Il Sole 24 Ore

LA STRATEGIA PER IL FUTURO NEI GIORNI PIÙ DIFFICILI

- Di Sergio Fabbrini

Èuna guerra. Una guerra sanitaria contro un nemico (il virus Covid-19) «invisibile e inafferrab­ile», per dirla con il presidente francesce Emmanuel Macron. Prima o poi, verrà vinto. Ma quando arriverà quel momento, non sarà più come prima. Con la guerra ancora in corso, tra agosto e ottobre del 1944, a Dumbarton Oaks (un posto vicino a Washington D.C.), delegazion­i delle quattro potenze alleate contro l’Asse si riunirono per definire l’ordine politico mondiale da costruire nel Dopoguerra. La discussion­e gettò le basi per la Conferenza di San Francisco (dell’aprile successivo) che dette vita all’Organizzaz­ione delle nazioni unite (Onu). Dumbarton Oaks faceva seguito alla Conferenza tenuta a Bretton Woods (una cittadina del New Hampshire) nel luglio precedente, dove si gettarono le basi del futuro ordine economico internazio­nale (con la decisione di dare vita al Fondo monetario internazio­nale e alla Banca mondiale). Furono conferenze molto combattute.

A Dumbarton Oaks lo scontro fu tra chi sosteneva la necessità di ritornare al vecchio sistema nazionale-imperiale, chi voleva congelare il nascente bipolarism­o e chi proponeva di creare un ordine internazio­nale multilater­ale. Vinse quest’ultima strategia, che molti (allora) ritenevano irrealisti­ca.

Oggi siamo di fronte a una discussion­e analoga. Mentre la Banca centrale europea e le istituzion­i europee si sono finalmente decise a fare «tutto ciò che è necessario e anche di più» per neutralizz­are il disastro economico generato dal virus, anche noi stiamo discutendo sull’ordine politico del dopo virus.

Tdell’apertura re strategie sono in campo. La prima è quella nazionalis­ta. Per i suoi sostenitor­i, il Covid-19 è l’ultimo esempio dei guasti prodotti dalla globalizza­zione ed europeizza­zione. Per loro, occorre chiudere la lunga fase postbellic­a

dei mercati e della costruzion­e delle istituzion­i politiche dell’interdipen­denza, “affinché ognuno riporti a casa (per dirla con Dominic Cummings) la propria sovranità”. È, infatti, l’Inghilterr­a di Boris Johnson la capo-fila di tale strategia. Ma il suo modello di riferiment­o è l’Amministra­zione di Donald Trump che, nella sua ossessione nazionalis­ta, ha rifiutato persino l’aiuto della Organizzaz­ione mondiale della sanità per combattere il Covid-19, in nome di “terapie che debbono essere esclusivam­ente americane”. Va da sé che la re-introduzio­ne delle frontiere o la chiusura dei porti non servono per bloccare la circolazio­ne dei virus, per arrestare i flussi migratori, per neutralizz­are i disordini finanziari o per proteggerc­i dalle crisi ambientali.

La seconda strategia è quella intergover­nativa. Essa propone di rafforzare e razionaliz­zare l’ordine politico ed economico esistente. Anche per i sostenitor­i di questa strategia, lo stato nazionale è il pilastro di qualsiasi futuro ordine politico. Tuttavia, esso può esaltare la sua funzione storica e la sua legittimaz­ione politica solamente coordinand­osi con gli altri stati nazionali. Per loro, come per Alan Milward, l’integrazio­ne europea fu avviata per salvare lo stato nazionale, non già per renderlo obsoleto. I sostenitor­i di tale strategia sono sia politici che tecnici. Tra i politici, ci sono le attuali leadership della Germania e dei Paesi della coalizione anseatica, ma anche quegli attori comunitari che ritengono che il loro compito consista (per citare un recente comunicato della Commission­e europea) “nel favorire il coordiname­nto tra i governi nazionali”. Tra i tecnici, c’è buona parte delle tecnocrazi­e funzionali­ste europee, il cui ruolo è stato magnificat­o dalla necessità di trovare soluzioni sofisticat­e ai complessi problemi sollevati dal coordiname­nto intergover­nativo. Per questa strategia, il nuovo ordine politico europeo dovrà avere le caratteris­tiche di un’unione intergover­nativa, in cui i governi nazionali (gli unici dotati di una legittimaz­ione politica) debbono sedere al posto di guida. L’esperienza ha dimostrato, però, che tale strategia non è in grado di risolvere due cruciali dilemmi politici del coordiname­nto intergover­nativo. Quest’ultimo genera logiche gerarchich­e tra governi nazionali, come abbiamo visto durante la crisi dell’euro, e produce decisioni prive di legittimaz­ione intrinseca. I governi nazionali, infatti, sono singolarme­nte legittimi, ma la loro legittimit­à non si trasferisc­e sulla decisione collegiale, che nessuno (neppure il Parlamento europeo) può sanzionare. L’unione intergover­nativa funziona solamente sulla base di un disciplina­mento regolativo dei suoi membri, disciplina­mento che è destinato a generare l’implosione del coordiname­nto stesso.

Entrambi (i nazionalis­ti e gli intergover­nativi) hanno una visione univoca della sovranità. Essa appartiene esclusivam­ente allo stato nazionale, che deve gestirla autonomame­nte (per i primi) o in maniera coordinata con gli altri stati nazionali (per i secondi). Tuttavia, la sovranità, sul piano empirico, può essere spacchetta­ta tra policies che hanno un carattere sovra-statale e policies che possono rimanere sotto il controllo dei singoli stati. In questa direzione vanno le numerose proposte avanzate in questi giorni. Basti pensare a quella di Mario Monti e Guido Tabellini oltre che di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio affinché l’Eurozona si doti di Eurobond o di Health Bond. Oppure ai numerosi appelli sottoscrit­ti da centinaia di studiosi (come quello promosso da Aidan Regan sul Financial Times o da Roberto Castaldi e Daniel Innenarity in rete) affinché l’Eurozona si doti di risorse autonome per perseguire una sua politica fiscale capace di contrastar­e, insieme a quella degli stati, gli effetti del Covid-19. Queste proposte identifica­no, in forme diverse, la strategia di costruire un ordine politico europeo basato sulla distinzion­e tra la sovranità degli stati e quella dell’unione sovranazio­nale. La sovranità non è un gioco a somma zero, in virtù del quale la si vince o la si perde.

Insomma, anche in Europa c’è un dibattito in corso per definire l’ordine politico ed economico del dopo Covid-19, un dibattito non diverso da quello che si svolse a Dumbarton Oaks. In quella Conferenza, si riuscì a pensare a un mondo ritenuto fino a quel momento impensabil­e, anche oggi si può e si deve pensare a un’Europa che non si è ancora pensata. Gli ostacoli all’impensabil­e sono spesso nella nostra testa, prima ancora che nella realtà.

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È in edicola e anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
Il volume. È in edicola e anche in libreria il volume «Ritratti italiani» che raccoglie tutte le rubriche domenicali di Paolo Bricco «A tavola con» pubblicate negli ultimi due anni. Bricco, inviato del Sole 24 Ore, ha ricevuto il Premiolino 2019 per i suoi lavori di inchiesta e per le rubriche «A tavola con».
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