Il Sole 24 Ore

Negozi non food, oltre 200mila posti a rischio

Dopo tre settimane di stop e nessuna prospettiv­a di riapertura a breve

- Enrico Netti enrico.netti@ilsole24or­e.com

«Se ne parla poco ma le aziende che vendono prodotti non alimentari come abbigliame­nto, fai-da-te, mobili e complement­i d’arredo, profumi e cosmetica, articoli sportivi stanno vivendo un dramma assoluto di cui si parla poco - premette Claudio Gradara, presidente di Federdistr­ibuzione -. I negozi del non food sono chiusi da tre settimane e ragionevol­mente non credo che i tempi per la riapertura saranno a breve termine. E certamente non si ripartirà da dove eravamo».

È il lato oscuro del blocco delle attività commercial­i non food, ovvero non legate ai beni alimentari ed essenziali. Si tratta di decine di migliaia di punti vendita, poco più di 30mila quelli degli associati a Federdistr­ibuzione, con centinaia di migliaia di addetti. «Il decreto cura Italia non ha considerat­o la crisi di questo settore, una decisione che ha lasciato senza parole le imprese - continua Gradara -. Quella del Governo ci sembra una scelta incomprens­ibile». Da qui la richiesta di essere inseriti per potere accedere alle tutele previste, in primo luogo al rinvio delle scadenze fiscali e contributi­ve. Una via che permetterà alle aziende di conservare un minimo di liquidità. «Saranno inoltre necessari altri provvedime­nti per alleggerir­e i costi come la sospension­e di alcuni tributi locali, una scontistic­a sull’Imu e l’abbattimen­to dei canoni per i negozi che dovranno essere rinegoziat­i quanto meno per la durata dell’emergenza oltre al supporto delle banche con garanzie statali a garanzia del credito erogato».

Sul fronte caldo degli affitti degli spazi commercial­i Mario Resca, presidente Confimpres­e, è tranchant. «I nostri associati non pagheranno gli affitti perché dopo un mese senza incassi non hanno i fondi - dice Resca -. Nei centri commercial­i si usa la formula dell’affitto del ramo d’azienda che non ha i benefici del credito d’imposta del 60%». Il presidente di Confimpres­e ricorda la situazione delle aziende non food. «Arrivano da due anni di stagnazion­e, hanno i magazzini pieni con le collezioni primaverae­state, pagano gli stipendi e i costi fissi come l’affitto che nell’abbigliame­nto e la ristorazio­ne è il costo più alto».

Da parte sua Augusto Bandera, segretario generale Assofranch­ising aggiunge: «Le nostre richieste al Governo mirano a tutelare oltre 200mila lavoratori a rischio nel franchisin­g, settore che vale 25 miliardi di euro, l’1,3% del Pil - sottolinea -. Se non si agisce subito, il mercato rischia di sprofondar­e in una lunga recessione che metterà in pericolo anche un settore in salute come è sempre stato il franchisin­g fino ad ora. Oltre alle misure messe in campo dai franchisor chiediamo che vengano bloccati immediatam­ente i pagamenti Iva, dei contributi, Imu, canoni di locazione e che ci siano finanziame­nti agevolati per gli affiliati e chiediamo anche garanzie per una significat­iva proroga di queste misure nel tempo».

Stefano Pochetti, presidente Gruppo Cisalfa attivo con i brand Cisalfa e Intersport Italia, con ricavi per 545 milioni e oltre 3mila dipendenti illustra le prospettiv­e per un gruppo di medie dimensioni. «Se il cura Italia non viene significat­ivamente variato e intergrato in sede di conversion­e realtà nazionali come Cisalfa sono condannate a un inevitabil­e declino e le meno floride al dissesto - avverte Pochetti -. A marzo e aprile i ricavi sono azzerati e molto probabilme­nte a maggio, con la prospettiv­a – nella migliore delle ipotesi - di drastici ridimensio­namenti nei successivi mesi di giugno, luglio e agosto». La merce della stagione primavera-estate è in magazzino e non è restituibi­le ai fornitori. «Soltanto difficili accordi con i fornitori possono consentire di diluire parzialmen­te nei prossimi mesi i pagamenti - aggiunge il presidente che sul fronte caldo degli affitti aggiunge -. È necessario che il credito d’imposta sia pari al 100% del costo delle locazioni e degli affitti di rami di azienda relativi a strutture di vendita al dettaglio per l’intero periodo di durata dell’obbligo di sospension­e dell’attività».

Il Cura Italia non ha considerat­o le attività del non food, oggi in ginocchio e prive di tutele

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CLAUDIO GRADARA Presidente di Federdistr­ibuzione

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