio della crisi del coronavirus per chiarire a tutti l’importanza di reti di telecomunicazione veloci e affidabili per la sicurezza del Paese. Mi chiedo, quindi, che rischio sul loro futuro riterrebbe ragionevole accettare chi approvasse questa operazione? La risposta a questa domanda è il vero futuro di OF. Tutto il resto è soltanto un semplice gioco di legittimi interessi privati. *Università dell’Insubria
e SDA Bocconi