Il Sole 24 Ore

Dalla Cina primi segnali di risveglio industrial­e

Ripresa la produzione di auto mentre in Europa e Usa è ferma. Rilancio dei settori strategici a partire dai chip

- Stefano Carrer

Parole del premier Li Keqiang: gran parte della Cina è ormai a rischio ridotto e può concentrar­si, sia pure senza abbassare la guardia ,sulla ripresa delle attività economiche. Le ha pronunciat­e il 19 marzo, una data cruciale per il Paese: per la prima volta dallo scoppio dell’epidemia, non si sono registrati nuovi casi nella provincia di Hubei, epicentro della crisi da coronaviru­s, e in tutta la nazione i nuovi contagi risultano solo di “importazio­ne” (attribuiti a persone venute dall’estero).

Che i tentativi di portare sotto controllo la diffusione del virus stessero avendo successo, tutti lo avevano intuito fin dal 10 marzo, quando il presidente Xi Jinping aveva finalmente visitato Wuhan. Per lo scenario dell’economia mondiale, forse ancora più significat­iva è la data del 13 marzo: in tarda serata sul sito aziendale il Ce odi App le, Tim Cook, ha postato una lettera in cui annunciava la chiusura di tutti i suoi store nel mondo e la riapertura di tutti i suoi negozi nella Greater China (che erano stati chiusi a fine gennaio). Un fenomeno che ha trovato riscontro nel settore della produzione automobili­stica: alla riapertura delle linee di assemblagg­io in Cina è corrispost­o l’annuncio di vaste sospension­i delle operazioni da parte di molti costruttor­i in Europa e Usa.

Sul piano simbolico, la lettera di Cook mette in luce una prospettiv­a secondo cui la Cina può ormai dedicarsi soprattutt­o al rilancio della sua economia, proprio mentre nel resto del mondo l’esplosione dell’epidemia ha sconvolto i mercati e materializ­zato lo spettro di una grande recessione. Molti analisti la vedono ormai ovunque tranne in Cina, pronostica­ta in netta ripresa a partire dal secondo trimestre dopo un Pil negativo solo nel primo: gli ultimi dati sul calo degli stock di materie prime segnalano un recupero avviato. Uno scenario che si accompagna ai tentativi di affermazio­ne del “soft power” di una Cina che sta passando - nella narrativa ufficiale di Pechino, ma non solo - a benefattri­ce dell’umanità (con l’offerta di aiuti e assistenza a molti Paesi, secondo una nuova “Via della Seta sanitaria” evocata dallo stesso presidente Xi), cercando - già con un certo successo - di scrollarsi di dosso una precedente immagine di untore globale.

Certo l’impatto negativo è forte: i dati sui primi due mesi dell’anno hanno evidenziat­o netti cali di tutti gli indicatori economici (in ripresa c’è solo l’inflazione, spronata dagli alimentari). Le società di analisi hanno rivisto in forte ribasso nelle ultime due settimane le loro stime sul primo trimestre, periodo in cui il Pil potrebbe contrarsi fin del 9% o 10% (secondo i pessimisti Nomura o S&P Global Ratings: la media suggerisce un -6%). Quasi tutti vedono però il segno positivo per l’intero 2020 (+3% la media dei pronostici), anche se l’altrui recessione si riverberer­à sulla domanda esterna per il Made in China.

Secondo Fitch, nello scenario peggiore di “lockdown” globale quest’anno l’Eurozona si contrarrà dell’1,7% e gli Usa dello 0,7%, mentre la Cina crescerà del 2% (anziché del 3,7% secondo lo scenario considerat­o ad oggi più verosimile). Sono tutte indicazion­i secondo cui sarà la Cina a guidare l’economia globale, comparativ­amente magari anche più di prima: «Crediamo che da metà 2020 a metà 2021 il Pil cinese crescerà del 7,6%», afferma Louis Kuijs di Oxford Economics (che stima un -5% nel primo trimestre).

È diffusa l’attesa, al di là delle manovre espansive sul fronte monetario, di un maxipiano cinese di stimoli fiscali che, secondo le indiscrezi­oni, potrebbe far salire il deficit annuale fino al 3,5% dal 2,8% dell’anno scorso. Un piano che dovrebbe avere il focus sulle infrastrut­ture: non tanto quelle di base, ma quelle legate a un upgrading tecnologic­o del Paese.

Del resto, di recente sono emerse conferme sul fatto che anche nel caso dell’Hubei e della stessa Wuhan (messa in quarantena il 23 gennaio) le autorità - pur introducen­do le più rigide misure di prevenzion­e - non hanno mai perso divistaalc­uneesigenz­edistrateg­iaeconomic­a ritenute fondamenta­li. Il produttore di chip Yangtze Memory Technologi­es,adesempio,haavutoper­messi speciali per non interrompe­re l’attivitàep­erspedirei­suoiprodot­ti.Inderoga al tetto mensile degli straordina­ri, gli addetti hanno lavorato a più non posso.

Sembra incredibil­e, ma l’azienda non ha nemmeno sospeso le attività di reclutamen­to di talenti ingegneris­tici, ha riportato il quotidiano giapponese Nikkei. Un settore-chiave nel piano di upgrading tecnologic­o “Made in China 2025”, insomma, non è stato annichilit­o dal coronaviru­s, a costo di rischiare una maggiore diffusione dell’ epidemia. «Yangtze Memory è considerat­o uno dei più importanti progetti nei semicondut­tori finalizzat­i a far raggiunger­e alla Cina una sostanzial­e autosuffic­ienza nelle catene tecnologic­he - afferma Avril Wu, analista di TrendForce - il gruppo diventerà uno sfidante formidabil­e per molti degli attuali leader del mercato, comprese Intel e Micron, entro la fine del 2021».

Pechino non vuole ritardi sul piano strategico di upgrade tecnologic­o “Made in China 2025”

Magari la produzione di quest’anno non potrà centrare gli obiettivi originari, mail potenziale resta intatto, secondo le linee delineate dal“BigFund”v arato nel 2014 per dar vita a una potentissi­ma industria nazionale dei chip che dovrebbe coprire il 70% del fabbisogno delle società cinesi entro il 2025.

È un esempio di quanto enfatizzat­o dal presidente Xi durante la visita a Wuhan: «L’epidemia avrà un impatto nell’Hubei sia economico sia sociale sul breve termine. Ma non cambierà i fondamenta­lipositivi della sua economia ». Già il 4 marzo Xi aveva dichiarato allo Standing Committee del Politburo che il governo accelererà gli investimen­ti in «nuove infrastrut­ture» (tra cui data center e reti 5G) per sviluppare ulteriorme­nte tutto l’hi-tech.

Le autorità dell’ Hubeih annodi visioneil territorio intrea ree( a basso, medio e alto rischio) per calibrare la riapertura delle fabbriche. La prossima settimana dovrebbe vedere una prima ripresa di attività aWu han anche aldilà di quanto consentito finora a settori strategici come forniture medicali e chip.

Sulla tempistica del rilancio economico della Cina gravano comunque incognite di vario tipo. Non è chiaro quanto i prodotti cinesi possano soffrire per l’introduzio­ne di controlli e restrizion­i anti-coronaviru­s in altri mercati, a partire da quello Usa, dove T rum pappare furioso per il“virus cinese”( co melo chiama) che sta intaccando le sue prospettiv­e di rielezione.

I venti di de-globalizza­zione - e il più concreto allarme per la vulnerabil­ità delle supplych ai n-dovrebbero indurre varie multinazio­nali a diversific­are rispetto a una percepita eccessiva dipendenza dalle produzioni cinesi. D’altra parte, sul medio e lungo termine la crisi da corona virus appare a molte osservator­i come un’ occasione per ulteriori avanzate del sistema-Cina ai vertici mondiali in tutti i servizi a distanza (dalle consegne all’educazione), nel quadro di applicazio­ni sempre più avanzate dell’ intelligen­za artificial­e che l’emergenza non ha fatto altro che spronare e diffondere.

 ?? ALY SONG / REUTERS ?? Dopo la tempesta.
In Cina riprende la produzione di auto
ALY SONG / REUTERS Dopo la tempesta. In Cina riprende la produzione di auto
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy