La riduzione del 20% dell’orario di lavoro congela il mutuo
Il ministero dell’Economia attiva le nuove regole per la sospensione dei mutui prima casa. Allargando, con un decreto (25 marzo 2020) appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, il raggio d’azione del Fondo Gasparrini, dedicato proprio a sospendere le rate dei finanziamenti nelle situazioni di difficoltà. Diventano, così, operative alcune novità, come la possibilità di chiedere il congelamento in caso di riduzione (almeno il 20%) o sospensione dell’orario di lavoro. O come l’allargamento per nove mesi a professionisti e autonomi. Anche se restano vive alcune limitazioni.
Il provvedimento nasce da due interventi, inseriti nei decreti legge 9 e 18 del 2020. Restano, così, fermi tutti i vecchi casi di accesso al fondo per la sospensione delle rate (come il riconoscimento di un handicap grave), ma se ne aggiungono altri. C’è, anzitutto, la sospensione dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per almeno trenta giorni consecutivi: questa riduzione - specifica il Mef - deve essere almeno pari al 20% dell’orario di lavoro.
A ogni periodo di sospensione corrisponde un periodo di congelamento. Sei mesi di stop per sospensioni o riduzioni tra 30 e 150 giorni. Dodici mesi di stop tra 151 e 302 giorni. Diciotto mesi di stop quando si superano i 303 giorni. Alla domanda andrà allegato il provvedimento che autorizza un trattamento di sostegno al reddito o una dichiarazione del datore di lavoro che attesti la sospensione o la riduzione dell’orario. La sospensione del pagamento delle rate – va sottolineato - non comporta l’applicazione di nessuna commissione o spesa di istruttoria e deve avvenire senza la richiesta di garanzie extra.
Quanto agli autonomi e ai professionisti, per loro ci sarà un regime speciale fino al 17 dicembre. Per accedere al congelamento bisognerà presentare un’autocertificazione che attesti di avere registrato, nel trimestre successivo al 21 febbraio o nel periodo tra il 21 febbraio e la domanda (se minore di un trimestre), un calo del proprio fatturato medio giornaliero superiore al 33% rispetto al fatturato medio giornaliero dell’ultimo trimestre 2019.
Oltre a i paletti indicati dall’ultimo decreto, ci sono però altri limiti di accesso al Fondo che il modello di autocertificazione appena aggiornato dal Mef riepiloga. L’abitazione dovrà essere una prima casa che non rientri in una delle categorie catastali considerate di lusso (A/1, A/8, A/9). L’ammortamento dovrà essere avviato da almeno un anno, l’importo del contratto non dovrà superare i 250mila euro e, soprattutto, non bisognerà fruire di altre agevolazioni pubbliche: tra queste viene espressamente citato il fondo di garanzia per la prima casa. Anche se su alcuni di questi limiti (fondo di garanzia e tetto da 250mila euro) potrebbero intervenire le correzioni della legge di conversione del decreto legge Cura Italia.
Ultimo punto. Il Fondo paga alle banche, al posto dei mutuatari, il 50% della quota dei mancati interessi maturati sulle rate non versate. Il restante 50% resta a carico del titolare del finanziamento. Inoltre, la quota capitale residua si sposta semplicemente in avanti. Andrà valutata la convenienza concreta di questo meccanismo.
Operativo il decreto che consente di presentare le domande: verso nuove correzioni nel Cura Italia