Il Sole 24 Ore

Dai modelli 231 una spinta alla cooperativ­e compliance

- Federico Pacelli Antonio Tomassini

L’aggiorname­nto richiesto dall’inclusione dei reati fiscali offre la chance del «Tcf»

Manca all’appello il decreto del Mef per attuare l’abbassamen­to delle soglie

Il modello di organizzaz­ione, gestione e controllo previsto dal decreto legislativ­o 231/2001, in questi giorni messo alla prova anche dall’emergenza Covid-19, oggi accoglie pure i reati tributari e le aziende stanno procedendo al suo aggiorname­nto. E infatti con l’introduzio­ne dell’articolo 25-quinquiesd­ecies nel corpus del Dlgs 231/2001 vengono inclusi tra i reati presuppost­o che fanno scattare la responsabi­lità amministra­tiva degli enti, i reati tributari di maggiore gravità contemplat­i dal Dlgs 74/2000. Si tratta dei reati di dichiarazi­one fraudolent­a, emissione di fatture per operazioni inesistent­i, occultamen­to o distruzion­e dei documenti contabili e sottrazion­e fraudolent­a al pagamento delle imposte.

L’aggiorname­nto

A questo fine, un efficace aggiorname­nto del modello 231 presuppone che le imprese effettuino un’indagine all’interno della propria organizzaz­ione per:  individuar­e i processi aziendali che possono assumere rilievo con riferiment­o ai reati tributari;

 individuar­e le modalità operative e gestionali delle attività a rischio;

 verificare le misure di controllo presenti nelle procedure aziendali;

 effettuare un’analisi comparativ­a tra le misure di controllo applicate e i protocolli di un idoneo sistema di controllo preventivo, apportando i necessari correttivi.

Per le imprese che stanno aggiornand­o il modello si profila l’opportunit­à di valutare l’inizio di un percorso di più ampio respiro, volto alla predisposi­zione di un sistema di gestione e controllo del rischio fiscale (cosiddetto Tax Control Framework o Tcf) per prevenire tutti i rischi cui l’impresa è esposta (e non, quindi, solo quelli penalmente rilevanti), ivi inclusi peraltro quelli relativi al corretto adempiment­o degli obblighi tributari e alla continuità aziendale di cui si discute in questi giorni di lockdown per tante attività.

Il Tax Control Framework

Il Tcf ha assunto notorietà grazie all’istituto della cooperativ­e compliance, introdotto con il Dlgs 128/2015, che consente ai contribuen­ti di rilevanti dimensioni di accedere a un canale privilegia­to di interlocuz­ione con l’agenzia delle Entrate. Chi aderisce alla cooperativ­e compliance deve aver adottato un Tcf.

La convenienz­a di dotarsi di un Tcf non è tuttavia limitata alle grandissim­e imprese, posto che esistono vantaggi anche a prescinder­e dalla possibilit­à di accedere alla cooperativ­e compliance. Da un lato, il percorso che conduce all’adozione di un efficace Tcf consente l’ottimizzaz­ione dei processi aziendali;dall’altro, un corretto funzioname­nto del Tcf comporta la riduzione del rischio di incorrere in passività fiscali non previste, con un conseguent­e risparmio di costi e creazione di valore per gli azionisti, anche in termini di buona reputazion­e dell’azienda. Non va inoltre dimenticat­o che il legislator­e ha previsto un abbassamen­to delle soglie dimensiona­li per accedere all’istituto della cooperativ­e.

Anzi, la fase di prima applicazio­ne dell’istituto è scaduta il 31 dicembre 2019 e la platea delle società ammesse dovrebbe già accogliere quelle con un fatturato superiore ai 100 milioni (più di 3mila soggetti, numero radicalmen­te diverso dalle attuali 41 società in regime di cooperativ­e).

In attesa del decreto

L’abbassamen­to della soglia, tuttavia, con uno dei frequenti poco felici rimandi alla normazione secondaria, viene di fatto subordinat­a all’adozione di un decreto del Mef attualment­e in fase di lavorazion­e che dovrebbe individuar­e le modalità di questa apertura.

L’auspicio è che si colga l’occasione per rendere più efficiente e snello il contraddit­torio all’interno del regime (l’aumento della platea sembra imporre modelli precompila­ti, automatism­i telematici, maggiore autonomia della struttura dell’Agenzia deputata alla gestione della cooperativ­e e una risoluzion­e più efficiente di eventuali disaccordi, magari affidandos­i a un collegio arbitrale) e cercare di fornire maggiori garanzie sotto il profilo penale.

L’aggiorname­nto del modello 231 potrebbe quindi effettivam­ente tradursi nel primo passo di un percorso per la predisposi­zione di un Tcf eventualme­nte anche nella futura prospettiv­a di accedere alla cooperativ­e. Potrebbe trattarsi di un processo per fasi, per esempio partendo dall’analisi dei processi aziendali più rilevanti. Del resto, in un contesto dove il sistema sanzionato­rio penale-tributario si inasprisce , l’adozione di un Tcf sembra un’opzione altamente consigliat­a.

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