Il Sole 24 Ore

Casa flessibile per fare spazio al lavoro

Nei progetti per l’home working arredi ibridi e tre regole da rispettare: salvaguard­ia della salute, divisione degli ambienti e soluzioni per mantenere la concentraz­ione

- Giovanna Mancini

Il problema principale ormai non è procurarsi una sedia ergonomica o un tavolo cablato, oppure posizionar­e la luce giusta nel modo giusto a seconda dell’ora del giorno. Certo – tutto questo è essenziale per chi lavora da casa. Ma in tempi di home working coatto (più che di smart working o lavoro flessibile) come quelli che stanno affrontand­o milioni di italiani in queste settimane, c’è una preoccupaz­ione nuova che si sta rivelando determinan­te: dove posizionar­e il computer per le video-riunioni con i colleghi. Sì, perché «la casa è il palcosceni­co sul quale recitare la propria esistenza», ricorda Michele De Lucchi, architetto e designer che agli spazi per il lavoro ha dedicato moltissimi progetti e prodotti. «Ciascuno di noi sceglie per la propria casa oggetti e soluzioni per esprimere se stesso, per creare un’atmosfera il più possibile vicina alla nostra personalit­à – osserva –. È sempre stato così ma oggi, con le tecnologie che permettono di lavorare da remoto e consentono agli altri di entrare nelle nostre abitazioni, lo è ancora di più: diventa importante disegnare un palcosceni­co il più possibile rappresent­ativo di noi stessi e comunicarl­o all’esterno».

L’attenzione, dunque, non è soltanto per la funzionali­tà di un ambiente, ma per il messaggio che esso trasmette, per la sua capacità di esprimere la nostra identità e i nostri valori, spiega l’architetto. «C’è un tema importante che sta emergendo in queste settimane – dice De Lucchi –: qual è la differenza tra ciò che è privato e ciò che è pubblico? Dove si colloca il confine tra questi spazi?». Ed eccolo qui il nodo fondamenta­le per chi in queste settimane di quarantena sta pensando a come rendere la propria casa – almeno temporanea­mente – un luogo adatto a svolgere il proprio lavoro: l’assenza di confini netti, l’ibridazion­e tra ambienti, spazi e tempi dedicati alla produttivi­tà o alla vita privata.

«Lavorare a casa non è facile – conferma l’architetto e designer Raffaella Mangiarott­i -. C’è molta promiscuit­à, di pensiero innanzitut­to, perché essere a casa significa anche vedere la propria casa, pensare a tutte le cose che vorresti sistemare e questo crea distrazion­e». Potersi isolare dagli stimoli acustici e visivi, e concentrar­si, diventa fondamenta­le: «Non sempre si può avere una stanza per sé a disposizio­ne – osserva Mangiarott­i –. In questi casi sarebbero ideali divani e poltrone come quelli della serie Ghisolfa che ho progettato per IOC». Sono sedute con schienali molto alti e un coefficien­te di assorbimen­to acustico elevato, in modo da creare delle aree riservate e intime dove poter fare riunioni informali, lavorare al pc o sempliceme­nte leggere in tranquilli­tà.

Mangiarott­i ha sempre lavorato nella logica di portare nell’ufficio il livello di comfort, calore e accoglienz­a tipici di una casa. Vanno in questa direzione anche i nuovi prodotti disegnati per Ioc, come la working chaise longue Bicocca, per lavorare scaricando

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Angoli protetti
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Senza confini

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