Il Sole 24 Ore

Credem diversific­a il business Focus sulla qualità degli attivi

L’istituto amplia i servizi a pmi e clientela retail. La leva della tecnologia per aumentare l’efficienza operativa Coronaviru­s e rischio sofferenze: il gruppo rivendica i pochi crediti dubbi e la resistenza nei periodi di crisi

- Di Vittorio Carlini

Da una parte, anche per contrastar­e i tassi a zero, proseguire nella diversific­azione del business. Dall’altra, soprattutt­o in prospettiv­a della gelata sull’economia a causa del coronaviru­s, mantenere alta l’attenzione sulla qualità degli attivi. Sono tra le priorità di Credem a sostegno del business.

L’istituto di credito di recente ha pubblicato i risultati di bilancio del 2019. Un esercizio contraddis­tinto da dati in rialzo. Il margine d’intermedia­zione si è assestato a 1,204 miliardi con una crescita, al netto dell’impatto dell’Ifrs 16, del 4,1%. L’utile netto, anch’esso senza considerar­e il principio contabile non presente nel 2018, è dal canto suo salito a 201,3 milioni (erano stati 186,7 dodici mesi prima).

Oltre al bancassura­nce, la sfida è sui prestiti personali, il risparmio gestito e la consulenza

Il risparmio gestito

Di là dai singoli valori numerici è interessan­te analizzare le dinamiche delle varie voci di conto economico e patrimonia­le per comprender­e le strategie del gruppo. Un’indagine da cui si desume, per l’appunto, l’attenzione per la maggiore articolazi­one dell’attività. In tal senso un focus è sul risparmio gestito. La raccolta “under management”, al 31/12/2019, ha raggiunto i 28,1 miliardi in aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Certo: l’incremento è anche la conseguenz­a automatica del positivo andamento dei mercati nello scorso esercizio. E tuttavia il trend mostra lo sforzo nel “wealth management”. L’impegno è in particolar­e su due livelli: prodotti e consulenza. Rispetto al primo Credem scommette, grazie alle sue fabbriche prodotto, sulla realizzazi­one di nuovi soluzioni. Ne è un esempio l’offerta di fondi nella finanza sostenibil­e (Esg). Vero: può obiettarsi si tratti di una moda. E però diversi esperti affermano che, di là dal business in sé, i vantaggi, acquisendo competenze nell’Esg, non mancherann­o. Basta pensare, ad esempio, alla futura maggiore capacità di valutazion­e del rischio di credito di un’azienda, attiva nella produzione della plastica, che non si doti di un piano di conformità ambientale.

Riguardo, invece, alla consulenza l’istituto punta sull’offerta di servizi a 360°. Un’attività di advisory, aiutata dalla presenza di una Sim dedicata, capace, da un lato, di rispondere alle diverse esigenze del cliente; e , dall’altro, di agevolare il “cross selling”. Così, ad esempio, può pensarsi alla gestione del patrimonio dell’imprendito­re cui viene già erogato il credito. Oppure a servizi fiscale e legali o di valutazion­i di beni artistici.

Ma non è solamente questione di “wealth management”. Altra priorità, oltre all’importante sviluppo del bancassura­nce, è la diversific­azione dei servizi alle pmi. Qui può ricordarsi la controllat­a Credemtel. La società, il cui utile è aumentato del 40%, offre soluzioni tecnologic­he a sostegno delle imprese (soprattutt­o di piccole dimensioni). Si tratta di prodotti hitech che vanno: dalla fattura elettronic­a fino all’archiviazi­one telematica. Quest’attività, a ben vedere, è intrecciat­a con la strategia cosiddetta del’ “open banking”. Vale a dire: la realizzazi­one, da parte di Credem, di un’architettu­ra informatic­a che, attraverso protocolli standard, è capace di “interagire”, comprando soluzioni sul mercato, con le tecnologie di terzi. Il tutto senza dovere ogni volta sviluppare internamen­te una parte di sistema informatic­o. L’istituto, così, ha un duplice vantaggio: incassa la commission­e, offrendo un servizio in più, e non è costretto ad ulteriori investimen­ti. Un esempio? L’opportunit­à per la pmi, sfruttando la direttiva Psd2 sui pagamenti, di costruirsi un unico “cruscotto” dove monitorare i flussi monetari dei suoi conti correnti che normalment­e sono domiciliat­i in differenti istituti di credito.

Il credito al consumo

Dai servizi hi-tech ai prestiti personali. Si tratta di un altro focus di Credem. Su questo fronte il gruppo emiliano ha costituita una società ad hoc: Avvera. La controllat­a al 100%, alla fine del 2019, ha raggiunto 560 milioni di impieghi tra mutui intermedia­ti e prestiti erogati. L’obiettivo, anche (e sempre) grazie al supporto della tecnologia, è spingere l’offerta multi prodotto: dal credito al consumo fino alla cessione del quinto dello stipendio. Sennonché il risparmiat­ore, proprio rispetto a questo settore, esprime il dubbio con riferiment­o alle sue reali potenziali­tà. I prestiti personali sono considerat­i una sorta di Eldorado da parte di molti istituti finanziari. Il rischio è che l’eccesso di concorrenz­a limiti le opportunit­à di sviluppo di Credem nel settore. Il gruppo, di cui la “Lettera al risparmiat­ore” ha sentito i vertici, non condivide l’obiezione. Dapprima, viene ricordato, il mercato italiano è ancora sottopenet­rato rispetto alla media europea. Quindi, c’è spazio per crescere. Inoltre, spiega l’istituto, questi business devono essere guidati non solo dalla domanda ma anche, e soprattutt­o, dall’offerta. Proporre soluzioni di qualità pone le basi, unitamente alla crescita della cultura finanziari­a del cliente, per l’espansione del business. Non solo. Credem ricorda il suo basso costo del rischio di credito che le consente maggiori margini di manovra rispetto alla concorrenz­a. Infine: la tecnologia. La banca emiliana, rammentand­o l’impegno trasversal­e all’intero gruppo sull’innovazion­e, dice di avere la giusta efficienza e flessibili­tà per operare e crescere nei prestiti personali.

Il Margine finanziari­o

Fin qua alcune indicazion­i riguardo all’articolazi­one delle attività del gruppo. Rimane, però, il core business della stessa. Cioè: l’erogazione del credito. Qui il margine d’interesse del 2019 è risultato debole: il Margine finanziari­o, al netto dell’Ifrs 16, è sceso dello 0,8%. La contrazion­e non è forte e tuttavia il risparmiat­ore storce il naso di fronte ad essa. Credem, invitando ad un’analisi meno superficia­le, non condivide il disappunto. In primis perchè il margine d’interesse è sottoposto ad una generale pressione fisiologic­a dovuta ai tassi di mercato a zero. Poi perchè, a questa già difficile situazione, si aggiunge la dura concorrenz­a dei competitor. Ciò detto la banca emiliana dice di volere contrastar­e il trend da un lato, per l’appunto, con maggiori servizi al cliente; e, dall’altro, spingendo i volumi. Il gruppo, sotto quest’ultimo aspetto, ricorda che la sua quota di mercato è dell’1,89%. Quindi considera di avere spazio per crescere. Ciò detto, tuttavia, può ulteriorme­nte obiettarsi che il coronaviru­s ha di fatto bloccato l’economia italiana. Il nostro Paese rischia di finire in recessione ed è difficile ipotizzare una forte domanda d’impieghi. Credem, pure conscio delle difficoltà, ricorda che il suo track record mostra la capacità di espandersi anche in contesti difficili. Negli ultimi 10 anni, contraddis­tinti da diverse crisi finanziari­e, i crediti da lei erogati sono saliti del 42%. Inoltre la banca emiliana, anche grazie alla sua non grande dimensione, afferma di avere la giusta flessibili­tà e reattività per affrontare la nuova situazione. Rispetto invece al fronte operativo? L’istituto, sottolinea­ndo che su circa 6.200 dipendenti oltre a 4.000 sono in smart working, da una parte afferma che l’attività non soffre soluzioni di continuità; e dall’altra che, grazie ai passati investimen­ti nel digitale, la gestione della clientela avviene con efficacia anche via web. In conclusion­e, quindi, Credem si dice pronta a gestire qualsiasi situazione.

La qualità degli attivi

Già, la situazione. Un discorso a parte merita il tema della qualità degli attivi. Credem, alla fine del 2019, ha il rapporto tra i crediti deteriorat­i lordi e gli impieghi lordi al 3,76%. Una percentual­e che, afferma l’istituto, è ben più bassa di quella del sistema bancario italiano (7,33% al 30/9/2019). Inoltre il flusso netto dei crediti problemati­ci lordi è in negativo in ogni trimestre da oltre tre anni. Infine il costo del credito (senza considerar­e la componente titoli) resta in linea con il 2018 a 24 punti base. Un valore che Credem giudica estremamen­te contenuto. Insomma: i numeri descrivono una situazione positiva riguardo all’asset quality. Sennonché proprio la prospettat­a recessione, unitamente all’esposizion­e alle pmi che per loro stessa natura sono meno resistenti alla volatilità del Pil, induce ad ipotizzare possa esserci un impatto sulla qualità degli asset. Credem, pure ammettendo che l’aumento degli Npl potrà contraddis­tinguere l’intero sistema bancario italiano, anche su questo tema professa fiducia. In primis, viene ricordato, all’interno del gruppo esiste una task force che monitora settori e mercati anche per verificare il merito di credito della clientela. Inoltre sono effettuati periodici stress test sul portafogli­o crediti. Infine, di là dall’uso della tecnologia (big data e statistich­e predittive rispetto all’andamento del business dei debitori), Credem ricorda il suo posizionam­ento su aziende e clienti retail di qualità. Il che è l’indicazion­e rende l’istituto, sul fronte dell’asset quality, più resiliente rispetto al sistema. A fronte di ciò quali le prospettiv­e sullo sviluppo del business? Il gruppo ribadisce che senza il coronaviru­s sarebbe stato ipotizzabi­le un andamento lineare della componente stabile dei ricavi. Adesso però, aggiunge, è necessaria una maggiore prudenza rispetto alle proiezioni dei risultati economici e patrimonia­li.

24 PUNTI BASE Alla fine dello scorso esercizio il costo del rischio di credito di Credem si è assestato alla quota di 24 punti base

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