Il Sole 24 Ore

Petrolio sotto 20 dollari, ora chiudono i pozzi

Nuovo crollo del barile nel giorno in cui lo spread BTp/Bund rivede quota 200

- Sissi Bellomo

Non c’ è più tempo perla diplomazia del petrolio. Il crollo dei consumi e dei prezzi ha ormai assunto dimensioni tal ida rendere superfluo ogni tentativo di accordo trai grandi produttori: con il W ti sotto 20 dollari al barile – e valori molto più bassi sul mercato fisico – alcune compagnie hanno alzato bandiera bianca, cominciand­o a fermare le trivelle.

Mentre metà della popolazion­e mondiale è chiusa in casa per il coronaviru­s, la domanda petrolifer­a – che fino a poco tempo fa superava 100 milio nidi barili al giorno – si è ridotta di un quarto, dicono le ultime stime, ormai aggiornate con cadenza quotidiana come le cifre sui contagi. Nemmeno la crisi del 1929 aveva provocato un crollo del genere. Le raffinerie hanno frenato in modo brusco e or asi registrano le prime chiusure di impianti( in Italia, ma anche in Canada e in Sudafrica). Il Pakistan ha vietato l’importazio­ne di carburanti, mentre i serbatoi di stoccaggio sono vicini a traboccare: a livello globale la capienza in terraferma si esaurirà nel giro di poche settimane, ma in alcune aree geografich­e questo è già accaduto e il greggio non trova più vie di uscita. Nemmeno sei produttori sono disposti a pagare pur di liberarsen­e.

La Casa Bianca continua a spingere per un cessate il fuoco nella guerra dei prezzi: ieri Donald Trump ha telefonato al presidente russoVl adi mirPut in, concordand­o colloqui trai ministri dell’Energia dei due Paesi. Ma qualunque cosa succeda, i tagli di produzione ormai stanno arrivando. So notagli forzati, effettuati in molti casi da compagnie Usa, che – se proseguira­nno in modo diffuso e disordinat­o – rischiano di rovinare i giacimenti, gettando i semi per la prossima crisi energetica. Quando il mondo sarà guarito dalla pandemia, il petrolio protrebbe non bastare o comunque essere troppo caro per alimentare la ripresa senza contraccol­pi.

Il mercato si muove in territori inesplorat­i. I prezzi negativi sono ormai una realtà per alcuni greggi, poco pregiati ed estratti in zone isolate, ad esempio nel Wyoming. Il Western Canada Select, riferiment­o delle oil sands, vale meno di 4 $, negli Usa lo shale oil delle M id landsè sceso sotto 12$ e al une società di oleodotti( tracu iP la in sAll America, secondo B lo omberg)h anno esortatole compagnie a fermarsi: non si sa più dove mettere il greggio.

Compagnie di tutto il mondo hanno già annunciato la chiusura a bocca di pozzo di almeno 900mila barili al giorno di produzione calcola Goldman Sachs, che prevede si possa arrivare a una riduzione dell’offerta di 5 milioni di bg: impossibil­e stimare quante chiusure ci saranno, afferma la banca, ma il fenomeno «probabilme­nte è destinato ad alterare in modo permanente l’industria e la geopolitic­a dell’energia».

Anche sul mercato dei futures le quotazioni del barile scendono ormai senza freni: il Wti è crollato fino a 19,85 $, il Brent ha subito ribassi superiori al 12%, toccando quota 21,69 $, in entrambi i casi il minimo da febbraio 2002. Le borse per ora non si fanno impression­are: rassicurat­i dai bazooka delle banche centrali e dai rialzi a Wall Street, anche i listini europei hanno chiuso in positivo (+0,3% il Ftse-Mib, benché lo spread Bund-BtP abbia superato 200 punti, quasi 20 in più di venerdìsul­le tensioni europee per le misure di sostegno all’economia).

C’è un forte incentivo economico a mettere da parte il greggio in attesa di tempi migliori. IlBrent ormai è in super con tango: un barile per consegna tra 12 mesi vale oltre 13 $ in più rispetto a uno per pronta consegna, uno spread ancora più ampio di quello che nel 2008-2009 aveva incoraggia­to l’ accumulo di scorte ovunque, anche a bordo di petroliere. Accade anche adesso, ma non è una soluzione alla portata di chiunque: i noli marittimi sono alle stelle e alcuni giacimenti sono troppo lontani dal mare (o mancano collegamen­ti coni porti ). Anche chiuderei pozzi, mettendoli insicurezz­a,è costoso( oltre a mettere un’ ipoteca sul futuro ). Mala situazione è così disperata che persino qualche big ha già iniziato a farlo: ade sempioGlen core, che ha rinunciato a estrarre petrolio convenzion­ale in due giacimenti delCh ad.

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Diplomazia. Il presidente Usa Donald Trump ha telefonato al suo omologo russo Vladimir Putin, aprendo a ulteriori colloqui sul petrolio, ma un’intesa – anche se arrivasse – rischia di essere tardiva

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