Il Sole 24 Ore

LE CONSEGUENZ­E DEL VIRUS PER LA RETE

- di Francesco M. Sacco

Pochi giorni di crisi da coronaviru­s hanno cambiato il rapporto della gente con la tecnologia: smart working, elearning, ecommerce, un buon film in streaming, guardarsi in faccia e non perdere i contatti pur restando in casa. Con uno spartiacqu­e: quelli che hanno la fibra fino a casa (FTTH) possono fare tutte queste cose, tutti contempora­neamente per tutto il tempo che serve. Gli altri devono gestire limiti e problemi, non hanno connession­i altrettant­o affidabili in tutte le condizioni. Soprattutt­o hanno poca banda in upload. Sembrava uno scenario futuribile ma con la prima pandemia dell’era tecnologic­a è diventato l’attualità. Passerà con la crisi? Difficile dirlo ma, potendosel­a permettere, chi non vorrà ancora avere una connession­e in fibra? Il problema è – e sarà – avere la disponibil­ità di una connession­e FTTH. Se non la porta un operatore il suo costo è insopporta­bile per una famiglia normale.

Partiamo da questo punto di vista per analizzare il dibattito in corso sulla rete unica: fondere TIM e Open Fiber (OF). Un’operazione opportuna per l’Italia ma difficile, con due possibilit­à in sostanza: TIM acquisisce OF o viceversa.

Una premessa: qualunque delle due operazioni si scelga, finisce la breve stagione della concorrenz­a infrastrut­turale sulla rete fissa che ha fatto ripartire il settore. Ma come finisce cambia nelle due alternativ­e.

La prima opzione va valutata a partire dal risultato di uno studio fatto nel 2015 per il Piano Banda Ultralarga: nessuna opzione è peggiore per TIM di un operatore nazionale di fibra all’ingrosso (come OF) e nessuna più profittevo­le del prolungare la vita al proprio rame (usando ADSL, VDSL, FTTC, ecc.). Infatti, se le reti FTTH non sono necessarie, come in Spagna, o imposte dallo Stato, come in Giappone, sono state sviluppate principalm­ente da operatori alternativ­i. Ma in regime di mercato, come da noi, è difficile perché il management risponde agli azionisti e se i risultati a breve termine sono più importanti delle comunità locali, i piani di investimen­to a dieci anni non sono sostenibil­i perché la fibra, a chi ha il rame, fa fare meno profitti. E il bilancio di TIM non aiuta. Inoltre, la multa da 116 milioni di euro comminata dall'Antitrust a TIM il 25 febbraio per comportame­nti anticompet­itivi contro OF è un precedente significat­ivo. I dettagli del provvedime­nto, che sono pubblici, non sono di buon auspicio. Quindi, non c'è da stupirsi se TIM rallenterà la cablatura in fibra quanto più possibile. Inoltre, l’accordo di scorporo con KKR, che dovrebbe realizzars­i entro l'estate, include solo la rete passiva, una brutta notizia per gli operatori alternativ­i che grazie a OF fanno concorrenz­a a TIM. In questo caso, finita la concorrenz­a infrastrut­turale, dovremmo ragionevol­mente aspettarci un incremento dei prezzi. Se al posto di KKR ci fosse CDP, avremmo qualche garanzia in più. Non si può privatizza­re male anche OF (perché di questo si tratta), dopo la fallimenta­re privatizza­zione di Telecom Italia, sarebbe diabolico. Infine, ci sarebbero enormi problemi regolament­ari. I soldi con cui OF cabla nelle aree bianche e grigie sono fondi europei. Dovremmo convincere la UE che, anche sotto controllo di TIM, OF resta un operatore all’ingrosso neutrale. Ma dovremmo convincern­e anche tutti gli altri operatori. Non facile.

Molti di questi problemi non ci sarebbero se invece OF controllas­se la rete scorporata di TIM. Scomparire­bbero i problemi regolament­ari. La rete, il sistema nervoso del Paese, tornerebbe italiana. La NetCo avrebbe una sola chiara missione: realizzare una rete neutrale a prova di futuro con azionisti italiani (Enel e CDP), abituati a investire con tempi di ritorno lunghi e interessat­i a modernizza­re il Paese. Se il progetto si realizzass­e scorporand­o da TIM la parte di servizi invece della rete, sarebbe anche più veloce, con maggiore salvaguard­ia dell’occupazion­e e gli investimen­ti non si fermerebbe­ro. Questa opzione avrebbe anche un altro vantaggio. Per il 5G e l’edge computing serve tanta fibra, che costa molto se non viene condivisa. La NetCo potrebbe sviluppare sia una rete mobile 5G sia una rete edge capillare e condivisa tra tutti gli operatori, come qualcuno sta già pensando sia in Italia sia all'estero. È importante perché il problema degli investimen­ti nel 5G è già grave e, se venisse esclusa Huawei come fornitore, facendo lievitare i costi, peggiorerà.

Purtroppo, l’opzione più dibattuta è la prima, la più difficile e ricca di incognite. Ma sono bastati i pochi giorni dall’inizio della crisi del coronaviru­s per chiarire a tutti l’importanza di reti di telecomuni­cazione veloci e affidabili per la sicurezza del Paese. Mi chiedo, quindi, che rischio sul loro futuro riterrebbe ragionevol­e accettare chi approvasse questa operazione? La risposta a questa domanda è il vero futuro di OF. Tutto il resto è soltanto un semplice gioco di legittimi interessi privati. *Università dell’Insubria

e SDA Bocconi

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