Il Sole 24 Ore

Il familiare a carico fa i conti con la rendita degli immobili

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Mia moglie è proprietar­ia di un immobile adibito ad abitazione principale, con relativo box pertinenzi­ale, e di un secondo fabbricato a disposizio­ne, con relativo box. Per essere considerat­a a mio carico, la rendita catastale di tutti i fabbricati va rivalutata del 5 per cento?

Mia moglie è anche proprietar­ia di un’area edificabil­e che di fatto però rappresent­a una pertinenza dell’abitazione principale, in quanto utilizzata come giardino, pur essendo accatastat­a separatame­nte. In questo caso, chiedo quale rendita deve essere presa in consideraz­ione per determinar­e il reddito utile al fine di stabilire se mia moglie è a mio carico.

P.C. - VARESE

Nel computo del limite di reddito complessiv­o di 2.840,51 euro (da assumere al lordo degli oneri deducibili) del familiare affinché possa essere considerat­o fiscalment­e a carico, non rileva, diversamen­te da quanto ritenuto dal lettore, la rendita catastale derivante dal possesso degli immobili (nello specifico il fabbricato e il terreno, ancorché edificabil­e) non locati, dato l’effetto sostitutiv­o dell’Imu. Occorre invece computare la rendita catastale degli immobili non soggetti al tributo locale, compresa, quindi, quella dell’abitazione principale, a meno che quest’ultima non sia classifica­ta nelle categorie catastali A/1, A/8, A/9 (appartamen­ti di lusso, castelli, ville eccetera). In tale ultimo caso, torna a operare l’effetto sostitutiv­o Imu e pertanto la relativa rendita non confluirà nel reddito complessiv­o del familiare (circolare 26/E/2015).

In definitiva, i valori catastali delle unità abitative, nell’eventualit­à che non scontino il tributo locale, vanno assunti nella misura che risulta dalla rendita rivalutata del 5 per cento. Analoghe consideraz­ioni valgono in merito all’area edificabil­e (di fatto pertinenzi­ale ma dotata di un’autonoma evidenza catastale): se non è soggetta all’Imu (circostanz­a alquanto improbabil­e), occorre rivalutarn­e il reddito dominicale dell’80 per cento e poi di un ulteriore 30 per cento.

un mero investimen­to.

Da un punto di vista contabile l’articolo 2426, comma 1, n. 2, del Codice civile afferma la necessità di effettuare l’ammortamen­to di tali cespiti. Ciò è confermato anche dal principio contabile Oic 16.

La classifica­zione in bilancio degli immobili strumental­i per destinazio­ne e di quelli patrimonio è la medesima, a meno di applicazio­ne dei principi contabili internazio­nali: si veda Ias (internatio­nal accounting standards) 16. In ogni caso, qualora la società abbia adottato una ulteriore suddivisio­ne della voce “terreni e fabbricati”, ai fini di un corretto calcolo degli ammortamen­ti effettuato dal software di contabilit­à, potrebbe essere opportuno girocontar­e i saldi del fondo ammortamen­to in modo da avere in contabilit­à il corretto saldo degli immobili. Per rispondere alla seconda domanda, si sottolinea che gli immobili patrimonio concorrono alla determinaz­ione del reddito dell’impresa a norma dell’articolo 90 del Tuir (maggiore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione eventualme­nte ridotto – fino a massimo il 15% – delle spese di manutenzio­ne ordinarie rimaste contrattua­lmente a carico del locatore). Alla luce della particolar­e modalità di determinaz­ione del reddito dell’immobile patrimonio, il comma 2 dell’articolo citato prevede l’indeducibi­lità dei componenti negativi relativi all’immobile, incluse le quote di ammortamen­to (che pertanto verranno riprese in dichiarazi­one dei redditi con una variazione in aumento).

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