Il recupero del vetro: COREVE esempio eccellente di economia circolare
Mission e vision del Consorzio di Recupero del Vetro più virtuoso d’Europa raccontate dal suo Presidente Gianni Scotti
l recupero del vetro è un esempio ottimale di economia circolare afferma Gianni Scotti, Presidente di COREVE, Consorzio Recupero Vetro - e il processo per restituire una nuova vita a questo materiale risponde alle odierne e sempre più pressanti esigenze di sostenibilità».
Il vetro, a dispetto dei suoi circa 5000 anni di storia, è oggi molto attuale e, grazie al contributo quotidiano di milioni di cittadini che si impegnano nella sua raccolta e a realtà come COREVE, che ne garantisce il recupero per successivo riutilizzo, può essere definito un materiale permanente.
«Il vetro è una vera e propria risorsa in grado di rinascere all’infinito grazie a processi di recupero che abbassano i livelli di emissione di CO2 e che oggi più che mai rendono perfettamente sostenibile la realizzazione di contenitori che portano nel mondo il nostro Made in Italy del Food. Vino, olio, conserve e tutto ciò di eccellente che il territorio italiano produce, conserva nel tempo e nella distanza le proprie caratteristiche organolettiche grazie al vetro».
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COREVE nasce nel 1998 e rapidamente diventa parte del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi). Con i suoi 2 milioni e 200 mila tonnellate di rifiuti d’imballaggio in vetro raccolte nel 2018 e un tasso di riciclo oltre il 76%, COREVE è una realtà eccellente, anticipatrice del raggiungimento degli obiettivi europei fissati per il 2030 in materia di riciclo (pari al 75%). E conta di raggiungere a breve un tasso di riciclo dell’80%.
La differenza la fa il cittadino
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La prima fase del riciclo parte dal comportamento del cittadino, che deve sapere come effettuare una corretta raccolta del vetro seguendo semplici ma fondamentali regole.
Nelle campane del vetro devono essere gettate solo bottiglie e vasetti, liberi dai sacchetti di plastica con cui vengono generalmente trasportati, e separati da piatti, tazzine, oggetti in ceramica, cristallo e pyrex, ovvero falsi amici del vetro che, invece, vanno messi nella indifferenziata.
«Sono le impurità nella differenziata e i conseguenti scarti a danneggiare il riciclo finale tanto che in Italia più del 13% del raccolto viene perso per una scorretta separazione, ad esempio, del vetro da ceramica o plastiche. Questo è un problema tipicamente sociale, con ripercussioni sull’Economia Circolare del Paese: se la qualità della raccolta non è buona, tutto il virtuoso processo di riciclo perde efficacia. La presenza di inquinanti comporta maggiori scarti, maggiori costi di smaltimento in discarica e inferiori ricavi per i Comuni, ai quali Coreve riconosce dei corrispettivi. Vi sono società che hanno investito per riciclare anche gli scarti di processo, altrove smaltiti in discarica, recuperandone un 60%, con la produzione della cosiddetta “sabbia di vetro”. Ma il problema rimane. Facciamo l’esempio del cristallo, composto anche da piombo, e buttato dal cittadino non informato insieme al vetro da imballaggio. Il piombo, metallo pesante, è considerato un inquinante e sebbene non comporti pericolo, essendo il vetro un materiale inerte che non cede nulla al contenuto, le norme internazionali su riciclo e caratteristiche degli imballaggi ne limitano la presenza. In Europa c’è una tolleranza diversa rispetto agli Stati Uniti, quindi, per esportare le nostre eccellenze agroalimentari in imballaggi sostenibili e con contenuto di riciclato, dobbiamo evitare la presenza del cristallo già alla fonte».
Gianni Scotti -
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Altro elemento basilare per la riuscita del riciclo è il tipo di raccolta, svolta in modalità stradale, nelle campane, oppure con il “porta a porta”: in entrambi i casi è importante che la gestione del servizio sia efficace, puntuale e orientata a limitare le impurità, e che nel trasporto il materiale non venga frantumato eccessivamente, cosa che rende difficoltosa o impossibile la separazione del vetro dagli inquinanti.
Dai dati COREVE, che ritira e ricicla circa il 90% del materiale raccolto in Italia, l’optimum è la raccolta “monomateriale” (solo vetro) a “campana”. Allontanandosi da questo modello, aumentano i costi e peggiora la qualità. Superata la prima fase, si procede alla trasformazione del vetro in MPS, (Materia Prima Seconda), in appositi impianti di trattamento; i rottami trattati e idonei alla rifusione, persa la qualifica di rifiuto (End of Waste), vengono riciclati nelle vetrerie diventando nuovi imballaggi. Questa valorizzazione avviene in impianti di trattamento che utilizzano sofisticate macchine di selezione degli inquinanti e ripetitivi passaggi per individuare e allontanare le impurità, anche se, insieme a esse, purtroppo si scarta anche il vetro circostante. I frammenti troppo piccoli, dai quali non è più possibile rimuovere gli inquinanti, oggi con le tecnologie disponibili possono essere recuperati solo parzialmente e trasformati in “sabbia di vetro” destinata all’edilizia, ma, nonostante questo sforzo, le perdite sul raccolto del vetro, altrimenti riciclabile al 100% all’infinito, sono inaccettabili.
«Unico limite al riciclo di questo materiale straordinario è il colore. I vetri scuri o colorati, indispensabili per proteggere dalla luce gli alimenti, non possono essere utilizzati per produrre vetri chiari o ambrati. Fortunatamente i più recenti impianti di trattamento sono dotati della tecnologia che consente la separazione del vetro per colore».
- fa notare Scotti -
Una volta uscito dal forno il vetro fuso viene trasformato in un nuovo contenitore, e ceduto alle imprese che, utilizzandolo per confezionare bevande o alimenti, lo immettono di nuovo sul mercato e quindi nel ciclo del consumo. Alla fine di questa ulteriore vita, il processo riparte con la raccolta, all’infinito.
«Negli ultimi anni la crescita della raccolta del ria riciclatrice,
- rivela Gianni Scotti -
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