RITORNANO LE BANDIERE DEI 5 STELLE CHE DIVIDONO
Il contesto economico e sociale fa tornare d’attualità le bandiere dei 5 Stelle. Se prima dell’emergenza coronavirus, veniva messo in discussione il reddito di cittadinanza e già all’Economia si stava cercando un modo per cambiarlo, adesso lo scenario della recessione dà una nuova spinta politica a quella misura che fa un gradino ulteriore e diventa reddito di emergenza esteso e rafforzato come dice la ministra Catalfo o addirittura universale, per tutti, come scriveva ieri Beppe Grillo nel suo blog. Era un po' che taceva ma ieri il fondatore del Movimento è tornato a farsi sentire per riproporre la sua visione delle origini, quella appunto di applicare un sussidio di nascita e per diritto, cambiando paradigma alle ricette economiche che furono usate per affrontare altre crisi come quella del 2008 quando, dice Grillo, «furono salvate solo le banche» e si guardò solo ai mercati, non alle persone.
Prima di parlare delle divisioni che questo crea all’interno della maggioranza, c’è pure un altro cavallo di battaglia dei grillini che torna in primo piano visto il disagio sociale crescente: il taglio degli stipendi ai parlamentari. Lo ha detto per primo ieri Di Maio in un tweet, l’hanno seguito in molti e il capo politico (pro tempore) Crimi ha sollecitato gli uffici di presidenza di Camera e Senato a deliberare un dimezzamento degli assegni augurandosi l’unanimità da parte delle altre forze. Non c’è dubbio che l’emergenza dei contagi e gli effetti della serrata stanno rimettendo in campo quelle bandiere “populiste” su cui è cresciuto il consenso e su cui ora i 5 Stelle pensano di ritrovarlo. Ricette che prima dell’emergenza rischiavano una significativa rimodulazione - insieme a Quota 100 - ma che ora ritornano al centro della scena, favorite dal nuovo contesto di crisi sociale. Il punto sono gli effetti collaterali, cioè le divisioni nella maggioranza. Divisioni legate non solo a una diversa visione del rilancio - o ristoro - economico ma dovute pure ai diversi elettorati di riferimento. Da una parte ci sono i 5 Stelle che guardano alle fasce più deboli e del Sud, dalla parte opposta c’è Renzi che punta su un elettorato moderato, altrettanto sofferente, fatto di esercizi commerciali e imprese. In mezzo c’è il Pd con due filoni di pensiero: il ministro Gualtieri e i tecnici del Mef che frenano e immaginano una misura temporanea, limitata nell’entità dell’assegno e nella platea, dall’altra parte c’è il ministro Provenzano, il primo che ha lanciato l’allarme sulla tenuta sociale.
A quanto pare non c’è solo la chimera del dialogo bipartisan ma nella maggioranza del Conte II ritornano le crepe. C’è da aspettarsi quindi che sul prossimo decreto d’aprile si innescherà un nuovo duello Renzi-Di Maio anche sul calendario della riapertura delle attività con l’ex premier toscano che, sempre mirando a un suo elettorato potenziale, spinge per accelerare i tempi e i 5 Stelle che lo stoppano.
Intanto, la vera scommessa che conta per l’Italia viene lasciata nelle mani del premier e del Pd. Quel tavolo europeo di cui l’Italia non può fare a meno vede esposto in prima linea il partito di Gualtieri e Gentiloni e su quello i Democratici si giocano la permanenza al Governo anche se il Conte II dovesse scivolare.