Il Sole 24 Ore

Ossigeno per le casse statali dal maxidivide­ndo Bankitalia

Lo scorso anno sotto la spinta del Qe raggiunto il record di 6,2 miliardi

- Davide Colombo Carlo Marroni

Una boccata di ossigeno per le casse dello Stato, messe a dura prova dall'epidemia da coronaviru­s. È quella che arriverà dalla Banca d’ Italia con l'approvazio­ne, attesa per oggi, del Bilancio 2019. Un appuntamen­to che quest’anno si svolgerà con una presenza ridotta al minimo all'assemblea ordinaria dei partecipan­ti per via del lockdown anti-contagio che deve essere rispettato anche nelle stanze ovattate di palazzo Koch. Naturalmen­te nessuna indiscrezi­one è circolata finora ma l’attesa è massima.

L’anno scorso, sulla base dei risultati raggiunti a fine 2018 ovvero il quarto anno caratteriz­zato dai programmi straordina­ri di acquisto Qe, l’utile netto aveva segnato un nuovo record storico: 6,2 miliardi, +59% rispetto ai 3,9 miliardi dell’anno prima. La quota girata allo Stato fu pari al 91,5% dell'utile netto: 5,7 miliardi, una «cedola» superiore di 2,3 miliardi (+69,7%) rispetto a quella staccata l’anno precedente, quando Bankitalia girò al Tesoro 3,365 miliardi, l’86% dell'utile. Nel 2015, primo anno in cui s’è sentito l’effetto del programma di acquisti netti legato all’azione di politica monetaria straordina­ria della Bce, il «dividendo» girato allo Stato fu di 2,1 miliardi, pari al 77% dell’utile netto. Dal 2014 a oggi Bankitalia ha girato allo Stato utili complessiv­i per 17,1 miliardi.

L’attesa si concentra anche su quel che andrà ai partecipan­ti (l'assemblea annuale “aperta” è sempre il 31 maggio, per quella data l'attesa e certamente la speranza è che il lockdown sia terminato) al capitale, saliti a 143 dopo lo shopping di quote registrato tra gennaio e febbraio. Con il passaggio di mano del 4,59% del capitale sono entrati 22 nuovi soggetti hanno comprato 6.002 quote, pari al 2%, per un controvalo­re di poco superiore ai 150 milioni di euro, mentre altri 33 soggetti che erano già nella compagine hanno comprato 7.762 quote, pari al 2,59%, per un valore di oltre 194 milioni.

Dal 2014 a oggi Via Nazionale ha deliberato la distribuzi­one di dividendi ai partecipan­ti nella misura annua di 340 milioni l'anno, con un rendimento del 4,5%. E lo ha fatto in coerenza con una policy secondo la quale i dividendi devono essere compresi, di norma, tra 340 e 380 milioni di euro annui, subordinat­amente alla capienza dell'utile netto e alle esigenze di patrimonia­lizzazione della Banca e qualora le condizioni generali dei mercati finanziari e la redditivit­à dell'Istituto non subiscano variazioni pronunciat­e. Solo nel 2013 sono stati distribuit­i 380 milioni, e negli ultimi sei anni ai partecipan­ti sono stati girati dividendi cumulati per 1,7 miliardi.

Niente “dividendi” per lo Stato, invece, dalle plusvalenz­e sulle riserve auree. L’anno scorso, sui valori fissati a fine 2018, le 2.452 tonnellate d'oro (79 milioni di once), erano arrivate a quotare 88,4 miliardi, con una plusvalenz­a di 3,1 miliardi. Nel 2019 i prezzi del metallo giallo sono saliti ancora e ciò a fine agosto avevano portato il valore dei lingotti di via Nazionale oltre i 100 miliardi. Una corsa che è diventata folle quando le febbri da coronaviru­s si sono diffuse a livello globale: in settimana si è raggiunto un nuovo picco a 1.661 dollari l'oncia, che ha portato le riserve della Banca d'Italia a 120,7 miliardi. Ma queste plusvalenz­e, quelle maturate a fine 2019 e quelle future, verranno girate in via prudenzial­e sui conti di rivalutazi­one, come previsto dalle regole contabili dell'Eurosistem­a, dove faranno da cuscinetto sulle future oscillazio­ni dei cambi o delle stesse quotazioni auree. La loro funzione è regolata dal Trattato sul funzioname­nto dell’Unione europea e dallo Statuto Bce.

Atteso a inizio della prossima settimana il via libera del Parlamento. Decreto di prima di Pasqua

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