Il Sud-Est asiatico investito dalla seconda ondata del virus
Decuplicati a marzo i casi ufficiali di infezione, si teme inferiori alla realtà
Mentre analisti e investitori registrano un allarme rosso per la diffusione dell’epidemia da coronavirus in Europa e Nord America, cominciano ad apparire poco fondate le speranze che in Asia il fenomeno stia tornando sotto controllo: da un latosi moltiplicano i casi di infezione in un Sud-Est asiatico popoloso e insufficientemente attrezzato dal punto di vista sanitario; dall’altro aumentano i casi di “importazione” del contagio nei Paesi che furono colpiti per primi. Non a caso S&P Global Ratings ha parlato di “recessione sicura” per l’intera regione Asia-Pacifico, la cui crescita nel 2020 viene stimata sotto il ritmo (più che dimezzato) del 3%, inferiore - per l’insieme dei Paesi considerati - a quanto necessario per evitare incrementi della disoccupazione (per la Cina l’ultima stima è un calo del 10% del Pil nel primo trimestre e un’espansione del 2,9% nell’anno).
Da inizio marzo nel Sud-Est Asiatico i casi riportati di infezione(con tutta probabilità molto inferiori alla realtà) sono saliti di 10 volte a quasi 2mila. Centinaia di casi appaiono collegati a un grande raduno in una moschea della Malaysia, un paio di settimane fa: il ministro della Sanità malese ha avvertito che arriverà un vero “tsunami” se la popolazione non rispetterà le restrizioni raccomandate sui movimenti. L’Indonesia ha aggiunto ieri 55 casi passando a 227, con un balzo dei decessi da 5 a 19.
L’Oms ha chiesto ai Paesi dell’Asean di rafforzare con urgenza le misure di prevenzione (oltre a criticare più di una ventina di Paesi arabi, dall’Asia centrale al Nord Africa, per l’insufficienza delle informazioni fornite).
Singapore - uno dei Paesi più lodati per l’efficacia dei provvedimenti intrapresi - ha registrato il maggior balzo giornaliero di casi (+47), quasi tutti relativi a persone venute da fuori: già settimana scorsa il totale era aumentato del 60% a 266 infettati.
Anche a Taiwan - dove i casi erano solo un centinaio fino a martedì - gli ultimi 23 nuovi casi sono stati indicati tutti(tranne due)di “importazione”. Nella stessa Cina i casi di coronavirus attribuito a viaggiatori arrivati dall’estero sono saliti a 155 da meno di 50 due settimane fa (negli ultimi 5 giorni consecutivi il loro numero ha superato le infezioni “domestiche”). In Corea del Sud si temono altresì nuovi focolai infettivi, mentre il governo giapponese si è esposto alla critica di essere riluttante a introdurre misure più severe e a effettuare più test: nel tentativo di salvare le Olimpiadi di Tokyo.