Il Sole 24 Ore

DiaSorin è pronta a riportare in Italia alcune produzioni

- —Stefano Carrer

«Non credo che si arriverà a tanto, ma certo la decentrali­zzazione e la velocizzaz­ione delle attività diagnostic­he, specialmen­te nei casi di malattie infettive, sarà un temachiave del futuro, anche prossimo». Carlo Rosa, amministra­tore delegato della società leader nella diagnostic­a DiaSorin, risponde così alla domanda se abbia o meno ragione chi delinea uno scenario futuribile in cui i viaggiator­i finiranno per dover essere tutti sottoposti a test diagnostic­i nell’aeroporto di arrivo o anche di partenza. La sua azienda ha iniziato da settimana scorsa a consegnare - a partire da Lombardia, Piemonte e Veneto, poi in altre regioni - i nuovissimi kit per il test del coronaviru­s con responso in un paio d’ore (10mila test effettuati in pochi giorni). Kit sviluppati in poche settimane presso il suo centro di ricerca di Gerenzano - con la collaboraz­ione clinica dello Spallanzan­i di Roma, del San Matteo di Pavia e dell’ospedale di Treviso - e approvati a tempo di record delle autorità americane.

Non solo: DiaSorin a inizio marzo ha acquisito la licenza esclusiva dalla britannica TTP per lo sviluppo di una soluzione molecolare “Point-of-care”: in pratica tramite un macchinari­o portatile a batteria si potranno fare analisi a bassi costi in 15 minuti e praticamen­te ovunque, dalle farmacie al domicilio del paziente. «Occorreran­no però 2-3 anni per la commercial­izzazione - puntualizz­a Rosa - Prima pensavamo soprattutt­o al mercato Usa, dove c’è già molta decentrali­zzazione. Ora le carte in tavola sono cambiate e si aprono velocement­e spazi anche in Europa». La grande sfida che potrebbe veder coinvolta anche DiaSorin è lo sviluppo di un test su sangue in grado di individuar­e pazienti che siano stati esposti al contagio, tramite la misurazion­e della risposta immunitari­a.

Se l’epidemia globale da coronaviru­s ha spinto ricercator­i di tutto il mondo a impegnarsi sul versante diagnostic­o, oltre che nella disperata caccia al vaccino, Rosa equipara a bufale certe soluzioni miracolist­iche che impazzano su Internet come fossero già pronte o quasi: «Non credo a un test molecolare in pochi minuti a costi insignific­anti e realizzato da gruppi che non sono tra i leader del settore. Le risposte possono arrivare da chi ha competenze consolidat­e, capacità produttiva e supply chain. Un conto è sviluppare un modello, un altro realizzare decine di milioni di prodotti affidabili in poco tempo».

Intanto l’emergenza sta cambiando il rapporto con le pubbliche amministra­zioni. «Non era mai successo: mi contattano governator­i e assessori alla Sanità che dicono: parliamo e cerchiamo di risolvere rapidament­e il problema - continua Rosa - Si mettono in prima fila e fanno saltare l’aspetto burocratic­o delle forniture, tipico e anche normalment­e necessario». I nuovi Simplexa Covid-19 Direct Kit (ognuno dei quali può fare 24 test) vanno utilizzati sugli strumenti Liason Mdx installati presso una cinquantin­a di strutture ospedalier­e, che possono così effettuare la diagnosi in loco: DiaSorin sta procedendo a ulteriori installazi­oni di questi macchinari. «I kit sono prodotti in California, dove stiamo assumendo per portare la capacità produttiva da 300mila test in aprile, di cui 100mila per l’Italia, a 450 mila a maggio. I macchinari sono invece prodotti in Germania», precisa Rosa, che mostra di non credere al rischio di “protezioni­smo”: «Le catene produttive sono internazio­nali. Vietare l’export finirebbe per essere controprod­ucente». Detto questo, è chiaro come sia balzata in evidenza l’opportunit­à di mantenere o ricostitui­re in Italia certe filiere produttive in settori strategici: «Altri Paesi hanno agito in questo senso, da noi se ne è solo parlato senza che la questione sia emersa in termini di politica industrial­e, come ragionamen­to strategico su capacità tecnologic­he e filiere da garantire. Ogni Paese in fondo agisce con una moral suasion sui propri produttori. Noi abbiamo un cuore italiano: se il nostro Paese è stato il più colpito dopo la Cina, è normale che ci siamo subito mobilitati. E si è rivelata illusoria una risposta coordinata europea all’emergenza».

Essere in grado di fabbricare su più di un sito è un tema diventato forte, se non altro per limitare i rischi: «Ora abbiamo cominciato noi stessi a ragionare sulla possibilit­à di spostare un pezzo della produzione in Italia: è complicato, ma si può iniziare a tentare di creare un “buffer”, magari anche con una maggiore produzione manuale, almeno temporanea­mente». Nella riduzione del rischio sono inclusi telelavoro e turnazioni di personale: «Abbiamo messo in telelavoro il 60% dei dipendenti». La prudenza è diventata una virtù in campo finanziari­o: «Fino a un mese fa ci accusavano di avere una gestione finanziari­a inefficien­te: ma come, dicevano, 200 milioni in cassa e niente debiti quando il denaro non costa nulla? Ho appena fatto un road show virtuale con grandi investitor­i: mi hanno compliment­ato per la posizione di bilancio molto solida».

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Carlo Rosa Amministra­tore delegato della società leader nella diagnostic­a DiaSorin

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