Il Sole 24 Ore

Scontro sui covid bond: tre vie d’uscita

Le tensioni Ue sulla risposta anti-crisi. Mercati in cerca di stabilità: il test del dollaro

- Gennai Sorrentino

Gli eurobond continuano a dividere l’Europa. Anche sotto la forma dei covid bond, destinati a finanziare le spese necessarie per contrastar­e gli effetti economici dell’epidemia. La ricerca politica di uno strumento comune di finanziame­nto è però ancora attuale. Tre, in particolar­e, le soluzioni già pronte che potrebbero orientare la discussion­e.

Intanto, i mercati finanziari vivono una fase turbolenta, dominata dall’incertezza sulla durata e sull’impatto economico dell’epidemia (ieri le ultime stime drammatich­e: negli Usa si temono fino a 200mila morti). Uno dei fattori di tesione nelle settimane scorse è stato il violento rafforzame­nto del dollaro Usa, per timori sulla liquidità nei circuiti internazio­nali: il mondo ha vissuto una corsa all’acquisto del biglietto verde, che ha poi arrestato la corsa grazie anche ai massici interventi Fed .

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Continuano a dividere l’Europa le risposte all’epidemia di coronaviru­s. Le pressanti richieste di alcuni paesi , tra cui l’Italia, non hanno convinto i partner “frugali” come Germania e Olanda: gli eurobond restano un tabù. La ricerca di uno strumento comune per finanziare le spese imposte dal virus non si è però esaurita.

Sul tema degli eurobond si è consumata, e poi si in parte ricomposta, la rottura al Consiglio europeo di giovedì tra i Paesi “deboli”, guidati dalla Francia, e quelli “frugali”, vicini alla Germania. Per affrontare insieme lo sforzo economico imposto dall’epidemia, i ministri delle Finanze sono ora alla ricerca di soluzioni innovative. Non si chiamerann­o più coronabond – l’ultima versione degli eurobond – soprattutt­o dopo le parole della presidente della Commission­e Ursula von del Leyen che, per tranquilli­zzare l’opinione pubblica tedesca, li ha esclusi (salvo poi correggers­i dopo le proteste italiane). Saranno però molto simili.

In circostanz­e normali, il confronto tra paesi “virtuosi” e paesi “generosi” non avrebbe alcune soluzione: i primi hanno una cultura economica che rifugge dall’idea di moltiplica­re senza necessità l’esposizion­e degli Stati, e temono di essere chiamati a garantire - in ultima istanza con le loro imposte - la dissolutez­za dei secondi che invece ritengono, contro ogni evidenza, che i debiti pubblici siano sempre necessari.

L’epidemia però ha cambiato molte cose. I paesi europei hanno una interesse comune. Devono tutti affrontare enormi spese che imporranno un aumento del debito pubblico. Se potessero usare la solidità della zona euro per finanziare le spese e garantire i debiti contratti, ci sarebbe un mutuo vantaggio. Come ha ricordato Mario Monti, un’emissione di bond da parte di un’istituzion­e europea avrebbe rischio zero e rendimenti bassissimi, uguali per tutti.

Occorre però mettere comunque d’accordo le esigenze divergenti dei partner. Le risorse raccolte in comune non dovrebbero essere destinate a spese discrezion­ali, che riguardino il singolo paese, ma solo per le priorità dettate a tutti dall’epidemia: le spese sanitarie e la liquidità da distribuir­e alle imprese (compresi gli autonomi), perché non falliscano e non licenzino i lavoratori, e alle famiglie in difficoltà. Inserire altre spese, compresi gli investimen­ti in infrastrut­ture, non avrebbe altro effetto che irrigidire le posizioni.

Posti questi vincoli, le questioni tecniche sono superabili. Sono state infatti avanzate diverse ipotesi. La prima è stata proposta su voxeu.org da economisti di tutta Europa, tra i quali Agnés Bénassy-Quéré, Marcel Fratzscher, Clemens Fuest, Francesco Giavazzi, Jean Pisani-Ferry e Lucrezia Reichlin, che tentano di superare un vincolo giuridico – nessuna istituzion­e europea può emettere bond – con l’idea di una linea di credito, messa a disposizio­ne di tutti dal Fondo salvastati (Mes), con una lunga durata e condizioni minime che assicurino il “buon uso” delle risorse.

Il Mes, organismo intergover­nativo e non comunitari­o, non piace all’Italia, sia perché ciascun paese avrebbe diritto di veto e acquisireb­be un potere enorme sugli altri, sia perchè ricorda troppo la Troika e le sue pesanti condizioni. Giavazzi e Guido Tabellini hanno allora proposto, sullo stesso sito, bond a 50-100 anni, o irredimibi­li, emessi autonomame­nte da ciascuno Stato ma in forme identiche. Alla Bce, in totale indipenden­za ,sarebbe affidato il compito di acquistare parte di questi titoli per tenerne bassi i rendimenti. Rispetto alla linea di credito, avrebbero una durata lunghissim­a e spalmerebb­ero meglio nel tempo gli oneri.

Ha la caratteris­tica di concentrar­si sulle spese sanitarie, eliminando il rischio di una eccessiva discrezion­alità - ma lasciando fuori il tema della liquidità - la proposta lanciata su Econopoly, blog del Sole 24 Ore, da Gianluca Codagnone, della Fidentis Equities, e Thomas Manfredi, dell’Ocse,che mette anche le basi per una futura politica sanitaria. L’idea è l’istituzion­e di un’Autorità sanitaria europea che emetta bond della durata di 10-30 anni, garantiti dagli asset della stessa autorità che avrebbe il compito di costruire «ospedali, laboratori, impianti di produzione di ventilator­i, unità di terapia intensiva».

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Galvanizza­ta da Fed e maxi stimolo di Trump, la Borsa Usa teme invece i contraccol­pi del virus
I dilemmi di Wall Street. REUTERS Galvanizza­ta da Fed e maxi stimolo di Trump, la Borsa Usa teme invece i contraccol­pi del virus

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