Moratoria alle Pmi senza posizioni già deteriorate
L’Abi: sospensione della quota capitale e allungamento dei termini
Sui contratti bancari non può dirsi che la risposta del governo all’emergenza Covid-19 sia stata di un tempismo perfetto. L’Abi e le associazioni di categoria (con l’addendum all’accordo per il credito) hanno fatto più decisamente da apripista per i finanziamenti alle micro-piccole e medie imprese, su due linee: sospensione della quota capitale e allungamento, scadenzando i periodi di moratoria a seconda del tipo di finanziamento. In scia è intervenuto il governo con il Dl 18/2020 (cura Italia), in modo più articolato e organico e anche con forme di garanzia pubblica (articoli 49, 56, 57) rispetto a quanto fatto con il Dl 9/2020.
Le misure di tipo “moratorio” sembrano le più efficaci (per le imprese, nell’articolo 56). Ma i confini dell’ambito di applicazione della norma segnano gli evidenti limiti dei benefici accordabili. Dal punto di vista soggettivo essi riguardano, per rimanere alle imprese, quelle direttamente «danneggiate dall’epidemia di Covid-19» (che devono autodichiarare temporanee difficoltà e quindi di avere subito una riduzione parziale o totale dell’attività quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia); che siano micro-piccole e medie imprese secondo la raccomandazione 2003/361 della Commissione Ue; che non presentino al 17 marzo 2020 esposizioni deteriorate: e qui la porta ai benefici si restringe più che considerevolmente, dato il periodo di crisi che affligge da tempo l’intero tessuto imprenditoriale. Analogamente per le altre categorie, come i professionisti, si richiedono situazioni finanziarie in bonis e stati di difficoltà finanziaria ben perimetrati, da cui appare facile fuoriuscire. Anche dal punto di vista oggettivo i contratti bancari oggetto del decreto sono tassativamente elencati (ne sono esclusi ad esempio i crediti al consumo nelle forme dei finanziamenti personali e cessioni del quinto, si veda l’articolo nella pagna seguente) e i periodi di moratoria contingentati.
Quali tutele giuridiche per i casi di sforamento dei requisiti (ad esempio l’impresa che presenti un’esposizione debitoria deteriorata o il professionista che abbia una flessione di fatturato consistente, ma di poco non superiore a quella prevista) o per i casi non disciplinati? Potrebbe entrare in gioco l’articolo 91 del Dl 18/2020 che però si presenta come un’arma poco appuntita, in primo luogo perché si restringe ai casi in cui l’inadempimento (omesso o ritardato) derivi dalle misure autoritative di contenimento della pandemia e non dalla pandemia in sé. In secondo luogo, perché si risolve in un mero alleggerimento dell’onere della prova a carico del debitore: non occorrerà infatti dimostrare che il rispetto delle misure di contenimento è causa di forza maggiore, perché a ciò ha pensato il legislatore con una nuova presunzione normativa (peraltro semplice, da valutare caso per caso), ma occorrerà comunque provare che l’inadempimento è conseguenza diretta ovvero, per l’interpretazione preferibile, anche indiretta delle misure (si pensi ai casi del ritiro del “rating” di una società dovuto alla impossibilità di questa di consegnare all’agenzia di rating la periodica documentazione prevista, ritiro che faccia scattare la richiesta di una controparte contrattuale della società, per esempio un distributore, di forme di garanzia alternative pena la sospensione delle forniture).
I profili di miglioramento degli strumenti normativi a disposizione risentono non soltanto della continua evoluzione, ma soprattutto del difficile equilibrio degli interessi in gioco: da un lato i debitori hanno assoluta necessità di “respirare”, dall’altro in particolare banche e altri intermediari non possono subire perdite economiche e in genere danni, e condivisibilmente sono impegnati nella promozione di decisioni delle autorità nazionali ed europee che modifichino le norme, segnatamente le disposizioni di vigilanza sugli indici di tolleranza, rischiando altrimenti di non poter reggere gli interventi di sostegno finanziario non solo a livello aziendale ma anche a livello regolamentare.
La crisi che stiamo attraversando non può essere scaricata sulla platea dei creditori, e quindi, al fine di ampliare gli aiuti a imprese, lavoratori e famiglie, è necessaria l’azione pubblica, ossia che le autorità varino un sistema di misure che – anche a copertura ex post di sostegni immediatamente forniti – dotino innanzitutto le banche, in prma linea e capaci di «creare moneta in tempo reale» (così Mario Draghi), di spalle più larghe.