Il Sole 24 Ore

Carceri Corsa per ridurre i detenuti e gestire il rischio contagio

Il Dl «cura Italia» ha previsto una forma speciale di detenzione domiciliar­e, ma l’impasse del braccialet­to elettronic­o e l’incertezza delle procedure rischiano di ridurne l’impatto

- Landolfi, Maglione e Mazzei

Il rischio che il coronaviru­s dilaghi nelle carceri, dopo i casi di detenuti positivi registrati nei giorni scorsi, ha riportato in primo piano la necessità di ridurre il sovraffoll­amento per allentare le tensioni che hanno scatenato rivolte in vari istituti di pena, con morti ed evasioni. Per agevolare le uscite, da quando l’epidemia è iniziata, sono state sfruttate al massimo le strade offerte dall’ordinament­o: la liberazion­e anticipata, che prevede sconti di pena per chi partecipa ai programmi di rieducazio­ne, e la detenzione domiciliar­e per chi ha una pena da scontare (anche residua) sotto i 18 mesi.

Nella stessa direzione si è mosso il decreto legge “cura Italia” (18/2020) che ha introdotto una forma speciale di detenzione domiciliar­e, valida fino al 30 giugno. Sull’impatto dell’intervento pesa però l’impasse dei braccialet­ti elettronic­i e l’incertezza delle procedure.

Le uscite

I primi ad attivarsi sono stati i magistrati di sorveglian­za, che devono vigilare sull’esecuzione della pena nel rispetto dei diritti dei detenuti. «Da febbraio abbiamo iniziato a fare un ricorso più ampio alle misure alternativ­e alla detenzione, estendendo l’interpreta­zione delle norme nel rispetto della Costituzio­ne», spiega Antonietta Fiorillo, presidente del Tribunale di sorveglian­za di Bologna e coordinato­re nazionale del Conams, l’associazio­ne dei magistrati di sorveglian­za. Si tratta soprattutt­o della detenzione domiciliar­e introdotta dalla legge 199/2010, e della liberazion­e anticipata.

Un impegno che sta dando i primi risultati: se al 29 febbraio scorso, secondo il ministero della Giustizia, le persone in carcere erano 61.230, al 20 marzo erano scese a 59.132, duemila in meno, come ha rilevato il Garante nazionale dei detenuti. Ancora troppi, comunque, rispetto alla capienza regolament­are dei penitenzia­ri, che non arriva a 51mila posti.

Il decreto “cura Italia” ha introdotto una nuova possibilit­à: una forma speciale di detenzione domiciliar­e, utilizzabi­le fino al 30 giugno che prevede una procedura semplifica­ta, ma anche motivi ostativi nuovi. E a chi sconta pene sotto i 18 mesi ma sopra i sei deve essere applicato un braccialet­to elettronic­o.

Le criticità

I tempi con cui si diffonde il virus potrebbero essere incompatib­ili con quelli necessari a reperire i braccialet­ti elettronic­i e con la durata delle procedure, semplifica­te, ma non automatich­e (serve un’istruttori­a). E la misura avrà comunque un impatto ridotto: a lasciare le celle potrebbero essere 3.000 o 4.000 detenuti, un numero non sufficient­e a raggiunger­e la capienza regolament­are e a disinnesca­re la “bomba” carceri. Numeri contenuti, sia perché la norma prevede motivi ostativi nuovi rispetto alla “normale” detenzione domiciliar­e, sia perché sono molti i detenuti che non hanno una casa presso cui scontare la pena, a partire dagli stranieri; e le comunità a cui di solito vengono inviati stanno sospendend­o l’accoglienz­a per l’emergenza sanitaria.

C’è poi il rebus dei braccialet­ti elettronic­i. Il decreto prevede che il numero di quelli «da rendere disponibil­i» venga individuat­o entro venerdì 27 marzo. Si terrà conto degli indici di sovraffoll­amento e delle situazioni di emergenza sanitaria e, in caso di «disponibil­ità parziale», si darà priorità ai detenuti con residui di pena più bassi. Secondo la relazione tecnica i braccialet­ti disponibil­i «fino al 15 maggio» sono 2.600.

Ma quanti sono quelli utilizzabi­li subito? La loro carenza è un problema cronico. Nel 2017 Fastweb si è aggiudicat­a la gara bandita dal ministero dell’Interno per fornire e attivare 1.000-1.200 braccialet­ti al mese per 36 mesi. L’azienda sottolinea che «sta ponendo in essere tutte le azioni necessarie per rispondere alle richieste» e che «i braccialet­ti elettronic­i richiesti sono stati attivati».

Ma «oggi i dispositiv­i non bastano neanche per la custodia cautelare - dice Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali -. Il Governo deve chiarire quanti sono i braccialet­ti disponibil­i ora, altrimenti la misura è ineseguibi­le. Oltre al fatto che per gestire un’eventuale diffusione del virus devono uscire almeno 10mila persone».

Nulla è previsto invece per i detenuti in carcere in custodia cautelare, che sono ancora in attesa del primo grado di giudizio: si tratta di 9.408 persone, per cui la sospension­e delle udienze e dei termini massimi di custodia fino al 15 aprile, prevista sempre dal decreto “cura Italia”, avrà il probabile effetto di allungare i tempi di reclusione.

Per favorire le uscite, già da febbraio, i magistrati fanno largo utilizzo degli strumenti ordinari

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