Imprese a caccia di liquidità: serve il modello del sisma 2016
I calzaturieri delle Marche: i prestiti bancari a tasso zero finanziati da Cdp e garantiti dallo Stato hanno salvato le imprese nel 2017, schema da riattivare per pagare stipendi
Le misure d’urgenza.
Tornare indietro di tre anni, all’esperienza post terremoto delle Marche, per far fronte alla necessità immediata di liquidità, che non è solo degli imprenditori della regione. La proposta parte dai calzaturieri del Fermano, gente abituata a essere resiliente, e valida ovunque nel Paese per affrontare quella che, da queste parti, è chiamata “tempesta perfetta”: lo stop dell’attività produttiva, delle forniture e delle vendite, dell’acquisizione degli ordini e dell’arrivo delle materie prime ha generato un blocco dei flussi di cassa. «Peggio del terremoto, perché allora eravamo consapevoli che l’evento si fosse concluso, mentre oggi davanti a noi ci sono solo incertezze e paure», dice Valentino Fenni, imprenditore e guida dei calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico.
Nel 2017 e nel 2018, gli istituti di credito, attraverso finanziamenti di Cassa depositi e prestiti garantiti dallo Stato e fatti transitare su conti correnti vincolati e infruttiferi delle imprese, consentirono il pagamento diretto dei modelli F24 relativi alle imposte dovute in quegli anni. Inoltre, per il pagamento del debito bancario, le imprese usufruirono di un finanziamento a tasso zero di durata quinquennale, con un preammortamento di 25 mesi. Una misura agevolativa, estremamente snella e semplice, da replicare oggi per il pagamento di fornitori, buste paga, utenze, affitti, tasse e ogni altra spesa corrente, all’interno di uno scenario peggiore rispetto al sisma del 2016, perché non si conosce la durata dell’attuale crisi sanitaria. All’epoca ne usufruirono 2.055 imprese all’interno dell’area del cratere per poco meno di 100 milioni di finanziamenti bancari, in parte in fase di restituzione. Per Fenni è «uno strumento straordinario e temporaneo, in attesa della ripartenza delle attività, attraverso il quale tutti pagherebbero tutti e non si verificherebbero interruzioni nei flussi finanziari». L’intervento ipotizzato avrebbe un altro aspetto virtuoso: il pagamento regolare delle imposte consentirebbe l’afflusso ordinario delle risorse finanziare nelle casse erariali.
Lo stesso schema operativo, nella proposta dei calzaturieri fermani, dovrebbe essere utilizzato per risolvere il grande problema di oggi: dare alle imprese tutta la liquidità necessaria per riprendere, attraverso «un prestito ponte di una durata più ampia rispetto ad allora, verosimilmente venti trent’anni, con un preammortamento generoso di 3 anni, a tasso zero, accessibile a tutti gli imprenditori senza limiti di età, con un fabbisogno pari almeno al 40% della perdita di fatturato del 2020 paragonato a quello del 2019». Anche questo un intervento «immediato, concreto ed efficace, in grado di accompagnare tutto il sistema produttivo nazionale fuori da questa pericolosa situazione e, in quanto legato al fatturato dichiarato, permetterebbe di sostenere soprattutto le aziende virtuose con bilanci in regola». La richiesta che parte da Fenni è chiara: «Passare subito dal silenzio delle parole al rumore dei fatti, con coraggio e lungimiranza, se non si vogliono perdere per sempre le nostre fabbriche e insieme a queste i sacrifici di intere generazioni di imprenditori e lavoratori».
Il tema non è certo il costo del denaro, ma per far funzionare lo “schema sisma” anche per l’emergenza Covid-19 «è necessaria una potenza di fuoco, perché le risorse finanziarie da attivare sono così ampie da richiedere necessariamente il coinvolgimento, come finanziatori e garanti, della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti».
«Ottenere liquidità velocemente e attraverso garanzie pubbliche del nostro Paese, che però avrebbero un impatto sul debito pubblico, o dell’Europa – allarga il fronte Sebastiano Di Diego, già docente di Finanza aziendale alla Politecnica delle Marche - è l’unica strada per non arrivare a una perdita permanente della capacità produttiva delle imprese, come è già avvenuto per l’Italia durante la crisi finanziaria». Senza garanzie, le imprese non farebbero accesso al debito bancario e bloccherebbero gli investimenti, con un impatto significativo anche sui livelli occupazionali. «La proposta dei calzaturieri – sottolinea ancora Di Diego - sfrutta la capillarità del nostro sistema bancario, che potrebbe subito agevolare l’immissione di nuova finanza».
Alla disperata ricerca di liquidità, i calzaturieri fermani propongono altre due soluzioni meno sofisticate: l’eliminazione temporanea della clausola di non trasferibilità e di regolarizzare la pratica della post datazione sugli assegni bancari, «in modo da consentire un passaggio veloce di crediti per facilitare i pagamenti, senza accedere a ulteriori linee di credito». Fenni li chiama «un mutuo accordo di solidarietà all’interno della filiera, visto che tutti sono sulla stessa barca».
Proposta di replicare le misure post-terremoto per garantire le tasse e la catena dei pagamenti