La moneta elettronica sfida il virus (e i ritardi)
In tempi di Covid-19 le transazioni web evitano i contatti. Attivare e usare gli strumenti non è però immediato
Il grande balzo in avanti della Cina nel contrasto al coronavirus è avvenuto anche grazie alla disinfezione delle banconote. Il mese scorso la Banca centrale cinese ha sottoposto a raggi ultravioletti e alte temperature i contanti provenienti dalle zone più colpite dall’epidemia, stoccati poi per due settimane in una sorta di quarantena (addirittura distrutto il cash ritirato in ospedali e negozi della regione di Wuhan).
Anche la Corea del Sud ha messo in quarantena le banconote. Mentre la Fed americana, come raccontato dal Wall Street Journal a inizio marzo, ha scelto di stivare per almeno dieci giorni i contanti ricevuti dall’Asia, prima di rimetterli in circolo.
Bankitalia ha deciso di tenere da parte presso le filiali per due settimane le banconote e le monete ritirate da banche e società di servizi.
ESporco (amato) denaro
I contanti sono un veicolo di trasmissione del virus? Come altri mezzi di contatto, ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità: basta sempre seguire le regole igienico-sanitarie.
Un recente studio statunitense, citato dal sito Medical Facts del virologo Roberto Burioni, afferma che l’abbattimento completo dell’infettività, con una temperatura ambientale pari a quella casalinga, si osserva dopo quattro ore sul rame, 24 ore sul cartone, 48 ore sull’acciaio e 72 ore sulla plastica. Il problema è che banconote (di solito mix di carta e fibre tessili) e monete in Italia passano di mano più frequentemente di altri Paesi, perché l’86% delle transazioni viene ancora regolato in contanti (dati Bce). L’ideale sarebbe dunque eliminare qualsiasi contatto con oggetti fisici (banconote, ma anche carte di credito e bancomat) e orientarsi verso pagamenti di prossimità (come
Apple Pay o Samsung Pay), ma anche sulle transazioni via wallet digitale quali Satispay. Insomma, la lotta al contante trova una ragione di più nell’emergenza coronavirus, oltre alla “classica” motivazione di contrasto all’evasione fiscale.
I pagamenti da casa
Se è vero che chi è pratico può saltare agilmente dalla ricarica telefonica al modello F24 per la Tari - tutto online - usare la moneta digitale può rivelarsi molto complicato.
C’è una fetta della popolazione - costituita soprattutto da anziani e immigrati senza conto - che non ha mai attivato l’home banking, né frequentato l’e-commerce. Che non ha mai fatto un bonifico online e non possiede carte di credito. Per queste persone, pagare le bollette in scadenza domani (31 marzo) può già voler dire correre dei rischi, se non si ha qualcuno che possa andare allo sportello o - ancora meglio - riesca a pagare direttamente dal sito delle Poste (si può farlo anche a nome d’altri).
In questi giorni di lockdown, di quarantena domestica obbligata, spesso diventa difficile anche solo attivarli, i servizi digitali. Pensiamo al ritiro in contanti delle pensioni fino a 1.000 euro, in corso da giovedì scorso e scaglionato in ordine alfabetico per evitare quelli che nel burocratese di decreti e ordinanze si chiamano «assembramenti» (oggi tocca ai cognomi dalla L alla O, per la cronaca). Come contromisura, si potrebbe attivare l’accredito su conto corrente, ma bisognerebbe scaricare e stampare il modulo Inps (AP03), farlo firmare e timbrare in banca e poi portarlo o inviarlo in via telematica all’Istituto (serve il Pin). E, a rigore, forse non sarebbe neppure attività consentita alla luce degli ultimi divieti. Idem per l’attivazione dell’home banking, per cui alcuni lettori segnalano tempi lunghi e complicazioni.