Mes a condizionalità sbiadita soluzione migliore per l’Italia
Aseguito della riunione dell’Eurogruppo del 23 marzo scorso, accantonata l’ipotesi di una riforma del MES, il Presidente Centeno aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio Europeo Michel con la quale si apriva alla possibilità di utilizzare le linee di credito precauzionali del MES per venire incontro ai problemi economici dei paesi colpiti dall’epidemia. In particolare, la lettera apriva all’ipotesi che un paese potesse accedervi senza condizionalità macroeconomica, ma solo con un controllo sull’efficienza della spesa per far fronte all’emergenza. Vi si affermava infatti che: «Nel breve termine, l’intervento sarà mirato alla risposta al coronavirus e, nel lungo termine, si prevede che i paesi tornino alla stabilità».
Questa posizione era una notizia molto positiva per l’Italia perché le linee di credito del MES aprono la strada all’attivazione delle OMT, ossia le operazioni della BCE varate da Mario Draghi nell’agosto del 2012 che rappresentano lo strumento più potente per sostenere un paese in difficoltà. Le OMT consistono infatti in acquisti di titoli pubblici di un singolo paese, e non dell’intera eurozona, e in linea di principio sono di ammontare illimitato. Il combinato disposto di MES e OMT configura quel ruolo di prestatore di ultima istanza a favore degli Stati di cui molti hanno lamentato l’assenza in passato. È importante notare che le linee di credito precauzionali del MES non comportano un giudizio negativo sul paese e sono diverse da quelle date a paesi in crisi che perdono o rischiano di perdere l’accesso ai mercati, come fu il caso della Grecia.
Purtroppo, come noto, all’Eurosummit di giovedì scorso, l’Italia ha puntato tutto, assieme a Francia, Spagna e a vari altri paesi, sui cosiddetti Coronabonds o Eurobonds mirati a combattere l’epidemia da coronavirus. Questa presa di posizione, che a noi pare in sé ragionevole, ha tuttavia avuto l’effetto di irrigidire i paesi nordici e ha fatto sparire dal tavolo l’ipotesi più urgente e necessaria.
La domanda ora è come si possa uscire dallo stallo. La prima cosa da fare è quella di smettere di additare nemici e porre ultimatum. In fondo l’Italia chiede gli Eurobonds perché vuole la garanzia dei paesi più solidi dell’eurozona nel timore di non essere in grado di farcela da sola. I paesi nordici si oppongono perché hanno un debito pubblico meno elevato e ritengono di poter affrontare la crisi da soli. Quindi chi può fare a meno dell’Europa non è l’Italia, ma i paesi nordici. Il tentativo di mettere in campo gli Eurobonds è comprensibile e giustificato. Del resto questa potrebbe essere un’occasione storica non solo per offrire un salvagente all’economia, ma anche per mettere mano alle vulnerabilità dell’attuale costruzione europea. Tuttavia, il negoziato non si è mosso da una comprensione reciproca delle posizioni e non è stato offerto un reale punto d’incontro. Il governo italiano non vuole il Mes perché teme i sovranisti anti europei, così come i governi dei paesi nordici aborrono gli Eurobonds perché temono i loro sovranisti e non sanno come spiegare ai loro elettori-contribuenti che devono dare un aiuto alle “cicale” del Sud, sia pur in una situazione difficile come quella attuale.
Ciò detto, la soluzione migliore sarebbe di ottenere un’affermazione ancora più circostanziata di
Niente dividendi invece per lo Stato dal grande aumento di valore delle riserve auree dovuto all’effetto Covid