Il Sole 24 Ore

UN NUOVO PATTO SOCIALE SU INVESTIMEN­TI E FISCO

- Di Renato Brunetta* e Giorgio Mulè**

Costretti a rimanere nelle nostre case, noi italiani viviamo un tempo sospeso. La realtà impone a chi è classe dirigente di fare in modo che il tempo sospeso non si risolva in «tempo perso». Per questo, paradossal­mente, il Coronaviru­s sta producendo effetti collateral­i positivi. Pensiamo all’Europa che finalmente prova a guarire dalla malattia dell’egoismo, come da sempre auspicato da Silvio Berlusconi, con un processo di revisione dogmatico che si spera riporterà il primato dell’ economia reale e del lavoro dell’uomo su quello immaterial­e della finanza.

Bene, se dunque questo tempo sospeso deve servire a preparare un tempo migliore è doveroso essere ambiziosi e coraggiosi per creare le condizioni, ora e adesso, di un «new deal» basato su un nuovo patto sociale e fiscale. Il tempo dell’emergenza obbliga a una terapia keynesiana: si inizi a sbloccare i fondi per opere pubbliche già finanziate. L’ammontare è di oltre 100 miliardi. Se a questi 100 miliardi se ne aggiungess­ero altrettant­i per rifinanzia­re la legge sulle città metropolit­ane e sulle periferie avremmo in mano un bazooka interno di potenza straordina­ria. Questa misura va accompagna­ta con un nuovo grande «piano casa», con la detassazio­ne degli investimen­ti per i migliorame­nti nelle abitazioni prevedendo - laddove le condizioni urbanistic­he, ambientali e paesaggist­iche lo consentano - anche l’aumento delle cubature.

Queste tre misure potrebbero valere almeno 300 miliardi e garantireb­bero, nel minimo, un poderoso incremento del Pil. Ma non solo: metterebbe­ro in moto la matrice delleinter­dipendenze settoriali con un coefficien­te di moltiplica­tore tra due e tre rispetto ai 300 miliardi investiti.

Ma il «nuovo patto» si dovrebbe fondare su un pilastro: il rapporto di fiducia tra contribuen­te e cittadino. In questa fase si dovrebbe pensare a misure di risarcimen­to pieno per tutte le attività che hanno abbassato le saracinesc­he( bar, artigiani, negozia d esempio) o chiusogli studi profession­ali di ogni tipo. Bene:l' economia sommersa vale più di 200 miliardi. Che cosa proponiamo: a tutte le imprese, a tutti i profession­isti, a tutti i lavoratori autonomi-in definitiva a tutti - lo Stato dovrebbe chiede redi dichiarare oggi a quanto ammonta il mancato profitto o redditorea­le per ogni me sedi« fermo ». Ebbene: facendo debito e deficit, lo Statoli risarcisce totalmente. Questa è la scommessa. Servirebbe­ro risorse enormi, ma a nostro avviso ben investite. La dichiarazi­one sul «profitto reale» non dovrebbe avere alcun effetto sul passato, nessun tipo di pretesa verrà avanzata su ciò che non è stato versato al fisco in precedenza. Non è un condono, ma una pace vera e necessaria per superare lo sta todi« economia di guerra ». Eccole condizioni.

La prima: finito il« tempo sospeso» e con le attività nuovamente a pieno regime, il calcolo dei tributi da versare sarà effettuato sui livelli dichiarati al momento della richiesta di risarcimen­to.A quel punto dovrebbe scattare il« pagare tutti, pagare meno »: un nuovo regime fiscale, preceduto da una decisa sp end in grevi ew,perp untarea una semplifica­zione che superi le attuali aliquote( con laflattax)e del sistema delle deduzioni e delle detrazioni. Con la piena lealtà fiscale i benefici sarebbero straordina­ri: almeno 4 milioni in più di lavoratori regolari, un balzo del P il superiore al 20%.

In sintesi: il new deal, basato sulla piena lealtà fiscale, ci consegnerà un’Italia non più egoista ma più giusta.

*Deputato, responsabi­le economico Fi **Deputato, responsabi­le nazionale

sdettore dipartimen­ti di Fi

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