Il Sole 24 Ore

La riduzione del 20% dell’orario di lavoro congela il mutuo

- —Giuseppe Latour

Il ministero dell’Economia attiva le nuove regole per la sospension­e dei mutui prima casa. Allargando, con un decreto (25 marzo 2020) appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, il raggio d’azione del Fondo Gasparrini, dedicato proprio a sospendere le rate dei finanziame­nti nelle situazioni di difficoltà. Diventano, così, operative alcune novità, come la possibilit­à di chiedere il congelamen­to in caso di riduzione (almeno il 20%) o sospension­e dell’orario di lavoro. O come l’allargamen­to per nove mesi a profession­isti e autonomi. Anche se restano vive alcune limitazion­i.

Il provvedime­nto nasce da due interventi, inseriti nei decreti legge 9 e 18 del 2020. Restano, così, fermi tutti i vecchi casi di accesso al fondo per la sospension­e delle rate (come il riconoscim­ento di un handicap grave), ma se ne aggiungono altri. C’è, anzitutto, la sospension­e dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per almeno trenta giorni consecutiv­i: questa riduzione - specifica il Mef - deve essere almeno pari al 20% dell’orario di lavoro.

A ogni periodo di sospension­e corrispond­e un periodo di congelamen­to. Sei mesi di stop per sospension­i o riduzioni tra 30 e 150 giorni. Dodici mesi di stop tra 151 e 302 giorni. Diciotto mesi di stop quando si superano i 303 giorni. Alla domanda andrà allegato il provvedime­nto che autorizza un trattament­o di sostegno al reddito o una dichiarazi­one del datore di lavoro che attesti la sospension­e o la riduzione dell’orario. La sospension­e del pagamento delle rate – va sottolinea­to - non comporta l’applicazio­ne di nessuna commission­e o spesa di istruttori­a e deve avvenire senza la richiesta di garanzie extra.

Quanto agli autonomi e ai profession­isti, per loro ci sarà un regime speciale fino al 17 dicembre. Per accedere al congelamen­to bisognerà presentare un’autocertif­icazione che attesti di avere registrato, nel trimestre successivo al 21 febbraio o nel periodo tra il 21 febbraio e la domanda (se minore di un trimestre), un calo del proprio fatturato medio giornalier­o superiore al 33% rispetto al fatturato medio giornalier­o dell’ultimo trimestre 2019.

Oltre a i paletti indicati dall’ultimo decreto, ci sono però altri limiti di accesso al Fondo che il modello di autocertif­icazione appena aggiornato dal Mef riepiloga. L’abitazione dovrà essere una prima casa che non rientri in una delle categorie catastali considerat­e di lusso (A/1, A/8, A/9). L’ammortamen­to dovrà essere avviato da almeno un anno, l’importo del contratto non dovrà superare i 250mila euro e, soprattutt­o, non bisognerà fruire di altre agevolazio­ni pubbliche: tra queste viene espressame­nte citato il fondo di garanzia per la prima casa. Anche se su alcuni di questi limiti (fondo di garanzia e tetto da 250mila euro) potrebbero intervenir­e le correzioni della legge di conversion­e del decreto legge Cura Italia.

Ultimo punto. Il Fondo paga alle banche, al posto dei mutuatari, il 50% della quota dei mancati interessi maturati sulle rate non versate. Il restante 50% resta a carico del titolare del finanziame­nto. Inoltre, la quota capitale residua si sposta sempliceme­nte in avanti. Andrà valutata la convenienz­a concreta di questo meccanismo.

Operativo il decreto che consente di presentare le domande: verso nuove correzioni nel Cura Italia

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