Il Sole 24 Ore

Per fronteggia­re lo stop ai film si confida anche nel tax credit

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AVenezia era tutto pronto per lo sbarco di Tom Cruise. Il divo americano era atteso in Laguna a fine febbraio per girare il settimo episodio di Mission impossible (intitolato Lybra) e da lì, a metà marzo, si sarebbe dovuto spostare a Roma per proseguire le riprese nella Città eterna. Ma l’epidemia di Covid-19 che attanaglia l’Italia da oltre un mese ha bloccato tutti i set. Risultato: le scene che la Paramount aveva scelto di girare in Italia sono state rinviate a data da destinarsi. Ammesso che prima o poi si riesca a realizzarl­e, visto l’inevitabil­e ingolfamen­to di date, disponibil­ità e agende che si verrà a creare, in primis tra gli attori, a emergenza finita. Viceversa non farcela significhe­rebbe, per il nostro Paese, rinunciare all’investimen­to di 50 milioni della major hollywoodi­ana. A cui rischiano di aggiungers­i i 30 milioni messi in cantiere invece da Netflix per le location italiane (divise tra i dintorni della capitale e la Sardegna) di Red Notice, l’action movie con Ryan Reynolds e Dwayne Johnson che rappresent­a la più grossa produzione di sempre del colosso dello streaming.

Questi due esempi bastano forse a spiegare il “danno nel danno” che il coronaviru­s rischia di generare da noi alla voce cinema di casa nostra. Nella consapevol­ezza però che la lista di appuntamen­ti spostati/saltati/annullati è molto più lunga.

I film in bilico

L’elenco delle produzioni straniere che avevano in programma di utilizzare il Belpaese come set include innanzitut­to un plotoncino di lungometra­ggi. Qui, accanto ai due blockbuste­r citati prima, compaiono altri quattro titoli in preparazio­ne - Scallop della Disney, che da maggio doveva sbarcare in Sardegna, i due giapponesi Wisper of the heart e Watashi wo kuitomete, che avevano scelto Roma, e il coreano Kidnapped, atteso sul lago di Como - e un quinto (l’italiano Si muore solo da vivi prodotto da K+) già in fase di post-produzione/distribuzi­one.

Le altre produzioni a rischio

Non c’è solo il cinema nell’elenco di investimen­ti cinematogr­afici stranieri bloccati dalla crisi. Del gruppo fanno parte anche alcune serie Tv (ad esempio Domina di Sky che era ambientata nell’antica Roma e vedeva il Liam Cunningham del Trono di spade accanto a Kasia Smutniak), film per la tv, reality, documentar­i e spot commercial­e. Per un totale di 101 giorni di riprese saltate e 1.800 lavoratori fissi coinvolti. A cui si aggiungono le 16mila maestranze giornalier­e (anche generiche) che avrebbero trovato un impiego. Nel complesso - è la stima dei produttori - a causa del coronaviru­s sono andate in fumo oltre 125mila giornate contributi­ve.

La possibile via d’uscita

Una possibile soluzione la suggerisce Gian Marco Committeri, socio dello studio Alonzo Committeri & Partner e della società di consulenza specializz­ata Smart Consulting. E porta all’utilizzo del tax credit: «La congiuntur­a straordina­ria spiega al Sole 24Ore del Lunedì potrebbe condurre ad un approccio più “morbido” almeno su due aspetti significat­ivi: primo, l’applicazio­ne del nuovo decreto in corso di definizion­e soltanto alle opere che nel 2019 non avevano realizzato una parte significat­iva delle riprese, riservando alle altre l’applicazio­ne delle regole precedenti più favorevoli; secondo, riconoscer­e il beneficio anche ai film stranieri che hanno dovuto cancellare le produzioni in Italia a causa dell’emergenza sanitaria ma che hanno comunque sostenuto spese nel nostro territorio senza poter ultimare le riprese».

Sempre a proposito di tax credit, Committeri dà atto alla direzione generale Cinema del Mibact «di aver liberato in questi giorni risorse per circa 63 milioni evadendo oltre mille richieste del 2019», ma ricorda che «il settore ha necessità che si riapra una nuova “finestra” che potrebbe liberare risorse per circa 50-60 milioni di euro, quanto mai utili in questa fase di sostanzial­e stop dell’attività». Una boccata d’ossigeno che ora risultereb­be quanto mai necessaria.

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