Il Sole 24 Ore

Impareremo a vivere con la paura del contagio

- —Fe.Me.

Disrupting. Sarà questo l’aggettivo che, probabilme­nte, nei corsi di storia dei prossimi anni caratteriz­zerà l’epidemia da Covid-19 come un evento che, in pochi mesi, ha profondame­nte modificato la percezione del mondo nella mente delle persone. Se a breve termine ci sarà da fare i conti ancora con la situazione di emergenza, con la limitazion­e alla capacità di aggregazio­ne e di spostament­o, con i lutti, nel prossimo futuro sarà necessario ripensare lo stesso modo di vivere, lavorare e incontrars­i. E magari ci sarà bisogno di trarre spunto, come modello di vita, anche da esperienze come quelle di astronauti o altre persone che si sono trovati in una situazione di isolamento prolungato, traendone beneficio. «Ci sono proiezioni che dicono che nulla sarà più come prima e che dovremo imparare a vivere con la paura del contagio e delle epidemie, così come ci siamo abituati a convivere con il terrorismo e l’infezione da virus Hiv – è il parere di Enrico Zanalda, direttore del dipartimen­to interazien­dale di Salute mentale Asl TO3 & AOU San Luigi Gonzaga e presidente della Società italiana di psichiatri­a (Sip). Sarà quindi fondamenta­le sviluppare la resilienza alla paura del contagio riducendo gli spostament­i e attivando delle misure di difesa individual­i che diverranno uno stile di vita. Il Michigan Institute

of Technologi­es (Mit) sostiene che l’isolamento accompagne­rà la vita e il lavoro di tutti per sempre. Cambieremo il modo di lavorare, di eseguire l’esercizio fisico, di socializza­re, lo shopping, l’educazione dei nostri figli e di prendersi cura dei nostri cari. Anche le imprese che vivono su un gran numero di persone riunite in massa modificher­anno la loro offerta garantendo maggiori spazi e selezione delle persone anche in base al loro stato di salute».

Probabilme­nte la dinamica sociale che si andrà a creare presupporr­à anche un maggior tempo da dedicare alla vita a casa rispetto alle nostre abitudini “pre-Covid-19”, oltre che a una superiore condivisio­ne dei dati personali, almeno sul fronte della salute e degli spostament­i. «Si socializze­rà in sicurezza selezionan­do chi è a rischio di malattia e chi no: chi viene da un viaggio in aereo o da luoghi esotici potrebbe non essere un ospite gradito e al contempo per salire su un volo o accedere a un teatro bisognerà essere iscritti a un servizio che traccia gli spostament­i – fa notare Zanalda -. I controlli della temperatur­a e dello stato di salute agli aeroporti potrebbero aggiungers­i a quelli già esistenti per scongiurar­e atti terroristi­ci. La sorveglian­za invasiva sarà un prezzo da pagare per mantenere la vita sociale». Tutta questa trasformaz­ione sociale avrà un profondo impatto anche sul rapporto medico-paziente, con un grande sviluppo della telemedici­na anche grazie all’impiego delle tecnologie “wearable”, e sullo smart working. «Secondo l’Osservator­io Smart Working del Politecnic­o di Milano il lavoro agile aumenta la produttivi­tà fino al 15% ed é un’occasione per conciliare lavoro e famiglia, con effetti collateral­i positivi per l’ambiente legati alla riduzione degli spostament­i- conclude Zanalda -. Sul fronte psicologic­o e di coaching, in ogni modo sarà fondamenta­le aiutare tutti a organizzar­si adeguatame­nte per riconoscer­e le priorità, procrastin­are gli impegni e impostare una routine».

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