Ossigenatori, ordini quadruplicati
La richiesta di polmoni extra corporei è aumentata da 300 a 1.200 pezzi al mese
Quando i ventilatori polmonari non bastano più per fronteggiare le polmoniti esplose con la pandemia Covid19 - c’è un altro dispositivo salvavita, più recente e all’ombra dei riflettori mediatici: l’ossigenatore extracorporeo (ECMO-Extracorporeal membrane oxygenator). Una sorta di polmone esterno, come la dialisi, che ossigena artificialmente il sangue del paziente, permettendo il riposo totale degli alveoli infiammati.
A produrlo in Italia c’è una sola piccola azienda, la Eurosets di Medolla - nel cuore del distretto biomedicale modenese leader in Europa nei disposable e negli elettromedicali - che da un paio di mesi ha visto quadruplicare gli ordini. «Siamo abituati a fronteggiare crisi ed emergenze, siamo ripartiti con le nostre forze subito dopo il terremoto del 2012 che ha distrutto la fabbrica e anche dopo l’alluvione del 2014. Oggi stiamo facendo fronte da soli all’impennata di ordini di ECMO, passati da 300 a 1.200 pezzi al mese, spostando sulla linea quasi tutte le 130 persone in produzione (su 220 dipendenti totali, ndr)», spiega Antonio Petralia, ad di Eurosets. La più piccola azienda al mondo a produrre ossigenatori extracorporei, abituata a misurarsi sui mercati internazionali con colossi come Medtronic, Livanova, MaquetGetinge e abituata anche a non essere profeta in patria.
I mercati esteri garantiscono quasi l’80% del fatturato annuo (36,4 milioni di euro nel 2019) di Eurosets e anche l’attuale boom di domanda di ossigenatori Ecmo è solo in parte legata agli ospedali italiani: «La maggior parte delle richieste arriva dai Paesi extra Ue e dagli Usa, che si stanno premunendo, spaventati dalla pandemia», spiega Petralia, ex direttore R&S dell’azienda, dal 1998 controllata al 100% dalla holding ravennate GVM.