Sindaci, ecco i 400 milioni Bonus o alimenti alle famiglie
Entro domani 400 milioni ai Comuni che sceglieranno se erogare il bonus o gli alimenti Decaro (Anci): «Grossa responsabilità, ma solo noi conosciamo le famiglie»
Arriveranno nelle prossime ore, entrodomani, i 400 milioni destinati ai Comuni oer la «solidarietà alimentare». Il bonus vale in media 400 euro per ogni famiglia interessata, ma ai sindaci v iene lasciata autonomia totale sulla gestione. Saranno i Comuni, in base alle valutazioni dei servizi sociali, a decidere caso per caso se assegnare i buoni spesa (senza un valore unitario predefinito), che acquisteranno con una deroga generale al Codice Appalti, o se dare direttamente l’aiuto alimentare. Una circolare del Viminale chiarisce che anche la Polizia locale può fare le sanzioni per chi viola il contenimento sociale.
Arriveranno al massimo entro domani i 400 milioni aggiuntivi annunciati sabato dal premier Conte e dal ministro dell’Economia Gualtieri per finanziare la «solidarietà alimentare» con i buoni spesa nei Comuni. La scadenza è scritta nel testo definitivo dell’ordinanza della Protezione civile, ma il calendario potrebbe tagliare ulteriormente i tempi perché la Corte dei conti ha accelerato sulla registrazione dei provvedimenti. Che sono due: un decreto di Palazzo Chigi anticipa 4,3 miliardi del Fondo di solidarietà comunale, cioè le risorse locali che vengono redistribuite ogni anno fra i sindaci delle Regioni ordinarie e di Sicilia e Sardegna. E, appunto, l’ordinanza della Protezione civile.
I criteri
L’ordinanza è snella, e affida integralmente ai sindaci la gestione degli aiuti. Il provvedimento si limita infatti a fissare i 400 milioni, 386,9 milioni alle Regioni a Statuto ordinario e 13,1 a Sicilia e Sardegna. Nei territori a Statuto speciale del Nord dovranno essere Regioni e Province autonome a metterci le risorse. L’80% di questo fondo, cioè 320 milioni, è diviso fra tutti i Comuni in proporzione alla popolazione. Gli altri 80 milioni provano a seguire la geografia della povertà, e sono distribuiti in base a un parametro che misura la distanza fra il reddito medio pro capite di ogni Comune e il reddito medio pro capite nazionale. In ogni caso, nessun Comune, nemmeno il più piccolo e “ricco”, potrà ricevere meno di 600 euro.
Autonomia nelle regole
L’ordinanza in pratica finisce qui. E spiega che i Comuni potranno usare questi soldi per l’acquisto di buoni spesa o per raccogliere direttamente generi alimentari di prima necessità da distribuire ai cittadini. I Comuni possono aprire dei conti correnti dedicati per raccogliere le donazioni per la “solidarietà alimentare”, e a queste donazioni si applicheranno le detrazioni del 30% (o la deduzione piena dal reddito nel caso delle imprese) appena introdotte dall’articolo 66 del Dl 18/2020. Per il resto, tutta la gestione è affidata ai sindaci, a cui vengono lasciate le mani libere: anche per l’acquisto dei buoni spesa, che potrà essere effettuato rivolgendosi direttamente agli esercenti e alla grande distribuzione, grazie a una deroga piena al Codice degli appalti. «In questo modo ci assumiamo una grossa responsabilità – spiega al Sole 24 Ore Antonio Decaro, il presidente dell’Anci che ha chiesto e ottenuto di ridurre al minimo i parametri decisi a livello centrale – ma i Comuni già fanno questa attività e conoscono le famiglie in difficoltà».
La doppia via
In pratica, già nelle prossime ore i soldi arriveranno sui conti dei Comuni e toccherà al sindaco e ai servizi sociali individuare le famiglie interessate e le modalità d’intervento. In media si può stimare che l’aiuto valga 400 euro a famiglia, perché una prima versione dell’ordinanza stanziava 300 milioni per finanziare un’una tantum da 300 euro. Nella versione definitiva ogni cifra è sparita, proprio per lasciare ai Comuni libertà d’azione. Anche sul valore unitario del buono spesa. Tutto dipende anche dai destinatari: ci sono casi in cui il buono sarà dato alla famiglia, ma ci sono situazioni più problematiche in cui è meglio che i Comuni diano direttamente i generi alimentari, per evitare sprechi. In genere le famiglie da aiutare sono quelle già seguite dai servizi sociali, ma chi ha bisogno potrà comunque bussare alle porte dei sindaci (come già accade).
Gli altri fondi
In queste ore arriveranno ai sindaci anche i 4,3 miliardi che anticipano il 66% del Fondo di solidarietà comunale di quest’anno. L’anticipo è un passaggio che avviene tutti gli anni. Nel 2019 fu deciso il 20 marzo. A essere straordinario è il contesto, che vede le casse locali prosciugarsi per l’impossibilità di riscuotere tributi, tariffe e canoni. La mossa evita il rischio di una paralisi dei Comuni che sarebbe un colpo per la tenuta del Paese. Perché al Sud ma non solo i Comuni stanno già affrontando l’emergenza alimentare con mezzi propri. Con l’aiuto del volontariato. E con lo sforzo straordinario di amministratori locali e dipendenti: sforzo che soprattutto nei centri più piccoli è inversamente proporzionale a indennità e stipendi.
L’80% dei fondi è distribuito in base alla popolazione, l’altro 20% si concentra dove il reddito è più basso