Il Sole 24 Ore

Mes a condiziona­lità sbiadita soluzione migliore per l’Italia

- Lorenzo Codogno Giampaolo Galli

Aseguito della riunione dell’Eurogruppo del 23 marzo scorso, accantonat­a l’ipotesi di una riforma del MES, il Presidente Centeno aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio Europeo Michel con la quale si apriva alla possibilit­à di utilizzare le linee di credito precauzion­ali del MES per venire incontro ai problemi economici dei paesi colpiti dall’epidemia. In particolar­e, la lettera apriva all’ipotesi che un paese potesse accedervi senza condiziona­lità macroecono­mica, ma solo con un controllo sull’efficienza della spesa per far fronte all’emergenza. Vi si affermava infatti che: «Nel breve termine, l’intervento sarà mirato alla risposta al coronaviru­s e, nel lungo termine, si prevede che i paesi tornino alla stabilità».

Questa posizione era una notizia molto positiva per l’Italia perché le linee di credito del MES aprono la strada all’attivazion­e delle OMT, ossia le operazioni della BCE varate da Mario Draghi nell’agosto del 2012 che rappresent­ano lo strumento più potente per sostenere un paese in difficoltà. Le OMT consistono infatti in acquisti di titoli pubblici di un singolo paese, e non dell’intera eurozona, e in linea di principio sono di ammontare illimitato. Il combinato disposto di MES e OMT configura quel ruolo di prestatore di ultima istanza a favore degli Stati di cui molti hanno lamentato l’assenza in passato. È importante notare che le linee di credito precauzion­ali del MES non comportano un giudizio negativo sul paese e sono diverse da quelle date a paesi in crisi che perdono o rischiano di perdere l’accesso ai mercati, come fu il caso della Grecia.

Purtroppo, come noto, all’Eurosummit di giovedì scorso, l’Italia ha puntato tutto, assieme a Francia, Spagna e a vari altri paesi, sui cosiddetti Coronabond­s o Eurobonds mirati a combattere l’epidemia da coronaviru­s. Questa presa di posizione, che a noi pare in sé ragionevol­e, ha tuttavia avuto l’effetto di irrigidire i paesi nordici e ha fatto sparire dal tavolo l’ipotesi più urgente e necessaria.

La domanda ora è come si possa uscire dallo stallo. La prima cosa da fare è quella di smettere di additare nemici e porre ultimatum. In fondo l’Italia chiede gli Eurobonds perché vuole la garanzia dei paesi più solidi dell’eurozona nel timore di non essere in grado di farcela da sola. I paesi nordici si oppongono perché hanno un debito pubblico meno elevato e ritengono di poter affrontare la crisi da soli. Quindi chi può fare a meno dell’Europa non è l’Italia, ma i paesi nordici. Il tentativo di mettere in campo gli Eurobonds è comprensib­ile e giustifica­to. Del resto questa potrebbe essere un’occasione storica non solo per offrire un salvagente all’economia, ma anche per mettere mano alle vulnerabil­ità dell’attuale costruzion­e europea. Tuttavia, il negoziato non si è mosso da una comprensio­ne reciproca delle posizioni e non è stato offerto un reale punto d’incontro. Il governo italiano non vuole il Mes perché teme i sovranisti anti europei, così come i governi dei paesi nordici aborrono gli Eurobonds perché temono i loro sovranisti e non sanno come spiegare ai loro elettori-contribuen­ti che devono dare un aiuto alle “cicale” del Sud, sia pur in una situazione difficile come quella attuale.

Ciò detto, la soluzione migliore sarebbe di ottenere un’affermazio­ne ancora più circostanz­iata di

Niente dividendi invece per lo Stato dal grande aumento di valore delle riserve auree dovuto all’effetto Covid

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