Consegna del bene, termini «semplici» o «essenziali»
In un preliminare di vendita stipulato fra Tizio e Caio il 12 ottobre 2018, Tizio promette di vendere a Caio un immobile di sua proprietà e viene fissato che il rogito debba avvenire entro il 15 ottobre 2020. Caio vorrebbe stipulare l’atto definitivo di vendita prima del 15 ottobre 2020, ovvero a maggio 2020, mentre Tizio vorrebbe firmare il rogito in prossimità del termine fissato nel preliminare di vendita. Tizio può rifiutarsi di aderire alla richiesta di Caio?
M.B. - BOLOGNA
Il contratto preliminare è un contratto a effetti obbligatori: le parti si impegnano a stipulare un contratto successivo – detto definitivo – e già definiscono le clausole del negozio, almeno quelle essenziali previste dall’articolo 1325 del Codice civile, o altre accessorie, concordate per realizzare compiutamente le rispettive finalità. Ad esempio, nella vendita si definiranno l’oggetto, il prezzo, le modalità di pagamento. Tra le clausole ricorrenti nel preliminare di compravendita immobiliare figura il termine entro il quale dovrà essere stipulato il contratto definitivo a effetti reali, con il conseguente trasferimento della proprietà del bene immobile.
Tuttavia occorre precisare che il termine concordato può essere “essenziale” – nel qual caso il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti determina l’inadempimento, con conseguente risoluzione di diritto del contratto preliminare (articolo 1457 del
Codice civile) – oppure “semplice”, cioè privo del requisito della essenzialità, quando al mancato rispetto non consegue la drastica risoluzione contrattuale, ma semplicemente un inadempimento non grave e la mora a carico della parte che non ha rispettato il termine: in questo secondo caso il contratto preliminare resta valido.
È importante quindi che le parti, o una sola di queste, ove decidano di concordare un termine essenziale per la stipula del negozio definitivo, lo specifichino nel contratto, con una dicitura chiara e univoca, magari precisando anche se una sola delle parti ha interesse al termine essenziale. La valutazione sulla essenzialità del termine è rimessa al giudice di merito. La clausola “entro e non oltre”, che solitamente è inserita nei contratti preliminari, non è considerata termine essenziale (Cassazione 32309/2019, 21838/2010 e 25549/2007).
Tornando al caso specifico, non viene riportata alcuna caratteristica del termine, che sembrerebbe quindi non avere carattere essenziale. In questa situazione il promissario acquirente, che ha interesse ad anticipare l’acquisto rispetto alla data prevista nel preliminare, potrebbe inviare al promittente venditore una diffida ad adempiere al negozio entro un termine da lui stabilito (minimo di quindici giorni), pena la risoluzione contrattuale.
Tuttavia, il periodo piuttosto lungo concordato fra la stipula del preliminare e il rogito definitivo potrebbe essere giustificato da un interesse manifestato da una o entrambe le parti (ad esempio, la necessità del venditore di attendere la fine della costruzione di un nuovo appartamento, che andrà ad abitare), del quale quindi costoro devono tenere conto. La decisione del compratore di anticipare la stipula potrebbe appunto incidere sulla necessità del venditore di mantenere l’abitazione fino allo spirare del termine: due interessi contrapposti che in un eventuale contenzioso verranno valutati dal giudice, anche rispetto alle altre clausole negoziali. In ogni caso, il termine “lungo” stabilito nel preliminare esprime la concordata volontà dei contraenti e non può quindi essere totalmente vanificato dal mutamento di decisione di una delle parti.
Soccorrono nella valutazione della situazione le norme del Codice civile dettate sull’adempimento delle obbligazioni: gli articoli 1183 sul tempo dell’adempimento, 1184 sul termine e 1185 sulla pendenza del termine. In particolare quest’ultimo stabilisce che il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, salvo che il termine sia stato concordato esclusivamente in suo favore.